Ernesto Orrico: Pitagora pacifista? La disciplina della tolleranza

Sulla Togliatti, proprio dietro Cinecittà, c’è un posto che vuole fare resistenza, in un quartiere non semplice della capitale. E, a entrarci, pare di essere tra conoscenti, le pareti tutte arancioni, le persone chiacchierano e sorseggiano del vino. Quest’isola è l’Accademia Popolare dell’Antimafia e dei Diritti. Si fa teatro, lì dentro, ma non solo. Ci si incontra prima, in questo foyer «pieno di gente che noi chiamiamo amici», dice il direttore artistico Rosario Mastrota.

Siamo stati all’inaugurazione della stagione teatrale, ÀP Teatro, appunto. Si è parlato di pacifismo, durante un aperitivo pre-spettacolo, insieme a Giulio Marcon, ex deputato ed esponente del movimento pacifista. La riflessione sull’attivismo della pace non viene spesso stimolata, per questo l’ascolto è stato attento. Tutto coerente con la missione civile portata avanti dall’Associazione DaSud in collaborazione con la Compagnia Ragli in questo spazio (qui la nostra intervista).

Ernesto Orrico ha messo in scena La fuga di Pitagora lungo il percorso del sole, in anteprima, insieme al musicista Massimo Garritano, un testo di Marcello Walter Bruno. La scena vuota, un uomo incappucciato, simile a un monaco, dice tantissime parole, in controluce, e dei suoni creano un’atmosfera sospesa. Non si sa dove, né quando, e se non fosse per il titolo non si capirebbe subito nemmeno chi. Parla di numeri, di anime, che abbandonano i corpi e poi ritornano, limitate nel numero e infinite nel loro ritorno. Parla di una terra, la Calabria, e di allievi. Man mano che ci si sintonizza queste parole cominciano a essere più chiare. È il maestro, Pitagora, che spiega le ragioni della tolleranza verso ogni essere che abita la terra. Ma anche il migliore dei maestri ha un allievo ribelle, riottoso persino, che si palesa al pubblico con un improvviso cambio di luce e di costume – ora vediamo il volto dell’attore – che si mostra insofferente a tutta l’armonia predicata dal filosofo.

I circa sessanta minuti si articolano in questo agone: la non violenza delle ragioni pitagoriche da un lato, l’ira nazionalista dell’allievo dall’altro. E dentro a questa discussione, che si interrompe e riprende e cambia punti di vista e toni, l’autore proietta piccoli pezzetti di storia dell’oggi, le migrazioni in primis, l’identità di un popolo. «Questa materia antica parla della nostra contemporaneità mediterranea» e lo fa con il linguaggio del filosofo e del matematico. Il personaggio che tutti noi ricordiamo per il teorema del triangolo rettangolo viene raccontato nella sua tolleranza, nel suo essere un pacifista, perché tutto è riconducibile al numero, tutti siamo uno, l’uno genera tutti i numeri, i numeri generano armonia.

LA FUGA DI PITAGORA LUNGO IL PERCORSO DEL SOLE

Voci Ernesto Orrico

Suoni Massimo Garritano

Parole Marcello Walter Bruno

Visioni Raffaele Cimino

Produzione Zahir

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