25 anni di Spellbound Contemporary Ballet

Due programmi distinti, tre autori, quattro compagnie, otto coreografie, sei giornate di spettacolo, sette prime romane e una prima nazionale: è così che l’ensemble, con la direzione generale di Valentina Marini, festeggia il venticinquesimo anniversario di attività. Dopo circa due anni di assenza, Spellbound torna sulla scena capitolina, confermando la sua vocazione aperta e plurale, perfettamente in linea con il percorso della compagnia, da sempre dedicato alla danza contemporanea internazionale.

Inizialmente, Spellbound 25 era stato programmato per il 2020, anno effettivo del venticinquennale della compagnia; le restrizioni dovute all’emergenza sanitaria hanno tuttavia imposto uno slittamento al 2021. La produzione è realizzata con il contributo del Ministero della Cultura, di Regione Lazio – Dipartimento Cultura, Politiche Giovanili e Lazio creativo, in collaborazione con l’Ambasciata di Spagna a Roma e in coproduzione con MilanoOltre e Cult!ur Partner.

I primi due giorni sono dedicati a quattro creazioni coreografiche realizzate all’interno del progetto Dancing Partners, rete internazionale nata nel 2013 tra Spellbound, Thomas Noone Dance (Spagna), la Norrdance (Svezia), Company Chameleon (Inghilterra) e Franctis Dance Company (Germania), «per promuovere il lavoro degli artisti coinvolti attraverso pratiche di residenza, laboratori e incontri, in un’ottica di scambio creativo e condivisione».

Si parte con la prima nazionale di Ordinary People, del collettivo Franctis Dance Company. Splendida creazione dai toni inizialmente cupi, poi sempre più ironici e scanzonati, sembra giocare sull’imitazione del mondo naturale. I due performer, Marco Di Nardo e Juan Tirado, si muovono ora a specchio, ora asimmetricamente, ora si rincorrono; i corpi dei danzatori si sovrappongono producendo il profilo di un terzo corpo, la cui figura rimanda simbolicamente a flora e fauna di un universo immaginifico.

Seguono alcuni estratti di After the Party – A Duet for One Dancer, dello spagnolo Thomas Noone. Coreografo, interprete e manovratore, Noone divide la scena con un puppet in gommapiuma che ha le sue stesse sembianze. L’illusione è quella di avere di fronte i busti di due gemelli siamesi, con un unico bacino e un unico paio di gambe. Il coreografo, guidato dalla puppetry coach Duda Paiva, dialoga costantemente con il suo doppelganger iper-realistico, che non può sottrarsi alla convivenza forzata.

La terza coreografia, Amaranthine, è a cura degli inglesi Kevin Edward Turner e Navala ‘Niku’ Chaudhari, produzione Company Chameleon. Presentata per la prima volta a Roma, la performance non si distacca dalla tradizione contemporanea del pas de deux: una coppia (Alice Bonazzi e David Colley) in conflitto che si riappacifica nella conclusione.

La serata si conclude con un’altra prima romana: Ascent di Mauro Astolfi, produzione Spellbound Contemporary Ballet. Sin dai costumi, la performance si sviluppa sul principio dell’alternanza tra due poli sempre agli antipodi: bianco e nero, attrazione e repulsione, femminile e maschile, serio e faceto, luce e ombra. Bravissimi gli interpreti, Mario Laterza e Giuliana Mele, sostenuti dall’impeccabile disegno luci firmato da Marco Policastro.

Gli ultimi quattro giorni dell’iniziativa sono invece riservati al programma firmato dai coreografi Mauro AstolfiMarcos Morau e Marco Goecke. Tre autori molto diversi tra loro, seppur contraddistinti da tratti comuni: gesti precisi, partiture dense, uno stile sempre inconfondibile.

Il nuovo progetto a soloUnknown Woman, di Mauro Astolfi, apre la serata. Una coreografia perfettamente equilibrata, fluida e ben strutturata, che indaga agilmente e con eleganza i meandri del femminile. L’interprete è Maria Cossu, danzatrice dalle doti straordinarie, dalla tecnica sapiente ma con uno stile sempre fresco, che collabora da ormai venti stagioni con Spellbound.

Anche il secondo pezzo, questa volta corale, è firmato da AstolfiWonder Bazaar si interroga invece sulla relazione uomo-macchina, con una prospettiva politica che osserva con angoscia la società in cui viviamo. La coreografia, che coinvolge nove interpreti dell’organico di Spellbound, è chiarissima e inequivocabile: ritmo serrato, partiture robotiche, movimenti rapidi ma spesso asettici, disumani, come di vetro. L’intreccio drammaturgico delinea l’alienazione tecnologica, indicando vittime e carnefici in un setting scenografico volutamente desueto. L’apice è raggiunto nei momenti d’ensemble, in cui l’atmosfera angosciosa è sospesa e lascia spazio a orizzonti di speranza.

Segue un altro progetto a solo, questa volta maschile: l’acclamato Affi, una delle creazioni di maggior successo internazionale di Marco Goecke su musiche di Johnny Cash. Una coreografia allegra e provocatoria, nel repertorio dello Scapino Ballet di Rotterdam dal 2006 e passato negli anni nelle grandi città di tutto il mondo, da New York a Istanbul. Il pezzo è affidato alla tecnica vivace o originale di Mario Laterza.

Infine, il programma di conclude con Marte, nuovo lavoro del coreografo catalano Marcos Morau per Spellbound Contemporary Ballet. Una riflessione lirica sul piacere, sul desiderio, sulla tensione, che attinge a un immaginario onirico e che ricorda i toni suggestivi e simbolici della poetica di David Lynch. La coreografia scandaglia il conflitto tra individuo e collettività, in una dimensione astratta che gioca sul monocromatismo.

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