Alla fine è scoppiato su scala nazionale. Qui, nella capitale, non ci credevamo fino in fondo, certamente era nell’aria ma il pensiero che le misure cautelari arrivassero a bloccare veramente il sistema non era un’incombenza data, forse per vana speranza o per non fare i conti con le ripercussioni che verranno. Ora, è la rete ad essere minata, quella della quotidianità, personale, professionale e sociale che collega tutte le realtà. In questo momento di emergenza, il teatro perde la sua particolare forza identificativa, l’incontro dal vivo, ma questo non può sancirne la morte, la disfatta o il depotenziamento. Bisogna che raccolga le sue energie, tutte quelle degli artisti e delle realtà spettacolari che si trovano costrette in una stasi obbligatoria (come le dilaganti ferie obbligate), che rischia di turbare in maniera decisiva l’intero sistema. Il rischio appartiene a tutte e tutti, non solo agli addetti ma ai cittadini, e allora l’emergenza diventa salvaguardare la cultura di cui siamo collettivamente parte, non perdendo di vista il fondamento di accogliere l’altro, senza il quale l’Io neanche si costituirebbe.
Il teatro è il luogo della vicinanza, anche nella distanza, è un luogo di incontro in cui le persone possono ritrovarsi nel rito, nel loro passato, presente e futuro nascosto. Non necessariamente un edificio materiale e identificabile, ma lo spazio degli sguardi che si incrociano nella democrazia dei corpi, negando i tempi del consumismo, l’individualismo di matrice virtuale e l’allontanamento dell’alterità. Bisogna dunque chiedere aiuto, aspettare che una mano arrivi per non smantellare del tutto un equilibrio già troppo instabile. Gestire al meglio le perdite di questa situazione eccezionale potrebbe voler dire salvare il panorama artistico dei prossimi anni, invece di mettere toppe abbozzate e rimediare all’ultimo minuto. Tutti noi, lo Stato, l’Europa, la comunità nazionale e internazionale, dobbiamo sostenerci, fosse anche a un metro di distanza.
I teatri chiudono perché non possiamo stare vicini, va bene, ma questo non impedisce di escogitare altre vie per compiere il rito tutti insieme.
Senza farsi scoraggiare, nel rispetto degli ultimi provvedimenti, continua Unconventional Date, festival preserale che da gennaio propone teatro e musica ogni venerdì sera al Club 55 al Pigneto. Evitando di chiudersi in una piccola sala affollata questa sera, venerdì 6 marzo, con Come cani senza padroni è la strada a farsi palcoscenico. Tony Allotta (Collettivo Isola Teatro), accompagnerà gli spettatori in una sorta di “via crucis” laica le cui stazioni coincidono con luoghi topici del film Accattone di Pier Paolo Pasolini. Le parole del grande intellettuale, tratte dalle sue Ceneri di Gramsci, si mescoleranno all’ambiente urbano per raccontare con l’arte la città e le sue contraddizioni. Frugando negli angoli e ripercorrendo le strade della visione cinematografica, il teatro si farà così passeggiata, una rievocazione medievale, sacra e laica come avrebbe voluto l’autore.
COME CANI SENZA PADRONE sulle strade di “Accattone”
di e con Tony Allotta del collettivo Isola Teatro
Partenza ore 19.30 Club 55, Via Perugia 14, Roma