Le Nottole tornano ad Arsoli (RM), piccolo paese che ospita uno dei Centri di Residenza Multidisciplinare della Regione Lazio, per seguire l’ultimo lavoro di Andrea Cosentino, invitato insieme a un gruppo di collaboratori artistici dal 1 al 15 marzo 2021. Qui hanno potuto provare e perfezionare Fake Folk, un progetto che, per riportare l’attenzione sul significato attuale della festa popolare e sul rapporto tra realtà effettiva e realtà virtuale, supera l’idea di spettacolo attraverso l’intermedialità.
È già passato un anno dall’inizio della pandemia e ci ritroviamo nuovamente atomizzati nelle nostre case. L’impressione generale è che l’impossibilità di stringere relazioni sociali non sia una priorità, di conseguenza anche lo spettacolo dal vivo non può che essere lasciato ai margini della discussione. Tuttavia per quanto sia difficile avere una prospettiva, nessuno di noi può permettersi di fermarsi e dare la colpa alla situazione in atto. Forse, oggi ancora di più, dovremmo sentire la necessità di investire su noi stessi, per pianificare o magari anche solo per preparare il terreno, in modo da non trovarci impreparati quando potremmo ripartire e piantare i nostri semi.
Questa è la strada che sta percorrendo la Residenza artistica gestita Settimo Cielo presso il Teatro Comunale La Fenice di Arsoli, arroccato al confine con l’Abruzzo a Nord-Est di Roma. All’interno del circuito regionale di PERIFERIE ARTISTICHE la Compagnia, grazie alla direzione accorta e appassionata di Gloria Sapio e Maurizio Repetto, sta continuando a programmare per il futuro e, soprattutto, sta garantendo agli artisti la possibilità di poter provare i loro spettacoli nonostante il periodo difficile. Tra loro c’è Andrea Cosentino che, in simbiosi con i suoi collaboratori, ha potuto sperimentare sul suo ultimo progetto: Fake Folk.
Fake Folk infatti è il prodotto di un processo creativo orizzontale, frutto di una regia collettiva in cui ognuno può concorrere. Lo scheletro drammaturgico e i testi nascono dall’inventiva di Cosentino, ma in fase di allestimento il contributo dei suoi colleghi mantiene sempre un’autonomia artistica.
Lo spettacolo-festa inizia con Cosentino inquadrato nello scheletro della Tv utilizzato anche in Telemomò. Con il suo inconfondibile modo di fare ironico e caricaturale introduce lo spettatore nella dinamica del paese. Prima interpella una vecchietta del posto che racconta una tradizione completamente inventata. Poi finge di intervistare l’assessore alla cultura locale, che in uno di quei discorsi d’occasione, ormai triti e ritriti, sottolinea l’importanza della sagra per l’economia del paese. In un’altra scena il pubblico illuminato, e allo stesso tempo ripreso e proiettato in tempo reale su un altro schermo, assiste a stacchetti rap o può addirittura partecipare a una sorta di gioca jouer da villaggio turistico. L’attrice Alessandra De Luca da provocante animatrice si trasforma nella “statua” di Biancaneve che si specchia in uno smartphone, creando un parallelo con le sculture della Madonna portate a spalla durante le processioni. La ripresa del suo volto è proiettata simultaneamente su uno schermo alla sua destra attraverso un programma di filtri Instagram gestito da Nexus, responsabile degli aspetti connessi alla realtà aumentata. Il viso di Alessandra De Luca trasfigura e cambia identità: da Biancaneve alla matrigna cattiva, fino alla vecchia strega.
Dietro di lei, in una sorta di set fotografico, Andrea Cosentino e la sua tromba da un lato, Lorenzo Lemme, batterista e autore della drammaturgia sonora dall’altro, accompagnano ora con un tappeto ritmico ora con degli intermezzi corali da finta processione i suoi monologhi. Nel video proiettato invece, alle spalle di Alessandra De Luca, lo scenario mostra un paese che – sempre attraverso la realtà aumentata – si arricchisce di elementi legati alla festa popolare. La riflessione sul logoramento delle tradizioni si riflette anche nella qualità dell’immagine in cui altri filtri instagram raccontano la storia del video: da un’estetica fotografica si passa all’immagine analogica per giungere alla saturazione esasperata di quella digitale. Il tutto è continuamente registrato da Dario Aggioli che, oltre a occuparsi delle luci e del montaggio video, rappresenta in alcuni momenti l’occhio esterno dello spettatore, non essendo direttamente coinvolto sulla scena.
Insomma se è vero che le feste popolari (finché se ne vedevano) sono sempre più un’accozzaglia di santi, salsicce e cantanti famosi decaduti, laddove il contemporaneo convive a fianco di antiche usanze religiose, allora Fake Folk, èun carnevale di tradizioni che si incontrano, si scontrano in un momento in cui le stesse tradizioni stanno scomparendo. All’interno dello spettacolo-festa i linguaggi narrativi ed espressivi si moltiplicano, proprio perché, come dice Cosentino, «non può esserci una festa se non c’è tanta carne al fuoco». Il ritmo è spezzato, ricco di variazioni e di cambi di prospettiva. L’attenzione dello spettatore viene continuamente messa alla prova, rompendo gli schemi della visione frontale. L’azione, infatti, evolve in maniera fluida e inaspettata, anche per merito degli intermezzi musicali e delle canzoni nazionalpopolari che Lorenzo Lemme mixa con suoni preregistrati, servendosi anche di una loop station per aggiungere un tocco di sospensione all’atmosfera generale.
Tuttavia dietro a questo divertente gioco – che sfiora il parossismo se non addirittura il trash – si cela una riflessione profonda sul senso di comunità, sulle relazioni, sul contrasto generazionale e su come la tecnologia determini la nostra rappresentazione nel mondo. «Vogliamo tutti essere protagonisti, ma in realtà siamo solo figuranti» afferma Cosentino in uno dei suoi monologhi. Pensiamo sempre a conformarci e nel mentre la festa sta finendo, la comunità virtuale cresce a scapito dello sgretolamento di quella reale perché «se gli occhi che si specchiano vedono solo sé stessi allora…fine della comunità, fine del sociale!». Il tutto però è trattato in maniera volutamente superficiale. Con leggerezza Fake Folk intende problematizzare questi temi urgenti, per innescare nella mente di chi assiste un senso di ambiguità, dove non si riesce a riconoscere il confine tra serietà e scherzo.
L’obiettivo di questi quindici giorni di prova è perfezionare e sviluppare la bozza di lavoro che è stata presentata in ottobre al Teatro Biblioteca Quarticciolo (produzione Cranpi), con una prospettiva di messinscena dal vivo per la prossima estate. Integrando anche realtà del territorio come ad esempio la banda, eventuali sbandieratori, ma anche i bambini con laboratori che partano dalle tradizioni locali; Fake Folk vorrebbe creare questa finta festa direttamente nello spazio urbano.
Per Cosentino l’artista oggi deve avere l’impellenza di fare, nonostante le condizioni non glielo permettano: «L’importante è esserci perché una volta usciti dalle nostre case avremo voglia di partecipare piuttosto che assistere a uno spettacolo. Ultimamente, in questo periodo di lockdown, abbiamo fruito fin troppa cultura, ci siamo riempiti gli occhi e le orecchie di eventi culturali online. Penso che quando usciremo avremo innanzitutto voglia di stringere mani, di stare vicino agli altri e non di vederci l’ennesimo evento culturale frontale».
Ritornano nella mia mente le prime parole scambiate con Giacomo Sette, drammaturgo di Settimo Cielo, che mi ha accolto all’arrivo ad Arsoli. Anche per lui l’urgenza reale per un artista oggi consiste nel «lavorare per leccare le ferite di questa comunità, che anche fisicamente sta perdendo qualcosa». Non sappiamo quando questo squarcio si restringerà. Nel frattempo però si può lenire quella ferita, ricordandosi che per ricucirla c’è bisogno di tanta cura e partecipazione.
Fake Folk
di e con Andrea Cosentino, Nexus (Giuseppe Gatti), Alessandra De Luca
drammaturgia sonora e musica dal vivo: Lorenzo Lemme
Luci e montaggio video: Dario Aggioli
Realtà aumentata: Nexus (Giuseppe Gatti)
una produzione Cranpi
Progetto realizzato in collaborazione con il Teatro Biblioteca Quarticciolo con il sostegno di Periferie Artistiche Centro di Residenza Multidisciplinare della Regione Lazio
Ph. Valentina Tomasulo