Si intitola Cultura, Territori, Comunità la XVIIesima edizione de Le Buone Pratiche, rinomato appuntamento di brainstorming teatrale nato nel 2004 ad opera di Mimma Gallina, Oliviero Ponte Di Pino e Franco D’Ippolito, promosso dall’associazione Ateatro.
Un incontro lungo cinque ore che non soccombe alle condizioni imposte dalla pandemia ma che, per il secondo anno consecutivo, si reinventa in formato digitale. Le Buone Pratiche 2021, infatti, si sono tenute in streaming il 22 marzo, in diretta dal Teatro Biblioteca Quarticciolo, spazio culturale della periferia romana capace di nutrire e di nutrirsi della vita del quartiere che lo ospita.
Periferia e cultura, dunque, due termini che da sempre si rincorrono e che, nel teatro, hanno trovato un nevralgico punto d’incontro.
Era il 1947 quando Paolo Grassi fondò un Teatro d’Arte per tutti, accessibile e democratico. Ma per consentire ai più di fruire della cultura non bastava aprire le porte di un teatro situato nel centro di Milano. Ecco perché, nelle esperienze teatrali italiane degli anni ‘70, il teatro è uscito dai suoi luoghi per farsi in strada: occhi negli occhi, mani nelle mani, comunità nelle comunità. Non per colonizzare i territori con prodotti artistici preconfezionati ma per creare una cultura dei luoghi, insieme alle persone.
Oggi, privati come siamo del contatto, della relazione, della presenza dell’altro, il teatro e la cultura diventano promotori di quel che di prezioso ci resta: il senso di umanità, la coesione e insieme la resistenza.
Su questa scia di pensieri si origina l’edizione 2021 de Le Buone Pratiche, progetto nato per individuare quelle realtà che cercando i semi del nuovo costruissero esperienze valide, che nel fare rete sperimentassero forme culturali in grado di rivitalizzare un sistema spesso inadatto a sostenere il teatro, non quello identificato dai documenti ma quello vero, quello che si fa. Con gli altri e per gli altri, a favore di fragilità.
Col diffondersi della crisi sanitaria si è sentito sempre più parlare di recupero dei territori, della necessità di creare attrazione in quelle aree interne che da anni sono soggette allo spopolamento. In questo, la cultura e il teatro possono avere una funzione di prim’ordine, diventando strumento di rigenerazione territoriale e comunitaria. Il peso sociale e il valore economico che le attività culturali hanno assunto nel tempo non può più essere sottovalutate.
Buone Pratiche 2021, dando voce ai progetti più interessanti che, nell’arco del 2020, hanno saputo reagire in maniera creativa alla pandemia relazionandosi con i territori che abitano, vuole rispondere a un delicato interrogativo: come far sopravvivere oggi tali pratiche di resistenza?
La giornata di incontro è stata suddivisa per tavoli tematici: Focus Roma e Lazio; Focus Ragazzi; Cultura per i territori; Festival, comunicazione territori; Pratiche di partecipazione.
I temi sono ora ben chiari: la fragilità è il fulcro de Le Buone Pratiche di quest’anno, la ricchezza che se ne può ricavare, una risposta possibile.
Valentina Marini, presidente di Aidap – Associazione Italiana Danza Attività di Produzione, ha proposto un importante affondo nella situazione vissuta dal comparto danza. L’interruzione della mobilità ha fatto sì che la filiera si ripensasse in un’ottica di prossimità. Partendo dalla pratica della residenza, si è attivata una riflessione sulla necessità di spostare il dibattito pubblico dal valore dello spettacolo a quello della pratica come processo, non più come consumo. Prendersi tempo, dunque, uscire dalla dinamica dell’iperproduzione che ingurgita il pensiero creativo accelerandolo e dapauperandolo.
La lentezza, intesa come sorgiva attenzione al processo, accomuna la maggior parte delle esperienze mappate da Le Buone Pratiche su tutto il territorio italiano: teatri, festival, compagnie, spazi culturali, attivi in diversi ambiti del settore, che operano in maniera partecipativa e a stretto contatto con la realtà, relazione questa che si pone a fondamento della creazione artistica.
In chiusura, a seguito dei numerosi interventi che hanno animato la giornata, dedicati al racconto delle attività virtuose condotte in questo anno pandemico, suggerisce spunti preziosi la riflessione del ricercatore territorialista Filippo Tantillo.
Tantillo pone da subito due domande, riguardanti il modo in cui la cultura possa divenire un diritto di cittadinanza e smettere di essere percepita come bene di lusso, e come questo possa essere attuato dal teatro.
Emerge, dalle parole di Filippo Tantillo e dalle esperienze individuate da Le Buone Pratiche, la grande vivacità riscontrata nelle aree marginali italiane.
Questi luoghi vengono percepiti come spazi di sperimentazione proprio perché sono fuori dal mercato, quello stesso mercato che, nel processo di concentrazione delle ricchezze e crescite delle diseguaglianze, premia uno a discapito di molti. Il lavoro sui territori raccontato dalle realtà coinvolte è accomunato dal desiderio, esprime una radicalità politica che non identifica un estremismo ma riconosce degli elementi vitali come non negoziabili. Le persone che lavorano sul territorio sono “politiche” perché non hanno un’idea estrattivista.
Le tematiche emerse, le esperienze narrate, pongono in conclusione un’amara considerazione. Quando giungerà l’agognato momento in cui queste buone pratiche saranno supportate da economie che ne consentano la messa a sistema?
La creatività ha bisogno di sostegno. La comunità ha bisogno di cultura.