Tra le Interzone tracciate da Santarcangelo Festival 2050, Festival mutaforme di meduse, cyborg e specie compagne (8-18 luglio 2021), che sta abitando gli spazi condivisi della città di Santarcangelo di Romagna, arriva il drammaturgo e regista di fama internazionale, e fondatore della celebre Societas Raffaello Sanzio, Romeo Castellucci. L’autore romagnolo ha presentato la sua video installazione intitolata Il Terzo Reich, «immagine di una comunicazione inculcata e obbligatoria», il 15 e il 16 luglio al Parco Baden Powell (rinominato per l’occasione NELLOSPAZIO).
Gli spettatori, giunti all’ingresso del sito NELLOSPAZIO, vengono radunati dalla maschera su un prato e accompagnati verso ordinate file di parallelepipedi di legno. Davanti a loro, immerso nel buio della notte, si erge un palcoscenico senza sipario, sul quale, davanti a uno schermo gigante, si distinguono appena due piccoli oggetti bianchi, eterei, una candela e una colonna vertebrale.
Nel silenzio, rotto soltanto dal canto delle cicale, si muove un’ombra, un misterioso ordinatore magico che accenna passi di danza balinesi. Da quel poco che fa, sembra che si stia preparando a uno spettrale rituale. Indugia, poi si volta e cammina verso il centro, accende con cura la candela, accenna qualche altro passo di danza, prende in mano la colonna vertebrale e la spezza. È il segnale di «“accensione” del linguaggio», come riporta l’autore sul sito della Societas: siamo entrati nel regno del Simbolico.
Questo rituale è il primo e unico movimento umano de il Terzo Reich di Romeo Castellucci, una video installazione che per tutta la sua durata cercherà di sfuggire a ogni definizione.
Il Neuromante è esanime a terra. Alle sue spalle, dal nero profondo del megaschermo, emerge bianchissima una parola, accompagnata da un colpo di cassa che fa trasalire gli spettatori. A distanza di qualche secondo ne segue un’altra, poi un’altra ancora, finché non resta che un susseguirsi frenetico di vocaboli.
Colpito dall’incessante martellio combinato di parole, luci, suoni, lo spettatore perde progressivamente il contatto con il significato più immediato dell’esperienza che sta vivendo, e si incammina verso qualcos’altro: nello sfarfallio stroboscopico non distingue più quello che legge, perché «la velocità di sequenza, commisurata alla capacità retinica e mnestica di trattenere una parola che appare nel baleno di un ventesimo di secondo», non glielo permette.
Questo sfilacciamento semantico sembra essere proprio l’obiettivo di Castellucci, che dichiara:
«Il frenetico e liminale susseguirsi delle parole fa sì che alcune di esse rimangano impresse nella corteccia visiva di ciascun spettatore; altre – la maggioranza – andranno perse».
A battere il ritmo di questa trance decostruente ci pensano le casse distorte e le sonorità black industrial nordiche composte da Scott Gibbons, che accelerano e decelerano senza apparente motivo. In tutto questo, lo spettatore si ritrova, volente o nolente, al punto critico di fusione, perso in un flusso distorto di soli significanti. E, più che vedere uno spettacolo, scivola in uno stato ipnagogico.
Romeo Castellucci, sottratta la presenza corporea e ogni elemento figurale, rifiutando trame narrative e ogni relazione fra causa ed effetto, fa dello spettatore immobilizzato il suo bersaglio inerme, e della “sala” il suo campo di battaglia, dove «i nomi del vocabolario sono bandiere piantate in terra di conquista». Dopo cinquanta minuti di «aggressione militare delle parole», il ritmo delle parole e della cassa diminuisce, rallenta, fino a sparare un ultimo colpo.
Gli applausi sono rarefatti e deboli. Nel buio del Parco Baden Powell una voce chiede: «lo spettacolo quando inizia?».
Il Terzo Reich
di Romeo Castellucci
Suoni di Scott Gibbons
Coreografia di Gloria Dorliguzzo
Interpretazione Gloria Dorliguzzo, Jessica D’Angelo
Realizzazione video Luca Mattei
Consulenza informatica Alessandro Colla
Produzione Societas