Fronte del porto: Alessandro Gassmann tra vite silenziose e caporalato

Una comunione di persone che ignora la condizione dei reali artigiani della quotidianità è l’ennesimo tassello di un mosaico che uniforma il più deprecabile futuro. Cassa integrazione, precariato, vite spezzate dal lavoro, l’atroce odissea degli operai resta spesso lontana dai meccanismi della società consumistica, un menefreghismo palpitante e inconsapevole che regola l’umanità sorda e arrogante. Dai pescatori del Lago Vittoria fino ai cavatori cinesi in Piemonte, passando per i minatori nigeriani in Ciad, la cruda manodopera annulla vite e condizioni umane, azzera la parola e genera lavoro incerto. Lo stesso lavoro che garantisce, di solito, al mondo visibile e influente il continuo avanzamento del proprio progresso individualista.

Viva il silenzio quindi, chi tace non libera e non rischia. «Meglio un figlio in casa che un figlio eroe», dice il padre di Giuseppe Caruso, la prima vittima all’interno dello spettacolo Fronte del porto di Alessandro Gassmann – in scena al Teatro Argentina di Roma – che esplica, attraverso la traduzione e l’adattamento di Enrico Ianniello del romanzo di Budd Schulberg, la condizione dei lavoratori portuali della Napoli di quaranta anni fa.

Operai che lavorano in circostanze disumane, costretti al silenzio dalla mano dura della malavita locale, dopo l’omicidio dell’unica voce del porto sprofondano in una legittima paura; la camorra fa male, spara, comanda e gestisce bocche zittite dalla fame e dal caporalato in un ambiente in cui la legalità latita. Il silenzio fa vivere tranquilli, a ricordarlo sulla scena una minaccia costante aleggia sulla testa dei protagonisti dell’opera corale: un gancio, un richiamo esplicito ed evidente a una vita impiccata, legata ai cravattari e all’immoralità lavorativa, un simbolo pronto a rammentare l’offerta irrifiutabile di morte. Il gancio sulla testa degli operai di Gassmann, i mitra nelle miniere d’oro africane e le roventi lamiere dei campi di pomodori del Sud-Italia sono l’invito del potere corrotto ad accettare un’esistenza silenziosa, una vita mediocre ma comunque vissuta.

Chi non accetta è fuori, fuori vita e dal porto sia per fame che per piombo, ma è da fuori che arriva il riscatto dei lavoratori napoletani, da Don Bartolomeo (Emanuele Maria Basso), un prete, inizialmente distante dal mondo operaio, che ritrova la propria funzione. «Santi per strada e non in chiesa». Un clero che scatena e fa ritrovare il coraggio in Francesco Gargiulo (Daniele Russo), fratello di uno dei gestori delle banchine portuali, che, insieme con la sorella di Giuseppe Caruso (Francesca De Nicolais), affronta le regole imposte dalle organizzazioni illegali. L’operaio ribelle ribalta l’equilibrio del porto con l’ausilio dei compagni di lavoro, una specie di scorta della parola offerta affinché l’informazione circoli indisturbata e libera.

Sono gli anni di Raffaele Cutolo, della NCO e del terremoto dell’Irpinia, la Campania deve ripartire dai fondi statali (che puntualmente subiscono interferenze e creativi cambi di direzione) per rinascere e garantire la sicurezza ai cittadini terremotati. Sono anni in cui le regole le stabilisce un mondo parallelo, quello che ad oggi Massimo Carminati chiama il mondo di mezzo, e che ancora obbliga al silenzio e alla parola sotto scorta (ne è un esempio il giornalista Lirio Abbate). E il teatro informa, da sempre, dalla sua nascita e dal suo stato di perenne crisi, lega storie personali e riprende le fasi sociali e politiche per una migliore analisi dei rapporti umani. Alessandro Gassmann, con un autentico e mirabile cast, restituisce, con originalità e cautela, un’opera apparentemente intoccabile, destinata ad appartenere alla pluripremiata trasposizione cinematografica di Elia Kazan con un indimenticabile Marlon Brando. E qui ritorna l’universalità del teatro e dell’arte, che esprime e condanna la condizione riprovevole dei lavoratori sfruttati, un bacino malsano, e di certo malsicuro di voti, che, restando ai margini della classe dirigente, vive sulle tavole di un palcoscenico in una composizione artistica che assolve la sua funzione primordiale.

FRONTE DEL PORTO
di Budd Schulberg
uno spettacolo di Alessandro Gassmann
traduzione e adattamento Enrico Ianniello
con Daniele Russo, Emanuele Maria Basso, Antimo Casertano, Antonio D’Avino, Sergio Del Prete, Francesca De Nicolais, Vincenzo Esposito, Ernesto Lama, Daniele Marino, Biagio Musella, Pierluigi Tortora, Bruno Tràmice

Scene Alessandro Gassmann

Costumi Mariano Tufano

Luci Marco Palmieri

Videografie Marco Schiavoni

Musiche Pivio e Aldo De Scalzi

Sound designer Alessio Foglia

Aiuto regia Emanuele Maria Basso

Produzione Fondazione Teatro Bellini di Napoli – Teatro Bellini

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