Per un’unica replica Fratto_X di Flavia Mastrella e Antonio Rezza fa eco nel Teatro Palladium, in programmazione il 13 Novembre all’interno del progetto Audience Revolution (dal 15 Ottobre al 12 Dicembre presso il Teatro Palladium di Roma), iniziativa promossa dalla Fondazione Roma Tre Teatro Palladium, con il sostegno del MiC e con la direzione artistica di Alessandra De Luca.
L’intenzione del progetto è quella di creare una solida rete relazionale tra i giovani spettatori, attraverso un percorso laboratoriale e di incontri organizzato attorno ai quattro spettacoli che ne formano la programmazione fino a Dicembre. Il prossimo appuntamento, nonché quello di chiusura, sarà Parlami Terra, da un’idea di Federica Migliotti, in scena il 12 Dicembre.
Fratto_X debutta nel 2012, dopo i consueti due o tre anni di lavoro che precedono l’incontro dei loro spettacoli col pubblico. Antonio Rezza e Flavia Mastrella lavorano insieme dal 1987, un tempo lungo abbastanza per ripetersi ogni giorno con più convinzione che il ragionamento va lasciato da parte, che le prove sono in realtà lunghi concerti di jazz e che solo l’intuito può dare forma all’impossibile. A tenerli uniti è la possibilità di poter scindere in due parti il processo creativo, il regalarsi uno spazio autonomo in cui Flavia Mastrella possa creare le ambientazioni che vestiranno il palcoscenico, quasi sempre figlie di una duratura ricerca figurativa, mentre Antonio Rezza crea il testo.
È nella possibilità che il confronto fra le due parti non funzioni e la necessità di ricominciare da capo, che prendono vita le opere dei Rezza Mastrella, e fra queste Fratto_X.
L’invito che il duo fa è quello di abbandonarsi alla creazione, senza cercarvi un senso razionale che ne leghi le varie parti.
La scenografia di Fratto_X (o habitat, come preferisce chiamarlo la stessa Mastrella, per proteggerne la dimensione abitabile e non solo funzionale allo spettacolo) è composta da due teli estendibili che, assumendo la forma incrociata di un divieto, creano gli impedimenti fisici che ostacoleranno, vestiranno e stringeranno i corpi di Antonio Rezza e Ivan Bellavista che, però, ne sapranno abitare il sequestro.
L’idea dietro questi teli fa parte di un punto cardine del processo creativo, ovvero la riflessione sul digitale.
L’incipit visivo è quello dei fasci luminosi dell’universo urbano, immortalati da Flavia Mastella con una macchina fotografica durante i due anni di tournée precedenti al debutto, che in scena diventano materia e non più pixel.
L’intenzione del loro lavoro, infatti, è quella di rovesciare il digitale, materializzandolo per renderlo tangibile e vivo, mantenendone la vivezza cromatica e, se possibile, potenziandola.
Ad aprire lo spettacolo è proprio un robot su ruote telecomandato a distanza che gira in tondo sul palco per qualche minuto alla ricerca forsennata del nulla, fin quando Rezza ne ferma la corsa affermando che la spensieratezza vada stroncata alla nascita.
I teli diverranno vestiti, sacre sindoni, cappelli, ma soprattutto saranno la forma del linguaggio teatrale, l’incognita visiva (la X) che acquista senso e funzione, il chiodo che regge il quadro dell’irrequietezza e dell’assenza di una drammaturgia fatta di azioni consequenziali. Il martello che fissa il chiodo è Rezza che per tutta la durata della messinscena vi interagisce in maniera differente con ogni personaggio a cui presta la voce, frammentando così il profilo del reale attraverso la lente tagliente della follia ironica, pronta a ferire chiunque rincorra la ragione, ma anche a concedere l’angolo smussato a quanti vogliano ampliare il proprio spazio di visione e abbracciare la manipolazione dell’assodato.
E allora, fidandosi del caos, diviene possibile seguire l’invisibile filo che permette di veder dialogare chi non ha voce, di comprendere che suoni musicali senza partitura siano rimproveri di un genitore e accettare che Rita da Cascia sostenga che a tenere in piedi l’amore sia solo la prossimità residenziale tra due amanti e non la purezza di un sentimento.
Lo spazio creativo in cui Rezza e Mastella vivono è in un angolo al margine che concede, oppure obbliga, ad una distanza dagli spazi istituzionali e ai privilegi che essi offrirebbero: non ci sarebbe il corrente bisogno, ad esempio, di definirsi geni e vestire quei quotidiani abiti della consapevolezza d’esserlo, perché di certo lo saprebbero tutti.
Oppure è proprio per la possibilità concessa di essere geni sotto gli occhi di tutti che potrebbe non accorgersene nessuno. Più in generale se, come fosse un numero, Uomo fosse sopra e Uomo fosse sotto una linea retta che li divide, un Fratto lungo esattamente i centimetri necessari a separarli, essi si semplificherebbero e Uomo finirebbe per non esistere più.
Fratto _ X
di Flavia Mastrella e Antonio Rezza
con Antonio Rezza e con Ivan Bellavista
(mai) scritto da Antonio Rezza
habitat di Flavia Mastrella
assistente alla creazione Massimo Camilli
luci Mattia Vigo/ Luci e tecnica Daria Grispino
macchinista Andrea Zanarini
organizzazione generale Marta Gagliardi
una produzione RezzaMastrella, La Fabbrica dell’Attore, Teatro Vascello
Ben vengano tutti i progetti teatrali Una nota Il nota di plauso per Il modo
in cui è scritto questo articolo che spinge alla la curiosità di vedere lo spettacolo, grazie per l’attenta analisi…