Quella di San Giovanni a Roma è una piazza che molte volte è stata gremita di gente. Nota ai più soprattutto per le manifestazioni del Primo Maggio, scelta per il raduno romano delle Sardine, ma, durante l’ultima campagna elettorale, anche dalla Lega di Salvini, è emblema, in ogni caso, di collettività. Le disposizioni di sicurezza per l’emergenza Covid-19 hanno interdetto ogni forma di assembramento, mai questa parola è stata così usata prima di questi mesi, ma durante il lockdown si sono coltivate importanti rivendicazioni che adesso, con le dovute cautele, tornano per strada.
Il 18 maggio, primo giorno di maggiore allentamento delle misure restrittive – misure che, vogliamo ricordare, sono costate 400 euro a testa a 15 fra i ristoratori che con ordine e sicurezza hanno manifestato a Milano il 5 maggio – si sono dati appuntamento a piazza San Giovanni circa 60 artisti muniti di mascherine, brandendo gli strumenti del loro mestiere.
Il flashmob Prima Messa (in scena), organizzato dal collettivo Spin Off, nasceva come evento aperto a tutti, come risposta provocatoria alla riapertura delle chiese ma, proprio nel rispetto della salute pubblica, gli organizzatori hanno optato per una rappresentanza simbolica di poche decine, portavoce di una categoria che fa i conti, più che mai, con le proprie debolezze.
Il musicista e compositore Enrico Melozzi ha suonato il suo coloratissimo violoncello, rendendo omaggio a Ezio Bosso scomparso in questi giorni, mani alte tenevano stretti copioni, burattini, monocicli, maschere, sul verde della piazza spiccava uno striscione con scritto a chiare lettere il monito di Antonin Artaud: «La cultura deve avere la stessa evidenza della fame». Pochi ma “evidenti”, la distanza di sicurezza non ha impedito ai manifestanti di essere voce e corpo di una comunità di oltre un milione e mezzo di lavoratori dello spettacolo.
«Ci interessa che il governo metta la cultura al centro della ripartenza del Paese», ha spiegato il regista del collettivo di Spin Off Roberto Andolfi. La questione urgente riguarda i protocolli di sicurezza previsti per le riaperture che rischiano di mettere in ginocchio le realtà economicamente meno forti e i singoli lavoratori, ma in generale si chiede attenzione per il settore della cultura e dell’arte, in crisi da tempo, che ora non vuole morire di stenti, vuole cibarsi ed essere cibo per la società, non vuole più essere messo da parte.
(Le foto utilizzare sono di Matteo Nardone, che ringraziamo)