Il domani è cancellato è la performance dal vivo del collettivo artistico (LA)HORDE, di Marine Brutti, Jonathan Debrouwer e Arthur Harel (responsabili della direzione del Centre Chorégraphique National-Ballet National di Marsiglia), in scena il 7 e l’8 giugno 2019 al Chiostro del Bramante. Lo spettacolo è parte della rassegna La Francia in scena, organizzata dall’Institut français Italia.
Articolo di Margherita Dellantonio e Alessia Pivotto
Tramite l’unione delle diverse forme artistiche con cui il collettivo si confronta, i giovanissimi Brutti, Debrower e Harel, fondatori del collettivo (LA)HORDE, tentano di mettere in atto una riflessione sul presente e sul ruolo possibile, sociale e politico, che in particolare la gioventù odierna può ricoprire. Riflessione che si inserisce perfettamente nell’idea base di tutta la rassegna La Francia in Scena 2019, che intende presentare giovani artisti francesi alle prese con un mondo in trasformazione. Essi, citando l’Institut Français, «reinterpretano il nostro patrimonio culturale senza tabù, scardinando gli spazi o appropriandosi degli stessi e coinvolgendo la società civile con i mezzi del futuro». Scardinare gli spazi, negando la separazione del luogo deputato alla rappresentazione scenica da quello reale della platea; coinvolgere la società civile di spettatori, nel rifiuto di una netta divisione tra attore e pubblico, uniti nel comune intento di agire.
È il pubblico a definire il perimetro della scena, libero di muoversi nel portico a quattro archi e di passeggiare tra le colonne corinzie del loggiato; le distanze tra i corpi aumentano e diminuiscono continuamente, creando spazi vuoti. In questo spazio creato dal pubblico, si posizioneranno quattro ballerini, riconoscibili a un secondo sguardo per gli accesi colori delle giacche in nylon. L’azione performativa prende forma differenziandosi gradualmente dalle azioni quotidiane della comunità che vi assiste, questa differenziazione avviene attraverso il ritmo. Il passaggio dall’immobilità della posa alla sequenza coreografica è mediato dalla ripetizione di pattern di movimento sempre più complessi. Ogni ripetizione è scandita dal battito regolare e/o irregolare dell’hardstyle, genere musicale di base techno, che accompagna le performance jump. Lo stile jump alterna assoli, pas de deux e performance di gruppo, sfrutta la resistenza e la velocità di movimento delle gambe per rendere espressivo e comunicativo il corpo del danzatore in una dinamica ininterrotta di aumento e rilassamento di tensione muscolare necessaria al compimento del salto. Interessante è la capacità di gestire l’equilibrio, mantenendo in asse il baricentro corporeo, nonostante la necessità di spostare il peso da un punto all’altro dello spazio scenico al tempo musicale di 150/170 battiti per minuto. Viktor Pershko, Thomas Hongre, Kevin Martinelli, Edgar Scassa e il Dj Pierre Rousseau sono i protagonisti della scena. Inscindibile è quindi il legame del jumpstyle con il genere techno-melodico che negli anni 2000 invade i club musicali di Olanda e Belgio. In un provocatorio e alternativo incontro, danza e musica si fondono in un’unica direzione, non più l’una il supporto dell’altra ma elementi integrati e costitutivi di un nuovo stile.
Sullo sfondo della coreografia, un grande schermo riproduce a ripetizione due cortometraggi realizzati dallo stesso collettivo. Si tratta di The Master’s Tools (2017) e del più recente Cultes (2019). Il primo si collega direttamente alla performance cui si sta assistendo: alcuni ballerini danzano jumpstyle, mentre altri si muovono in cerchio, scrivendo e cancellando la scritta «Demain est annulé», «Domani è cancellato», esattamente come fanno al centro del Chiostro. Nel video scorrono però anche immagini di proteste e colpiscono altri performer che, al centro dell’azione, baciano una limousine vandalizzata. Un chiaro riferimento al consumismo e alle possibilità di ribellione al regime capitalista. Cultes, invece, è il termine francese per «iconico», ma anche per «culto religioso». Il video si ispira alla cultura dei festival. Si susseguono sullo schermo riprese di folle festanti alternate a immagini rituali. Alla sua origine, nel 1969 a Woodstock, il festival nasce come aggregazione spontanea di giovani, che ben presto si trasforma in prodotto commerciale, uno degli ultimi approdi dell’industria musicale e del consumo passivo di massa. (LA)HORDE si chiede se sia ancora possibile vivere un’esperienza spirituale in questi nuovi santuari consumistici, se ci sia ancora l’occasione per i singoli individui di creare la propria personale esperienza sovversiva.
Il collettivo unisce la pratica della performance dal vivo alla video installazione, un gesto certo non rivoluzionario, ma che può essere ancora interessante. In questo caso, però, i due elementi, per quanto a tratti si specchino l’uno nell’altro, restituiscono un dialogo piuttosto superficiale. E anche la riflessione sul tempo presente, perpetuata attraverso l’uso della ripetizione (tanto dei video come dei gesti dei ballerini) non suscita alcun cortocircuito. Al termine della performance, uscendo dallo splendido colonnato progettato dal Bramante a inizio Cinquecento, passando tra spettatori elegantemente vestiti che reggono bicchieri di vino rosé, mentre nell’aria aleggia ancora l’odore di pomme frites, è inevitabile domandarsi quanto provocatoria ed efficace possa risultare un’azione performativa dal titolo Domani è cancellato in un luogo come questo. Il futuro, soprattutto quello giovanile, è precario e incerto, ed è encomiabile la ricerca del collettivo francese di nuove forme d’arte, di sovversione, di spiritualità. Tuttavia, in un caldo venerdì sera nel pieno centro di Roma, il futuro stava bene e il domani sembrava non avere alcun problema.