di Margherita Dellantonio e Valeria Vannucci
L’incontro fra discipline artistiche e l’attraversamento dei linguaggi, ormai nota cifra stilistica della manifestazione e della compagnia Margine Operativo, ha chiuso l’ultimo venerdì di Attraversamenti Multipli nel segno della decostruzione. Ironia e rigore sono gli strumenti essenziali per destrutturare le operazioni artistiche, per creare nuovi #mondi fra il dentro e fuori scena.
Foto di Umberto Tati
Il 27 settembre ricerca coreografica e drammaturgia verbale forniscono allo spettatore un manuale d’istruzioni che, contrariamente all’abitudine, permette di smontare le pratiche performative per riflettere sulla loro stessa essenza e natura, partendo dal ruolo di ogni giocatore in campo: performer, pubblico e spazio circostante. Metafora sportiva calzante soprattutto per la prima proposta della serata, con How to destroy your dance del CollettivO CineticO, capitanato da Francesca Pennini. A metà fra spettacolo e gioco, in questo caso con un vero manuale fornito al pubblico per la fruizione, il gruppo di wrestler/performer si interroga sul rapporto fra tempo, corpo e movimento, sia sfidando se stessi che entrando in competizione col resto della squadra. Ripensando il rapporto con lo spettatore, il CollettivO CineticO dà modo al pubblico di seguire tutte le parti del processo di azione e creazione coreografica, dall’inizio del training fino alla punizione finale (come ogni gioco, alla fine c’è chi vince e chi perde). In occasione di questa performance, infatti, non sono i danzatori a entrare in scena per esibirsi di fronte a un pubblico in attesa. Al contrario, il nucleo di spettatori si forma di conseguenza all’apertura del riscaldamento e dei riti di preparazione, come se fosse un’intrusione nel tempo delle prove. Lontano da ogni artificio, scopo della performance è boicottare «ogni decoro coreografico tra accelerazioni impossibili e slow motion estremi», in cui il rapporto col tempo gioca un ruolo fondamentale. Eliminare l’artificio e includere lo spettatore nel percorso coreografico o nella distruzione dello stesso, anche attraverso la distribuzione di questo dettagliato libretto d’istruzioni, non va a lenire la forza delle azioni compiute in piazza. Riflette invece in maniera dirompente l’intento poetico su cui si basa la ricerca del CollettivO: «la discussione della natura dell’evento performativo e del rapporto con lo spettatore tramite formati e dispositivi al contempo ludici e rigorosi». Dopo le fasi di riscaldamento (oltre il training, preparazione e costumi, riti apotropaici e meditazione) questo non-spettacolo ha inizio con una serie di test che mettono alla prova le capacità dei danzatori, ognuno dei quali viene presentato col proprio ironico nome di battaglia e i suoi segni particolari. Fra loro, per citarne qualcuno, Francesca Pennini è La carne, colei che «ha sempre ragione. Lei ti dirà cosa fare e come farlo. Lei è il capo»; ci sono poi Gattini, alias Fabio Novembrini, «straordinaria capacità di controllo. Movimento nitido. Un animo sadico sotto ad un sorriso innocente», Banana Gay Lover, alias Orlando Izzo, «collezionista youtube. Extraflessibile. Non sa leggere le labbra… sa leggere la mente». Per un totale di quattordici performer (vale la pena citarli tutti: Simone Arganini, Niccolò Catani, Margherita Elliot, Carolina Fanti, Teodora Grano, Carmine Parise, Angelo Pedroni, Ilaria Quaglia, Giulio Santolini, Stefano Sardi, Giulia Sposito) che si uniscono, si separano, sfidano loro stessi e fanno a gara seguendo costantemente le indicazioni di una voce computerizzata (come un narratore onnisciente che scandisce il ritmo drammaturgico della performance). Chapter 1: How to be ready; Chapter 2: Something about speed; Chapter 3: How to be exacltly on time. Chapter 4: How to destroy your dance. Chapter 5: How to exaggerate better. Final sacrifice. Il tutto condito di un’ironia che, coniugata al profondo rigore tecnico-espressivo dei partecipanti, ricorda in parte l’atmosfera di Ballet 101 firmato da Eric Gauthier nel 2006.
Foto di Umberto Tati
È Peter Brook che disse: «Non prenderti troppo sul serio, tieniti forte e lasciati andare con dolcezza», un modo per farlo è interrogare la propria natura e il proprio linguaggio, con i limiti e le aperture possibili, riuscendo a riattivare i sensi delle carte in gioco. Lezione dell’artista britannico ben appresa dal drammaturgo, autore e attore Andrea Cosentino che, su questa riflessione, porta alla seconda parte della serata con i suoi Primi passi sulla luna (di cui abbiamo scritto anche qui). Un’altra sorta di non-spettacolo che sradica pezzo per pezzo gli assetti della propria drammaturgia, che alimenta la fantasia dello spettatore smontando ogni artificio e che attraversa, senza puntargli direttamente il dito contro, tendenze e riflessioni dello spettacolo dal vivo. Da dieci anni, per una precisa volontà di non congelarlo nella scrittura, Andrea Cosentino adatta agli spazi che lo accolgono il suo “spettacolo postumo” – per l’occasione il GarageZero alle spalle di Largo Spartaco – di cui, più che il livello formale, sono ritmo ed energia che possono variare ogni volta, stimolandone o meno la forza. Si potrebbe affermare che parla del primo sbarco sulla luna o di un episodio di vita personale. Ma non racconta questo, né di licantropi, tapiri, monoliti o sosia viterbesi di qualche astronauta. Oltre a spogliare lo spettacolo davanti agli occhi dello spettatore, l’autore crea un’opera sulle prime volte, che hanno tutte la stessa caratteristica: non avere nessun appiglio per sapere dove poggiare quei primi passi, né dove potrebbero portare, nessuna esperienza da paragonare o regola che, se viene, arriva solo con le volte successive. Quei primi passi, che siano sul suolo lunare o terrestre, interrogano il pubblico sul rapporto tra verità e rappresentazione e su ciò che, alla fine, interessa vedere, credere o sapere.
Se nello spettacolo precedente Collettivo Cinetico ha mostrato come distruggere la propria danza, Andrea Cosentinodecostruisce la propria drammaturgia, smascherando costantemente ogni artificio scenico.
Contemporaneamente ai due spettacoli, Ob-Viàm – Itinerari possibili per incontri ovvi. Installazione fotografica e opera partecipata, ideata da Carolina Farina, che, indagando sulle potenzialità del concetto di margine, vuole creare delle connessioni tra le soggettività che abitano il Quadraro.
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How to destroy your dance
Concept, Regia, Coreografia: Francesca Pennini
Drammaturgia, Tecnica: Angelo Pedroni
Musica: Wolfgang Amadeus Mozart reloaded
Elaborazione sonora e ricomposizioni musicali: Simone Arganini
Azione e creazione: interpreti a rotazione tra Simone Arganini, Niccolò Catani, Margherita Elliot, Carolina Fanti, Teodora Grano, Orlando Izzo, Fabio Novembrini, Carmine Parise, Angelo Pedroni, Francesca Pennini, Ilaria Quaglia, Giulio Santolini, Stefano Sardi, Giulia Sposito
Organizzazione: Carmine Parise
Con il supporto di: Inteatro Festival / MARCHE TEATRO
Residenze artistiche: Teatro Comunale di Ferrara, Inteatro Festival / MARCHE TEATRO
Si ringrazia: La Biennale di Venezia
Primi passi sulla luna
di e con: Andrea Cosentino
indicazioni di regia: Andrea Virgilio Franceschi
collaborazione artistica: Valentina Giachetti
produzione: Aldes / Akròama (2018), Pierfrancesco Pisani (2010) con la collaborazione di Kilowatt Festival, Litta_Produzioni, Teatro Forsennato
con il sostegno di: MIBAC – MINISTERO per i Beni e le Attività Culturali / Direzione Generale per lo spettacolo dal vivo, REGIONE TOSCANA / Sistema Regionale dello Spettacolo