Promise AMA ph. Andreas Etter

Corpi, desideri e stelle: Promise di Sharon Eyal per tanzmainz a Equilibrio 2022

Potenza, delicatezza, fisicità e sensualità. Promise, spettacolo firmato da Sharon Eyal per la compagnia tedesca Tanzmainz, è una danza veicolata dalle mille sfaccettature del corpo, quel corpo che contiene e restituisce in trasparenza gli stati emotivi e le passioni dell’essere umano.

Traducibile in italiano con promessa, impegno o speranza, la performance della coreografa israeliana – mai dimentica dell’esperienza nella Batsheva Dance Company, casa della tecnica Gaga, dove ha lavorato prima come danzatrice e poi come direttrice artistica associata e coreografa – è leggibile (ed estremamente godibile!) nelle tre sfumature: i setti corpi dei danzatori della Tanzmainz, fasciati da aderenti body color indaco pastello, esistono e si muovono l’uno per l’altro, senza per questo mai cadere in giochi di ruolo. Anzi, durante i cinquanta minuti di spettacolo, la coreografia è puntinata da momenti di assolo, duetti e terzetti, che non fanno altro che dar forza all’ensemble, in tal modo sempre al centro del discorso grazie a un gioco di chiaro scuro mai banale.

ph. Andreas Etter

È un continuo farsi e disfarsi di forme, di corpi che giocano sulle distanze e con le distanze (per lo più molto ravvicinate), per donare una visione d’insieme dinamica e mai uguale a se stessa. Un perenne stato di trasformazione della materia pervade l’atmosfera onirica presente nella Sala Petrassi, dell’Auditorium Parco della Musica in occasione del festival Equilibrio 2022, quest’anno curato da Emanuele Masi. Una materia che rimane costantemente nella sua solidità, ma che, grazie alla plasticità dei corpi, è in un continuo ribollire, in un canale di espressione sempre aperto tra dentro e fuori, tra intimità e spazio circostante. In questa ricerca di organicità organica la firma di Sharon Eyal è ormai diventata iconica: dai lavori della sua compagnia L-E-V- Sharon Eyal | Gai Behar, alle commissioni con alcune tra i più importanti ensemble di danza internazionali, fino alla collaborazione con Maria Grazia Chiuri nella realizzazione delle suggestive sfilate Dior, la visione e lo stile di Sharon Eyal sono riconoscibili e riconosciuti. C’è il corpo; il corpo in tutta la sua materialità ed evanescenza; il corpo nei suoi amori e nelle sue lotte.

Eccolo anche in Promise a combattere per emergere per quello che è: un corpo che è Corpo. Il che non significa ignorare il lato umano o quello più emotivo, anzi. In Promise le passioni filtrano senza difficoltà tra la pelle dei danzatori, che sono forme informi ma sempre umane. Ci sono infatti i simboli, i gesti che rimandano a un immaginario iconografico che riconosciamo, se vogliamo anche immediato e senza fronzoli: ecco che in un serrato montaggio di immagini mai definitive e sempre mutevoli compaiono piccoli movimenti ritmici delle spalle collegati a micro ondulazioni delle braccia dalla linea piegata e conclusa con le mani chiuse a pugno; come compare anche un grande cuore disegnato dagli arti superiori degli interpreti, che sovrapponendosi l’uno all’altro ricreano una figura dai contorni pulsanti; si ripete in modo ipnotico anche un delicato gesto che ricorda teneri baci mandati a qualcuno, come pure permane nella mente dello spettatore quella postura del busto così tenuta propria dei balli di coppia, dove la tensione tra amore e lotta si risolve in un gioco di seduzione che oltrepassa il maschile e il femminile, oltrepassa il costrutto a due per arrivare a coinvolgere l’intero gruppo.

Promise in definitiva è – come riporta la sinossi dello spettacolo – “come un sogno”, tanto personale quanto collettivo: il senso di coralità non viene mai meno e anche quando alcuni dei danzatori, come schegge luminose, si staccano dal gruppo, il loro continuo orbitare nello spazio circostante rende fortemente percepibile l’attrazione nei confronti dell’Altro (gli altri), che non può che risolversi con una nuova amalgama dell’ensemble. È il desiderio che prevale: il desiderio di esistere in quella solitudine che non è mai fine a se stessa, ma che porta alla ribalta il senso di essere per sé per essere per l’altro.

In quella black box che nel corso della performance si illumina grazie a tante piccole luci a sospensione, Promise è una poesia ipnotica che sembra strizzare l’occhio in modo fine ed elegante all’universo post pandemico:

“in un mondo tenebroso, alla mercé l’uno dell’altro, reclusione e amore, vicinanza e desiderio, estasi e solitudine”

vivono sotto uno stesso cielo stellato, che si accende mano a mano, portando sempre più alla luce quei corpi dai teneri tormenti.

ph. Andreas Etter

Grazie alle composizioni musicali di Ori Lichtik, che spaziano dall’elettronico a sonorità più classiche, e che sostengono la scena creando un’atmosfera densa e imprevedibile, e alla danza così intima e dai ritmi così organici di Amber PanstersMaasa SakanoMarija SlavecZachary ChantFinn LakebergCornelius MickelMatti Tauru, Promise riparte dal corpo. Da quel corpo, che è uno e molteplice, che è origine e fine e che si arrende, uscendo da vincitore, alle astrazioni concettuali che troppo spesso allontanano il pubblico dalla danza contemporanea.

E difatti una lunga serie di applausi, sentiti e quasi liberatori, portano a compimento la catarsi danzata di Promise, di fronte a cui sembra risuonare quel “E quindi uscimmo a riveder le stelle” alla fine dell’Inferno dantesco.

Qui le stelle sono dentro, all’interno di una sala teatrale. Sarà forse un caso?


Coreografia Sharon Eyal 
Consulente artistico Gai Behar
Costumi Rebecca Hytting
Composizione Ori Lichtik 
Scenografia e luci Alon Cohen
Assistenti alla coreografia Rebecca Hytting, Keren Lurie Pardes
Direttore delle prove Natalia Rodina
Interpreti Amber Pansters, Maasa Sakano, Marija Slavec, Zachary Chant, Finn Lakeberg, Cornelius Mickel, Matti Tauru
Direttore di tanzmainz Honne Dohrmann
Responsabile di produzione Lisa Besser
Assistente di direzione Hannah Meyer-Scharenberg
Responsabile del tour Maria Eckert
Allestimento palco e suono per il tour Bertil Brakemeier
Direttore di scena per il tour Matthew Tusa 
Una Produzione dello  Staatstheater Mainz
Photo Credits Andreas Etter

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