Era appena iniziato il 2020. Teatro di Roma e Roma Capitale avevano da poco annunciato le assegnazioni triennali per la programmazione e gestione dei Teatri in Comune: Teatro Tor Bella Monaca, Teatro Villa Panphilij e Teatro Biblioteca Quarticciolo. Le solite questioni burocratiche, un ritardo nella firma dei contratti, ed ecco che i direttori artistici si sono ritrovati a dover chiudere i battenti ancor prima di aver inaugurato i teatri, a causa della pandemia da Covid-19. È il caso di Antonino Pirillo e Giorgio Andriani del Teatro Biblioteca Quarticciolo, che nel corso di una lunga intervista ci hanno raccontato il progetto di direzione condivisa, tra programmazione artistica di qualità e lavoro sul territorio.
Alla base del vostro progetto per il Teatro Biblioteca Quarticciolo risiede il modello di una direzione condivisa. Cosa vi ha portato alla determinazione di questa scelta?
Antonino Pirillo: La direzione condivisa costituisce la semplice formalizzazione di un’impostazione preesistente. Anche prima dell’attuale assegnazione, infatti, ogni componente del gruppo curava il proprio ambito specifico. Io, Giorgio Andriani e Valentina Marini firmiamo la direzione condivisa alla quale abbiamo deciso di affiancare il coordinamento scientifico di Valentina Valentini che apporta al nostro progetto plurale un importante e fondamentale valore aggiunto. La direzione condivisa è nata in maniera naturale dalle esigenze di questo teatro così particolare: al Quarticciolo è impensabile immaginare una direzione verticistica. In un teatro come il nostro, poiché il finanziamento consente a mala pena di sostenere la gestione, privando ulteriormente il settore artistico di risorse economiche, di tempo ed energie, ha senso portare avanti un progetto artistico e di politica culturale come convergenza di più punti di vista: Valentina Marini firma la stagione Danza, Federica Migliotti quella di Teatro Ragazzi e io e Giorgio Andriani quella di Teatro. Lavorare in gruppo consente a ognuno di mettere in campo le proprie competenze specifiche, ed è grazie all’insieme di queste competenze, coese secondo una collaborazione orizzontale, che è possibile portare avanti una direzione artistica credibile e di qualità, all’insegna dell’“esserci” sempre che è garantito dalla nostra presenza continua sul campo.
Giorgio Andriani: Inoltre, l’identificazione della direzione artistica con la visione di un’unica figura rischia di risultare inadeguata rispetto a un teatro come il TBQ, in una zona come quella in cui esso si trova dove è fondamentale raccogliere e far fronte alle istanze del territorio stesso. Questo progetto ambizioso è possibile grazie a una squadra collaudata e insostituibile che ormai lavora assieme da anni, da Dalila D’Amico a Dario Alberti nell’ambito dell’organizzazione a Raffaella Vitiello e Antonio Belardi nella tecnica. Per noi è indispensabile “far sentire a casa” le compagnie, gli artisti/le artiste e le associazioni che ospitiamo.
Quali sono i percorsi che seguite nella promozione della cultura teatrale nel quartiere?
Giorgio Andriani: Sin dall’inizio, il nostro intento è stato mettere a punto un progetto che andasse oltre la semplice programmazione. Cerchiamo di portare avanti una progettualità in grado di dialogare con il territorio, e con “territorio” intendiamo non solo il quartiere, ma anche la città, la regione, la nazione. Un esempio concreto della nostra idea di lavoro sul territorio è il progetto Quarticciolo. La vita attorno a un tavolo, realizzato a settembre 2020 in collaborazione con Paola Berselli e Stefano Pasquini del Teatro delle Ariette: un caso di programmazione di altissima qualità, ma che ha anche saputo calarsi nel contesto in cui operiamo. Di primo acchito, gli abitanti del quartiere hanno reagito con diffidenza, quando hanno visto l’allestimento nelle piazze e nei cortili. Ma gradualmente si sono incuriositi e avvicinati, fin quando hanno iniziato ad aiutarci. Abbiamo dunque ospitato una compagnia riconosciuta a livello nazionale e internazionale, e l’abbiamo calata in una realtà popolare e “spontanea”. Oltre ai nostri spettatori fidelizzati, diverse persone che non erano mai entrate in teatro hanno partecipato ogni sera nei vari cortili portandosi le loro sedie.
Antonino Pirillo: In questo senso il nostro lavoro segue due binari: da un lato una programmazione artistica attenta alla drammaturgia contemporanea, dall’altro dei progetti capaci di andare incontro alle necessità e ai desideri delle persone del territorio. Le signore del quartiere ci hanno spesso detto: «Ah, quanto ci manca il mercato… ci hanno fatto un teatro…». E dato che il mercato rionale un tempo era ubicato dove oggi sorgono il Teatro e la Biblioteca, abbiamo deciso di compensare quella nostalgia con TBQ a Kilometro Zero, facendo arrivare una volta a settimana la frutta e la verdura in teatro e sostenendo la produzione a filiera corta. Le realtà culturali del quartiere non sono numerose: la Palestra Popolare Quarticciolo, lo spazio sociale del Red Lab (situato all’interno dell’occupazione dell’ex-Questura), un Centro anziani, la Bocciofila. Collaborare con queste realtà per noi è vitale. Ad esempio, i componenti della Palestra Popolare ci hanno chiesto di portare uno sport che nasce per le strade come il Parkour in teatro. Si è trattato di una richiesta di legittimazione di uno sport, fatto con bambine e bambini che appartengono perlopiù a famiglie di questo difficile contesto urbano che altrimenti starebbero in strada. Ospitarli in un luogo istituzionale li fa, giustamente, sentire accolti. Da segnalare anche Chi è di scena? il laboratorio di recitazione per bambine e bambini dai 7 agli 11 anni tenuto da Jessica Bertagni (Compagnia TeatroViola) che è ormai un corso consolidato.
Giorgio Andriani: Queste collaborazioni ci permettono di far conoscere il teatro come luogo reale e di cultura non solo attraverso gli spettacoli, ma anche attraverso altre attività. I bambini percepiscono lo spazio teatrale come loro, indipendentemente dalla partecipazione alla visione di uno spettacolo. Ed è questo che fa del TBQ parte integrante del tessuto del quartiere. Nei primi anni in cui abbiamo iniziato a lavorare qui, abbiamo fatto un’indagine per capire come mai le persone non frequentassero il teatro. La maggior parte delle persone rispondeva: «Se fate venire Enrico Montesano con Il Marchese del Grillo noi veniamo». Ma non è ingaggiando delle star che intendiamo avvicinare le persone al teatro.
Antonino Pirillo: Un’altra realtà con cui abbiamo iniziato una collaborazione è il Doposcuola Quarticciolo, organizzato dai ragazzi di Red Lab come deterrente alla dispersione scolastica nei giovanissimi meno seguiti all’interno del contesto familiare. A Natale abbiamo indetto una raccolta di materiali scolastici e la risposta da parte del quartiere e della città è stata altissima. Con questa tipologia di formule possiamo dimostrare che il teatro può avere una valenza fortemente sociale. Ed è solo quando le persone riconoscono questo ruolo che iniziano davvero ad avvicinarsi.
Alla base del vostro progetto, dunque, c’è un forte desiderio di utilizzare il teatro come strumento per creare coesione sociale, per creare una comunità che sia non solo di addetti ai lavori, ma che sia anzi ancorata al territorio. Quali sono gli ostacoli?
Antonino Pirillo: Sicuramente uno degli ostacoli è il basso reddito di gran parte degli abitanti del quartiere che impedisce l’accesso al biglietto teatrale. Alcuni dicono: «Io non ho da mangiare, figurati se vengo a teatro… Però sono contento che nel mio quartiere ci sia un teatro». Quello con il Teatro delle Ariette, infatti, era un progetto che abbiamo finanziato, e il fatto che fosse gratuito ha senza dubbio inciso sull’ampia partecipazione.
Giorgio Andriani: Per creare una comunità serve soprattutto tempo. L’ultimo bando ci ha conferito un’assegnazione triennale di cui purtroppo abbiamo già “perso” un anno a causa della pandemia. Crediamo tuttavia che un progetto capace di essere realmente efficace sul territorio abbia bisogno di tempi più dilatati. Per una realtà come quella del TBQ, in cui occorre partire dai bisogni e dei desideri della comunità, cambiare gestione ogni tre anni sia controproducente, mentre per la direzione di un teatro comunale, situato nel centro della città, può rivelarsi efficace.
Parlando in termini utopistici, quali sarebbero le condizioni ideali, sia in termini di tempistiche che in termini di sostegno economico, che permetterebbero al vostro progetto sul TBQ di avere dei riscontri concreti, veri, solidi?
Giorgio Andriani: Senza dubbio un aumento del finanziamento. La questione economica e quella relativa al tempo vanno di pari passo, poiché il contributo copre a malapena i costi di gestione dello spazio, siamo costretti a spendere tempo ed energie per trovare altre risorse che sostengano la parte artistica. Un aumento del finanziamento e un aumento del periodo di gestione almeno a 5 anni, per esempio, darebbero la possibilità a chiunque gestisca lo spazio di fare davvero la differenza.
Antonino Pirillo: Nel fronteggiare l’insufficienza del contributo abbiamo trovato forza nei partner con cui collaborare per la realizzazione dei progetti. Ad esempio, TBQ Letteratura e Periferia, sei appuntamenti per raccontare e immaginare le periferie italiane attraverso i romanzi e le/i loro scrittrici e scrittori a cura di Francesco Pacifico, è co-prodotto con Biblioteche di Roma, così come uno degli appuntamenti virtuali per bambini del progetto IN CARROZZA! ideato da Federica Migliotti e realizzato con Chiara De Bonis (in particolare, la puntata dedicata alla Giornata della Memoria). Tre puntate dello stesso format sono state co-prodotte con la Fondazione Sipario Toscana/Centro di produzione teatrale, centro di produzione teatrale situato a Cascina. Tutti gli appuntamenti sono co-prodotti con Compagnia TeatroViola. Parte della stagione danza è sostenuta da ATCL Lazio. Per tornare al territorio, è necessario creare delle alleanze. Stiamo lavorando a I Giardini di Adone al Quarticciolo, un progetto che prevede interventi botanici e artistico-culturali da situare nell’area della borgata, dal rinverdimento alla piantumazione, a partire dal basso e dalle persone che ci abitano. Un progetto nato da un’idea di Valentina Valentini, in collaborazione con il Museo Orto Botanico e con la Facoltà di Architettura della Sapienza, con la Palestra Popolare e Red Lab, con Biblioteche di Roma, con l’Istituto Agrario e con il Municipio V che ci sta sostenendo. Le strutture che come noi lavorano sul tessuto sociale con innumerevoli iniziative, come le già citate Red Lab e Palestra Popolare, sono alleati imprescindibili. Tenere le fila con queste realtà, ma anche con altre strutture di Roma e con strutture nazionali e internazionali, vuol dire per noi contribuire a creare una relazione tra il quartiere e l’esterno.
All’attività sul territorio, il vostro progetto affianca un’attività di sostegno agli artisti attraverso le residenze. Come scegliete le compagnie da sostenere, e in che modo il sostegno agli artisti si sposa con il lavoro che fate sul territorio?
Giorgio Andriani: La selezione degli artisti deriva da scelte trasversali, non crediamo in un protocollo standard univoco. Nel corso delle varie gestioni, abbiamo ospitato numerose compagnie in residenza. Ad esempio, gli ultimi due spettacoli che la Compagnia Bartolini/Baronio ha presentato all’interno di Romaeuropa Festival venivano anche da periodi di residenza al TBQ. L’impossibilità di aprire il teatro al pubblico a causa della pandemia ci ha messo nella condizione di dare più spazio alle compagnie rispondendo all’esigenza, molto comune, di spazi e tempi per il pensiero e la creazione. La chiusura dei teatri ha sancito la disdetta di moltissime date. Così abbiamo offerto alle compagnie lo spazio per iniziare, proseguire o concludere i progetti che avrebbero dovuto debuttare nella “stagione” in corso. Per quanto riguarda la danza abbiamo pubblicato un bando per due residenze al quale hanno risposto oltre 60 compagnie. Pertanto Valentina Marini ha deciso di inserire altre due residenze creative nel periodo che si svolgeranno al Quarticciolo durante il suo Fuori Programma, festival dedicato alla scena internazionale della danza contemporanea che si svolge tra il TBQ e il Teatro India. Infine le residenze possono nascere anche da collaborazioni. Ad esempio, l’Accademia di Spagna, con la quale siamo entrati in dialogo, ci ha chiesto di ospitare una sessione di lavoro di Cristina Morales, scrittrice (Premio Nacional de Narrativa), drammaturga e coreografa che fa parte del gruppo di danza Iniciativa Sexual Femenina, che attualmente è in residenza nei loro spazi.
Antonino Pirillo: Il nostro principale obiettivo è ospitare compagnie e artisti che riteniamo interessanti ma che faticano a trovare una circuitazione o uno spazio romano in cui portare avanti il proprio lavoro. Inoltre grazie all’esperienza nel progetto «Powered by REf 2020» (quattro residenze per quattro compagnie in quattro spazi: TBQ, ATCL con Spazio Rossellini, Carrozzerie | n.o.t. e Settimocielo di Arsoli) abbiamo scelto il progetto Ça ne résonne pas / Ça résonne trop del gruppo italo-francese Secteur in.Verso per sostenerlo in co-produzione tra Cranpi, 369gradi e Romaeuropa Festival. La pandemia ci ha fatto virare verso un ampliamento delle residenze, che tuttavia erano già previste nel nostro progetto di bando. Si tratta di un arricchimento per la programmazione: la residenza permette di entrare nel processo creativo. Per ogni residenza, infatti, organizziamo una piccola restituzione a cui invitiamo non solo operatori, ma anche abitanti del quartiere. Ed è sorprendente come anche gli spettatori riescano a entrare nel lavoro e a comprendere le specifiche del processo creativo. Inoltre, si accende in loro la curiosità di seguire le evoluzioni dei progetti.
Anche Fake Folk fa parte di questo metodo di lavoro?
Giorgio Andriani: Anche Fake Folk nasce da una residenza che risale a ottobre 2020. Entrati in relazione con Andrea Cosentino e con il gruppo di lavoro (Alessandra De Luca, Nexus, Lorenzo Lemme e Dario Aggioli) abbiamo deciso di trasformare la residenza in un progetto speciale co-prodotto da TBQ e Cranpi, che sarà al Quarticciolo a settembre 2021 con un’importante azione sul territorio.
Antonino Pirillo: Il progetto nasce essenzialmente come messa in discussione delle tradizioni territoriali al fine di valorizzarle; l’iniziativa ha già destato molto interesse e la tournée estiva prevede il passaggio in diversi festival. La struttura modulare consente di replicare il progetto con punte di originalità legate ai luoghi che lo ospiteranno; la condizione preventiva è che il gruppo trascorra alcuni giorni a stretto contatto la comunità locale per individuare gli aspetti da valorizzare attraverso interviste, parate o altri elementi che saranno successivamente integrati nello spettacolo che sarà ogni volta uguale ma anche differente da se stesso.
Sono ormai trascorsi più di dodici mesi dal primo lockdown a causa del Covid-19. Come avete trascorso quest’ultimo anno di pandemia?
Giorgio Andriani: La chiusura dei Teatri è coincisa con la firma del contratto di affidamento del TBQ. Il bando si è concluso a dicembre 2019 e l’affidamento sarebbe dovuto partire da gennaio 2020, ma per motivi burocratici c’è stato uno slittamento. Eravamo pronti a inaugurare il TBQ con una splendida festa di quattro giorni che avrebbe dovuto coinvolgere vari artisti, con numerosi eventi gratuiti per gli spettatori all’interno del teatro e del quartiere. Ma la chiusura è arrivata addirittura prima che firmassimo il contratto: non siamo mai riusciti ad aprire al pubblico in condizioni di normalità. Nei periodi in cui è stato possibile il teatro è sempre stato aperto e non abbiamo mai smesso di lavorare, sia in termini di progettualità che di attività online, al fine di mantenere viva la relazione con il pubblico e con la comunità. In generale la nostra programmazione durante la pandemia non ha mai proposto spettacoli teatrali in video. Al contrario abbiamo sempre cercato di creare contenuti e contenitori diversi all’interno dei quali inserire delle attività. Si tratta di vari progetti pensati appositamente per il medium digitale che porteremo avanti anche quando riapriranno i teatri. È così che è nato il progetto IN CARROZZA! da un’idea di Federica Migliotti realizzata con Chiara De Bonis. La nostra programmazione di teatro ragazzi è molto seguita sia dalle famiglie che dalle scuole del quartiere con le quali abbiamo instaurato un rapporto molto forte. La chiusura rischiava di disgregare questo legame: le scuole ora sono chiuse, quando sono aperte non possono fare uscite con gli studenti e a noi non è concesso entrare negli ambienti scolastici.
Antonino Pirillo: Questa rassegna è il nostro vanto. Abbiamo già realizzato otto puntate e ci apprestiamo a produrre la nona per Pasqua. Per mantenere il triplice rapporto con le compagnie teatrali che sarebbero dovute essere in stagione, con le scuole e con le famiglie, il format IN CARROZZA! è stato studiato per sostituire la stagione teatrale per ragazzi, mantenendo un calendario in concordanza con quello scolastico. Durante la trasmissione delle puntate in diretta su facebook, a collegarsi sono direttamente le scuole:tutto è organizzato come se venissero in teatro. Dopodiché i bambini ci inviano dei disegni, lettere e domande ad ogni puntata, così come facevano quando venivano a teatro a vedere gli spettacoli. Non si tratta di teatro in video, ma di un format assolutamente originale basato su videostorie indipendenti, concepite appositamente per IN CARROZZA! o mutuate da progetti teatrali preesistenti che si legano al tema che si affronta in quella puntata. Non amiamo il teatro in streaming; siamo convinti che se uno spettacolo teatrale viene ripreso con una o due telecamere, nella bidimensionalità, si rischia di fare un torto al pubblico, costretto a vedere il 60% di ciò che quello spettacolo è, e alla compagnia che ne perde artisticamente. Affinché il teatro abbia senso in streaming deve esserci un pensiero dietro alla realizzazione delle riprese, una vera e propria regia cine-televisiva parallela a quella teatrale. Non avendo tali mezzi a disposizione, abbiamo cercato di inventarci dei dispositivi che avessero tematiche teatrali ma che non scimmiottassero il “dal vivo”. Dai Ritratti di autore dedicati a diversi artisti quali Compagnia Abbondanza/Bertoni, Roberto Castello, Enzo Cosimi ecc., a TBQring durante il quale Andrea Pocosgnich di «Teatro e Critica» sul ring della Palestra Popolare ha intervistato artisti e compagnie come Fabiana Iacozzilli, Dante Antonelli e il Collettivo Controcanto. Ora stiamo lavorando agli episodi di TBQgopro: forniamo una gopro ad artisti, direttori artistici, operatori di Roma ai quali chiediamo di partire da un luogo, che sia rappresentativo per loro, per arrivare al TBQ, così da raccontare la città, il percorso e dimostrare che il Quarticciolo non è poi così lontano e periferico. Il progetto verrà presentato ad aprile. Alcuni esempi: Elvira Frosini ha fatto il percorso in taxi, Daniele Timpano in bicicletta, Eleonora Danco a piedi, Andrea Cosentino nel tram 14. Infine, in aggiunta al sito del teatro, abbiamo realizzato il progetto TBQvoices, una rivista quadrimestrale di approfondimento, in italiano e in inglese, nata da un’idea di Valentina Valentini, che da maggio sarà per la prima volta in versione cartacea. In ogni numero poniamo una domanda ad artisti e pensatori, inseriamo un’intervista istituzionale e affidiamo un progetto fotografico a Paolo Cenciarelli che in ogni numero racconta luoghi e persone. TBQvoices quindi come uno strumento per riflettere e discutere su questioni che ci “pungono” al presente, un presente che incrocia e intercetta la distanza del passato, mettendo in relazione il Teatro con la Biblioteca, le associazioni del Quarticciolo, le istituzioni culturali della città, nazionali e internazionali.
L’emergenza sanitaria ha causato uno stato di crisi ma ha anche fatto emergere enormi problematiche nel mondo dello spettacolo dal vivo che erano preesistenti alla pandemia. Tra teatro in streaming, sale contingentate, dispositivi di sicurezza ecc., quali prospettive a vostro parere sono necessarie al fine di migliorare il comparto culturale del Paese?
Giorgio Andriani: L’unico aspetto positivo dell’emergenza sanitaria è che ha portato i lavoratori dello spettacolo a prendere coscienza della fragilità del contesto lavorativo in cui operano a tutti i livelli: dal teatro stabile alle compagnie emergenti e indipendenti. Si tratta di una fragilità sia normativa che professionale, che priva i lavoratori di ogni forma di garanzia. Possiamo solo sperare che la consapevolezza conduca alla richiesta di una maggior tutela per l’intera categoria. Per quanto riguarda l’apertura contingentata dei teatri, è una condizione che costringe a fare delle scelte artistiche, economiche e professionali che vanno contro i propri interessi. Il contingentamento e la predisposizione dei dispositivi sanitari gravano soprattutto sulle piccole strutture, tra le quali rientra il TBQ. Un quarto della capienza della sala equivale a 35-39 spettatori, e questo vuol dire azzerare gli incassi. Non che con la sala piena si faccia un incasso eccezionale, ma si tratta comunque di economie diverse su cui far affidamento. In questo senso, le economie influenzano necessariamente le scelte artistiche: persino i monologhi rischiano di essere economicamente insostenibili. La riapertura dei teatri può essere un segno auspicato, ma rischia anche di essere un boomerang controproducente sia a livello economico che artistico. Non vorremmo che la riapertura dei teatri a tutti i costi, a queste condizioni, si trasformi in un proclama politico piuttosto che in una soluzione reale. Ecco perché per il periodo tardo-primaverile ed estivo stiamo cercando di implementare in maniera esponenziale le attività all’aperto, già previste nel nostro progetto; si tratta di un’occasione per accrescere l’offerta per gli spettatori ma anche di presentare spettacoli giusti per gli spazi all’aperto.