Il 17 aprile è andato in scena lo spettacolo NOW! di Michele Sinisi, suscitando opinioni contrastanti. All’interno di Spin-OFF, il performer ha ha osservato da una prospettiva inedita, e a tratti irrisoria, alcuni elementi di un classico shakespeariano, Riccardo III.
Articolo di Gianmarco Castaldi
Che cos’è un classico? Secondo Umberto Eco, «un classico è un libro che tutti odiano perché si è stati costretti a studiarlo a scuola»; nella definizione dell’accademico si cela il rifiuto categorico degli studenti di approcciarsi ai classici della letteratura. Trasportando il discorso intrapreso da Eco all’interno degli ambienti teatrali, la domanda che sorge spontanea è: come rappresentare i classici del teatro? Non esistono specifiche ricette né tantomeno precisi protocolli da seguire; da Carmelo Benea Peter Brook, le modalità con cui un testo classico si è presentato al pubblico sono le più disparate.
La sera dello scorso 17 aprile, nello spazio di Spin-OFF a Roma, Michele Sinisi mette in scena una lettura personale di un classico del teatro shakespeariano: Riccardo III. Lo spettacolo, dal titolo NOW!, rielabora la costruzione drammaturgica sia del testo che del personaggio. Rubando pochi elementi del duca di Gloucester – la camminata claudicante e la celebre gobba – e del suo dramma, l’attore e regista Sinisi forma, seguendo un ritmo ossessivo, una concatenazione di eventi che richiamano minimamente re Riccardo. L’identità originale e frammentata dello spettacolo prende il via attraverso le continue ripetizioni del monologo di apertura del testo shakespeariano. Nel gioco incessante, contemporaneamente comico e violento, con un grezzo tavolo di ferro presente sulla scena, il performer coinvolge la sensibilità della sala: la cattedra, quasi come un secondo attore, collabora alla creazione di un’atmosfera simbolista dove regnano continui rimandi a dinamiche sociali contemporanee. Dalle morti infantili, alla violenza sulle donne, i quadri proposti da Sinisi, servendosi dei crimini commessi da Riccardo III nei confronti dei nipoti e di Lady Anne, scuotono le coscienze della platea, un attacco ribelle e accusatorio in cerca dei plausibili responsabili. Alcuni non resistono e lasciano il teatro. La sfrontatezza e la provocazione del regista risultano molto chiare da comprendere: lo spettatore ingenuo, che, lasciandosi ingannare, si reca a teatro convinto di trovarsi dinanzi a una, seppur non del tutto fedele all’originale, messa in scena del classico Shakespeariano, deve rimpastare e rimodellare le sue aspettative in quanto pubblico. Michele Sinisi è il dispensatore di contentini per la platea ingannata; lo storpio protagonista e la ripetizione continua del monologo di apertura sono una sorta di premio di consolazione per un pubblico che si aspetta un rimando al testo più fedele e istituzionale.
L’abnegazione spudorata della struttura dell’opera da parte del performer, e lo stile eccentrico della regia, estremizza ed esaspera la sopportazione di un pubblico anagraficamente variegato. Lo sforzo tormentato di rendere il teatro un’arte universale e accessibile non si palesa nell’idea mostrata da Sinisi. I pochi e lievemente segnalati elementi di re Riccardo rapiscono l’onnipresente pubblico colto ed erudito dei teatri; gli altri, colpevoli di non aver approfondito un classico, brancolano nel buio.