Gli ultimi scampoli di agosto a Gualtieri hanno ospitato l’edizione 2020 di Direction Under30 – mutuo soccorso teatrale, appuntamento ormai consolidato del Teatro Sociale di Gualtieri. Il responsabile del progetto, Andrea Acerbi, ha inaugurato la tre giorni del festival interamente dedicato ai giovani artisti under 30, confessando le difficoltà e le incertezze dell’organizzare un festival in circostanze come quelle che ancora viviamo. Sono state applicate regole rigide, gli spettacoli si sono svolti a porte chiuse – aperte solo ai trentuno membri delle giurie popolare e critica – eppure, nonostante le mascherine e le distanze, si è respirata un’aria di prudente entusiasmo. Sei spettacoli, tre giorni, due premi. Un festival di ventenni, per ventenni, tra ventenni. Non un confronto fra generazioni, ma l’incontro di un’unica generazione che si scambia sguardi e idee, tutti nella stessa condizione (almeno anagrafica), senza timore di doversi sottoporre al giudizio di chi, per età e per esperienza, di cose ne ha viste tante. E dunque, sul palco Teatro Sociale, un luogo in continua ricostruzione, grazie all’azione di recupero della struttura abbandonata per molti anni, abbiamo incontrato sei compagnie, osservato sei modi di intendere il teatro.
Ad aprire le danze, La difficilissima storia della vita di Ciccio Speranza – titolo un po’ troppo didascalico, forse – della compagnia Les Moustaches. Un giovane ragazzo di campagna, con un corpo imponente, in tutù rosa, vuole fare il ballerino ma la realtà grezza e chiusa da cui proviene glielo impedisce. Alberto Fumagalli per scriverlo inventa non un gramelot, ma una lingua strutturata con una certa grammatica, molto efficace, dialetti e sonorità francesi e spagnole shakerate per ottenere la lingua esclusiva di un microcosmo, fatto in verità di molti cliché. Dalla lingua fantasiosa al silenzio rigoroso de L’Eco della Falena della compagnia Cantiere Artaud, messinscena ispirata alla vita e alle opere di Virginia Woolf. In questo caso l’attenzione è quasi interamente sull’aspetto visivo della messinscena, la parola è pressoché assente, precisissime le luci, chirurgico il gesto, ricca la scena, definiti i costumi, immersi in paesaggi sonori e rumori. Ma, nonostante lo studio di precisione, manca un po’ di affondo nell’approccio alla complessa vita della scrittrice, nella quale ci si addentra solo in parte. Nella seconda giornata assistiamo a due progetti diversissimi: Mary’s Bath, della compagnia Natiscalzi DT, e Apocalisse Tascabile di Fettarappa Sandri/Guerrieri. Il primo un interessante studio di danza-teatro sull’Annunciazione che incrocia sacro e pop, il secondo un’esplosione di energia che si manifesta in un inarrestabile fiume di parole. Uno «studio sospeso fra terreno e divino» da un lato, e «un atto unico eroicomico» dall’altro – bastano queste espressioni sui programmi di sala per intuire quanto differenti siano i linguaggi. L’affresco grottesco ma acuto della condizione delle giovanissime generazioni reso dai Fettarappa Sandri/Guerrieri, al loro primissimo e, per questo, tutto da limare debutto, ha convinto le giurie che hanno assegnato loro il premio in denaro: 4000 sonanti euro, che oltre a non essere affatto pochi, possono fare la differenza per una compagnia che viene alla luce in questi tempi di buio. L’ultima giornata a Gualtieri, estiva nonostante le previsioni, gli ultimi due spettacoli in concorso sono Ionica, di Alessandro Sesti e The Ridere del duo Aronica/Barra. Sesti, racconta con una giusta dose di leggerezza e con una certa misura nell’empatia (consapevole, forse, del rischio di retorica), la storia vera di un imprenditore calabrese che ha denunciato gli abusi della ‘ndrangheta per alzare la testa dalla polvere – «la ‘ndrangheta è come la polvere frutto dell’aridità, si posa ovunque». Pur dentro una scena scarna, tipica del teatro di narrazione a cui fa riferimento, Sesti maneggia gli attrezzi del mestiere con una consapevolezza che gli fa guadagnare il premio della giuria critica. A chiudere il cerchio The Ridere, un lavoro che intende riflettere sulle possibilità del comico e sulla risata. Uno spettacolo che ambisce a incarnare e rinnegare al contempo gli stereotipi della comicità facile, ma che in questo curioso studio di genere, resta in un terreno ambiguo, in cui i registri differenti non si saldano fra loro, generando una certa confusione e in qualche caso, delle forzature.
Insomma, i giorni sono stati densi e veloci, da tempo non siamo più abituati a questi incontri immersivi, i mesi trascorsi ci hanno impigrito, appesantito, abituato a pensare ai vantaggi dello stare a casa. Ma realtà come Direction Under 30 e altri festival che con difficoltà ma con grande risposta di pubblico e di artisti non hanno rinunciato ad esistere, sono una vera riabilitazione, un buon motivo per mettersi in viaggio. E, soprattutto, sono una possibilità di resistere per le tante piccole e medie realtà che hanno una storia, e una possibilità per chi dal sogno si affaccia al mestiere, di trovare dei luoghi in cui osare sia possibile.
(Nell’immagine di copertina, la giuria popolare riunita in piazza Bentivoglio)