Si è conclusa sabato scorso, 25 settembre, la quindicesima edizione del Festival Presente Futuro, organizzata con tenacia e radicale impegno dal Teatro Libero di Palermo. In linea con le edizioni degli anni passati, ma eccezionalmente in settembre [l’iniziativa si tiene di solito nel mese di maggio, ndr], il festival si conferma un luogo di sostegno alla giovane creazione contemporanea, sia teatrale che coreografica, dalla vocazione spiccatamente internazionale. Tredici spettacoli in gara e uno, quello conclusivo, fuori concorso, per un totale di cinque premi alla produzione, di residenza o in denaro.
Luca Mazzone, direttore artistico del Teatro Libero e curatore del festival, presenta così l’apertura della rassegna:
«Presente Futuro compie quindici anni in un momento complesso come quello della pandemia che stiamo attraversando. Prosegue così la propria indagine sui linguaggi che vanno oltre i generi, i territori e le diverse culture. Un momento d’incontro, di connessioni, di sconfinamenti, che intende scardinare i perimetri e mettere insieme comunità artistiche, culturali, progettuali, credendo nell’Europa e nella sua identità plurale. Un progetto che oltrepassa la crisi e che getta ponti nel futuro, immaginando percorsi di ripartenza che hanno nell’incontro e nell’azione quel nucleo germinativo dell’identità cinquantennale del Teatro Libero».
Diario di bordo
Il festival si è aperto mercoledì 22 settembre, con lo spettacolo La vacca, dei napoletani B.E.A.T. Teatro, scritto da Elvira Buonocore, diretto da Gennaro Maresca e con i bravi Vincenzo Antonucci e Anna De Stefano. Sarà proprio questo primo spettacolo ad aggiudicarsi uno dei premi della giuria: il premio “Per fare il teatro che ho sognato” Per-formare il sociale, del Dipartimento SARAS della Sapienza, per la spiccata sensibilità rispetto a tematiche sociali, civili e attuali, come la povertà e la vita nelle periferie urbane degradate. Un allestimento snello in cui gli attori hanno il pregio di instaurare una relazione di ingaggio forte con gli spettatori e di destare l’interesse di un pubblico ampio e trasversale.
Segue lo spettacolo di clownerie contemporanea dal titolo Zona Franca, diretto da André Casaca e prodotto da TEATRO C’ART. L’interprete, Federica Mafucci, nonché autrice del pezzo, denota eccellenti doti canore (virtuosismo che costituisce il climax dello spettacolo) e una spiccata capacità a consolidare il legame con il pubblico, sin da subito coinvolto e divertito. Si tratta di un progetto con un ottimo potenziale, che può ancora crescere per quanto concerne la qualità del movimento e la struttura drammaturgica che inquadra i vari numeri in successione.
T=wins di CRiB, scritto da Carolina Ciuti e diretto da Roberto Di Maio, presenta un linguaggio ibrido tra teatro e danza, con uno schermo video e un microfono, che forse necessiterebbe di un maggiore dinamismo. Interessante la partitura a due interpretata dalle danzatrici Beatrice Fedi e Fabiana Mangialardi.
A chiudere la prima serata, l’intensa performance dal titolo L’Épouse, di e con Rebecca Journo, prodotto da La Pieuvre di Parigi, che si è aggiudicato la residenza del Premio BTS – Between the Seas. Si tratta di una partitura gestuale di forte impatto, una marcia nuziale per un solo personaggio: una sposa perduta. La pièce potrà essere ulteriormente sviluppata a livello estetico-visivo e adattata a diversi spazi (anche esterni, museali ecc.), e ha al centro un’istanza di denuncia della violenza sulle donne.
Quattro gli spettacoli in scena anche la sera del 23 settembre, interamente dedicata alla danza. Si inizia con Gli amanti, di Adriano Bolognino, con Rosaria Di Mario e Giorgia Longo, prodotto da Anghiari Dance Hub. Company Blu presenta invece Sui legami, di e con Maria Vittoria Feltre e Luca Zanni. Segue Oriri di Paolo Rosini, un progetto indubbiamente compiuto e ben confezionato, con uno stile definito ed estetizzante. Insieme a Rosini, in scena danza Chiara Tosti, co-produzione di Bambulaproject e Balletto Civile.
A concludere la serata, Sinopia, di e con Marco Pergallini e Maria Stella Pitarresi, prodotto da Twain_centro di produzione danza. Il pezzo parte da uno spunto preciso: la Cacciata dei progenitori dall’Eden di Masaccio, e sviluppa un progetto coreografico denso, lirico, sostanzioso e fortemente comunicativo. Tensione che il duo avrà modo di approfondire e perfezionare grazie al Premio di residenza al Teatro San Materno di Ascona, in Svizzera, assegnato per la coerenza tra progetto ed espressività corporea, per la qualità della presenza scenica e per la sinergia tra i due danzatori.
La sera del 24 settembre si apre con Gray o sulla paura della vecchiezza, di e con Alessandro Balestrieri e Francesco Altilio, coprodotto da Balt, Matutateatro e Teatro della Caduta. Federica Aloisio e Sabrina Vicari presentano Anapoda, prodotto da Pindoc con il sostegno di Limone Lunare, Atelier 12, Piccolo Teatro Patafasico, Residenza Multidisciplinare Arte Transitiva Stalker Teatro. L’idea da cui parte il progetto è indubbiamente originale e divertente, tanto che è valsa allo spettacolo il Premio Zero in condotta – Cobas; lo spettacolo, che soffre la mancanza di un occhio esterno nel corso del processo creativo, ha un grande potenziale di crescita, per quanto concerne sia la struttura drammaturgica che la qualità del movimento, dei cambi costume e dei passaggi da un personaggio all’altro.
Ha un taglio spiccatamente performativo il progetto di e con Annalì Rainoldi, Lakota, sostenuto da Associazione Contart e Dancehaus più, centro nazionale di produzione della danza.
Ed è l’ultimo spettacolo della terza serata, In.Contrastabile, di e con Jessica De Masi, prodotto da Twain_centro di produzione danza, ad aggiudicarsi il Primo premio Festival Presente Futuro 2021, per il livello altamente professionale della coreografia, per la precisione nell’esecuzione del pezzo e per il potenziale di ulteriore crescita e sviluppo che caratterizza il progetto.
La serata conclusiva del festival, quella del 25 settembre, è dedicata a progetti internazionali. L’ultimo spettacolo in concorso, Senia, della compagnia valenziana Fil d’Arena, affronta una tematica delicata e quanto mai attuale: l’iperproduttività del sistema sociale in cui viviamo, che ci costringe a ritmi frenetici che esauriscono l’energia di ognuno e la bellezza del viaggio. Lo spettacolo utilizza il contact come metafora dell’inerzia del movimento, dell’effetto domino di un corpo affaticato che si accascia su altri corpi. Il lavoro dei bravi Hèctor Rodrìguez, Roseta Plasencia, Clara Crespo, Irene Ballester e Isabel Abril ottiene una menzione speciale da parte della giuria, per la qualità e profondità del progetto.
Infine, l’artista greca Evie Demetriou, che aveva già partecipato al festival nel 2017 con The more you dance the more you get, presenta Who cares, il suo ultimo progetto, fuori concorso.
Segue e chiude il festival la premiazione della giuria dei Cobas, e della giuria internazionale composta dal prof. Guido Di Palma del Dipartimento SARAS della Sapienza, Aktina Stathaki per Between the Seas, Lisa Ferretti per la Cie Arnaboldi Teatro San Materno di Ascona, Maria Giulia Franco, giornalista under 30, e Cecilia Carponi per il progetto «Per fare il teatro che ho sognato» Per-formare il sociale.