Di Caterina Ridi
L’autore, attore, regista, pedagogo Pierre Byland e l’attrice e pedagoga Mareike Schnitker presentano a Spin-Off lo spettacolo Confusion, con la regia del maestro Jacques Lecoq. Dall’apparente grigiore del quotidiano, il duo eclettico stilla l’essenza del grottesco e dell’assurdo: da questi due principi si genera il riso che trasforma il grigio in poesia.
Una pallina da tennis rotola sulla scena e sparisce dietro le quinte. Qualcuno bussa da qualche angolo della stanza. Un masso enorme viene gettato nel centro del palco. Un naso rosso, o, per meglio dire, il naso rosso, appare di fronte al pubblico. Ed ecco che compaiono i due attori: Byland e Schnitker. Non indossano costumi né maschere, non sono truccati. Sembrano spaesati, osservano l’ambiente attorno fin quando i loro sguardi si incontrano. Simultaneamente, da due pistole, fanno esplodere dei coriandoli; il pubblico scoppia in una fragorosa risata, a cui si uniscono anche i due attori. Così inizia Confusion: in uno strano caos che, tuttavia, ha una logica rigorosa.
«Byland fu all’apogeo delle nostre ricerche sul Clown […]. Lui portò il piccolo naso rosso nel teatro di oggi e lo rese popolare con i suoi spettacoli». Così Lecoq parla del suo allievo e ne testimonia la rilevanza assunta all’interno del panorama della clownerie e del teatro moderno. Byland ha inventato la maschera più piccola al mondo, il naso rosso, e l’ha resa tratto inconfondibile della figura del clown. Una figura strana, che lo stesso attore definisce «un uomo che è pretesto per parlare di qualcos’altro». In un’intervista curata da Luigi Bolognini per «La Repubblica», Byland descrive il clown come «un’eccezione alla serietà, quasi uno sfogo da un certo modo di pensare e vivere». Ed è proprio questo che ci presenta in Confusion, assieme alla Schnitker, sua partner da 40 anni e cofondatrice della loro storica compagnia Les Fusains. Piccole storie quotidiane, micro-azioni tripartite chiaramente in inizio-svolgimento-fine che vanno alla ricerca dell’assurdo e del ridicolo nell’usuale, a volte esagerando ed esasperando gesti ordinari, a volte presentandoli così per come vengono compiuti da tutti noi. «Le storie molto divertenti ci piacciono molto, perché scivolano velocemente verso la poesia», afferma Byland.
«Tutto si muove, noi parliamo e noi ci muoviamo»: è questa la frase che apre lo spettacolo e, in maniera esatta e completa, lo riassume. Difatti, quella che i due performers portano avanti è una ricerca, un’analisi del movimento e del comportamento quotidiano dell’uomo in contesti spaziali e situazioni diversi: un gesto accompagnato da una parola pronunciata con diversi toni vocali, la stessa parola formulata senza gesto, lo stesso gesto senza la sua parola. Scomponendo ogni movimento in piccole sotto-partiture, Byland e Schnitker creano un’epitesi vorticosa di gag. Partendo sempre dallo stesso centro, moltiplicano a dismisura le possibili storie che da esso possono generarsi. È il caso dello sketch costruito attorno alla parola bonjour: quante declinazioni si possono dare a questo saluto? In quanti modi lo si può pronunciare? E caricandolo di quali sotto-testi? Se rivolgo un buongiorno al mio superiore, come reagisce il mio corpo? Sarà teso? Se lo rivolgo a una persona che non vedo da tanto tempo? O a qualcuno che è fisicamente distante da me, ad esempio dall’altro lato della strada? Una sola parola porta con sé le chiavi per aprire mille mondi diversi, così come un solo gesto prodotto distrattamente dal nostro corpo, svela parte di ciò che siamo e di ciò che pensiamo.
L’analisi antropologica di Byland verte anche sulla postura del nostro corpo, rivelatrice dei vizi professionali, e sull’immobilità di questo nello spazio, che ci indica, invece, in che tipo di relazione siamo con gli individui che lo abitano. Si fanno apertamente parodie su diverse etnie e tradizioni, sulla donna innamorata che indossa tacchi alti e gonna e sull’uomo dell’esercito che pensa più con i muscoli che con il cervello. Byland ci offre la splendida opportunità di mettere da parte gli slogan ampiamente e stancamente ripetuti sui nostri media e social media circa il “politically incorrect”, osservarci da fuori e genuinamente ridere di quello che siamo. Emerge il senso forte di una risata davvero universale, in grado di creare una sana rottura con gli stilemi tipici del politicamente corretto che, spesse volte, creano uno stucchevole strato di perbenismo. Attraverso le tecniche rigorose dell’arte del clown, l’artista svizzero costruisce un mondo carnevalesco dove è possibile recuperare il significato etimologico dell’essere un uomo stupido: qualcuno ancora capace di lasciarsi stupire, forse intontire, dalla meravigliosa semplicità dell’evento quotidiano e banale.
Foto di Antonio Palmieri
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CONFUSION
di Jacques Lecoq e Pierre Byland
con Mareike Schnitker e Pierre Byland
maschere di Willy Seefeldt
produzione Compagnie Les Fusains
Foto di Antonio Palmieri