«Una corsa contro il tempo», tuona Gianluca Di Feo sull’edizione domenicale (15 marzo 2020) di «la Repubblica», riflettendo sulle condizioni estremamente delicate della sanità nazionale e dell’economia italiana che si preparano alla lotta contro il Covid-19. Il governo potrebbe rispondere agli attacchi del virus con un Decreto Anticrisi che mobiliterebbe 350 miliardi; l’unica misura apparentemente in grado di favorire un netto rilancio del paese fortemente destabilizzato dalla chiusura necessaria per arginare l’epidemia.
Così l’Italia sembra difendersi da un nemico inafferrabile, un male che avanza sul pianeta e che stravolge gli equilibri, obbligando gli stati travolti a ricalcolare obiettivi politici e patti internazionali (fra i tanti vi è la Convenzione di Schengen).
Uno dei settori maggiormente colpito dal blocco causato dal virus è il mondo della cultura, che vedrebbe, all’interno della manovra governativa, un rinvio per le imprese degli obblighi fiscali oltre alla sospensione della riscossione coattiva che prevede lo stop a cartelle e notifiche. Lavoratori con partite IVA, lavoratori autonomi, artisti e tecnici rischiano di rimanere senza reddito in un periodo fortemente caratterizzato dalla precarietà del settore; una fetta di paese spesso trascurata che alimenta il pensiero critico e la formazione di un’intera nazione pur in condizioni non sempre dignitose.
Il teatro è uno degli spazi che da sempre aspira ad accrescere la sua considerazione all’interno delle politiche governative, con risultati non di certo soddisfacenti. Ed è proprio in questo momento di crisi per la nazione intera che torna a farsi sentire, attraverso lettere e proposte inviate al Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, presieduto dall’Onorevole Dario Franceschini.
Ampia riflessione suscita l’appello, pubblicato l’8 marzo su «Gli Stati Generali», indirizzato al Direttore Generale dello Spettacolo dal vivo Onofrio Cutaia, oltre che al Ministro Franceschini, scritto da Andrea Porcheddu, Massimo Marino e Attilio Scarpellini, tre noti giornalisti e critici teatrali che a pieno ritmo studiano le dinamiche e le politiche del settore. «Per non diventare una terra di zombie», titolano gli esperti, che, dopo aver espresso solidarietà a tutti i lavoratori dello spettacolo, analizzano le conseguenze della chiusura dei teatri e dell’intero paese. Pur non mettendo in discussione i provvedimenti adottati dalle autorità, l’appello invita a focalizzare l’attenzione sulla «desertificazione delle città…accentuando la paura e la paranoia sociale, fino a propagare, oltre a quella del Covid-19, una vera e propria “infezione psichica”». Per arginare l’imminente crisi insostenibile, le proposte della sollecitazione riguardano un adeguato sostegno economico al settore, un rinforzamento significativo del FUS e un intervento extra-FUS straordinario, in modo da risollevare, immediatamente, le condizioni dei redditi. Non vengono esclusi i lavoratori con partita IVA e le «scene ibride, ovvero tutte quelle iniziative marginali, a metà fra spettacolo, laboratori, pedagogie, letteratura, saggistica, editoria, ivi compresa quella enorme massa di lavoro intellettuale e creativo svolto in pubblico, da autori e autrici, che sono fra i meno tutelati». Più di mille sono le adesioni che avallano lo scritto, tra intellettuali, studiosi, artisti, appassionati e semplici fruitori che aspirano al miglioramento delle condizioni del teatro durante, ma soprattutto dopo, lo stato d’eccezione causato dal Coronavirus.
Anche l’Agis (Associazione Generale Italiana dello Spettacolo), rappresentante di numerosi organismi sia pubblici che privati, attraverso l’ausilio di una lettera, espone al Ministro Franceschini, al Segretario Generale del MIBACT Salvatore Nastasi e al Direttore Generale dello Spettacolo dal vivo Cutaia le preoccupazioni scaturite dalla situazione creatasi sul suolo italiano dopo la dichiarazione dello stato d’emergenza. Sostegno economico, morale e tangibili prospettive future sono i cardini attorno a cui ruotano le proposte dell’Associazione, che richiede, oltretutto, «l’anticipazione, immediata ed erogata nella maggiore quota possibile, del versamento degli acconti 2020 e dei saldi 2019 per contrastare l’insostenibile sofferenza di cassa venutasi a creare». Seguono le firme di numerose associazioni, fondazioni, enti e federazioni tutte impegnate nella promozione e nel sostentamento dell’arte teatrale nelle varie forme.
Si aspetta il decreto, si spera e si riflette su ciò che sarà; le varie iniziative solidali con i lavoratori del settore palesano la presenza di una grande fetta di partecipanti attivi e di cittadini che vedono nella cultura il terreno fertile da cui poter ripartire. È il momento di alimentare le strutture sanitarie, lo strumento più efficace per ridimensionare il contagio e sconfiggere il Covid-19; ma un ritorno alla normale dimensione priva di un settore culturale rafforzato, che ne potrebbe uscire devastato dalla crisi, rappresenterebbe un ulteriore passo verso il baratro per una struttura che già brancola nel buio. L’Italia ha bisogno di arte e di cultura, in quanto parti essenziali della sua stessa anima, di un futuro dove la disparità sociale viene contrastata da una sentita cooperazione ricca di sfaccettature e dove il mondo possa godere dell’estrema bellezza e unicità del territorio.