L’opera è incentrata attorno al suicidio di un uomo, chiamato da tutti Il Professore; a partire da questo avvenimento la famiglia, la governante e i conoscenti iniziano a fornire al pubblico informazioni sulla sua vita e discutono sui motivi che lo hanno spinto a compiere un atto così estremo.
Inizia dunque un lungo dialogo tra i personaggi, una discussione incentrata sul contesto storico in cui vivono che è ancora molto legato al clima di tensione e violenza che aveva caratterizzato gli anni della Seconda Guerra Mondiale. Significativo è il punto di vista dello zio Robert che parla di una «cloaca spiritualmente vuota», facendo così riferimento all’assurdità e alla decadenza della società europea in generale e di quella austriaca in particolare, dovuta alla mancanza di nuovi e concreti ideali e al persistere, invece, di odio e violenza. Segue poi un giudizio critico nei confronti della classe politica che si è formata nel dopoguerra e ancora troppo legata al passato nazionalsocialista.
La vicenda si inserisce, infatti, nell’Austria degli anni ‘80, dove il lascito nazista è particolarmente forte e l’antisemitismo circola ancora. È dunque molto difficile, per chi ha vissuto in prima persona quel periodo, continuare a resistere in un clima di odio e paura. In questo contesto, quindi, il suicidio del Professore è interpretato come gesto di esasperazione, ma anche e soprattutto di ribellione e liberazione; infatti, neanche l’opportunità di fuggire da Vienna e tornare in Inghilterra è in grado di salvarlo.
Le voci che si erano sentite il 15 marzo 1938 in Piazza degli Eroi, quando Hitler annunciò l’annessione dell’Austria alla Germania, risuonano ancora nella mente del Professore, così come in quella della moglie e del fratello Robert a prescindere da quanto lontano possano fuggire.
Le grida inneggianti a Hitler di quel marzo di 50 anni fa possono essere considerate il fulcro attorno al quale si delinea la vicenda, perché sono così radicate nella memoria dei sopravvissuti che continuano ad emergere e a tormentare i personaggi dell’opera. Quest’ultimi sono condotti da quelle voci ossessive alla follia, alla disperazione e alla rassegnazione e neanche il suicidio del Professore sembra arrestarle.
La bravura degli attori contribuisce a trasmettere al pubblico la drammaticità di questo testo; nel cast compaiono, infatti: Renato Carpentieri (Robert Schuster), Imma Villa (Signora Zittel), Betti Pedrazzi (Signora Schuster), Silvia Ajelli (Anna), Paolo Cresta (Lukas), Francesca Cutolo (Olga), Stefano Jotti (Signor Landauer), Valeria Luchetti (Herta), Vincenzo Pasquariello (Pianista) ed Enzo Salomone (Professor Liebig).
Inoltre, le scenografie di Gianni Carluccio, estremamente dettagliate contribuiscono a far immergere gli attori in un’atmosfera grigia e uggiosa che ben si accosta alla drammaticità dei temi affrontati. Le foglie secche che cadono lente dagli alberi e il temporale che si sente rumoroso dalle finestre dell’appartamento accompagnano le lunghe conversazioni dei personaggi, aderendo perfettamente al loro stato mentale.
Infine, questa è la prima volta che Piazza degli eroi viene rappresentato nei teatri italiani; infatti, come sostiene lo stesso regista, la portata del messaggio fortemente politico e sociale del testo è universale. La Vienna di Bernhard, in realtà, può essere paragonata a una qualsiasi città europea, così come anche le voci che riecheggiano nella mente dei personaggi possono essere le voci che circolano tra coloro che «nell’Europa smarrita di oggi invocano l’uomo forte, un regista che li sprofondi definitivamente nel baratro».
Piazza degli Eroi
di Thomas Bernhard
traduzione Roberto Menin
regia Roberto Andò
con Renato Carpentieri, Imma Villa, Betti Pedrazzi, Silvia Ajelli, Paolo Cresta, Francesca Cutolo, Stefano Jotti, Valeria Luchetti, Vincenzo Pasquariello, Enzo Salomone
costumi Daniela Cernigliaro
aiuto regia Luca Bargagna
BIBLIOGRAFIA
note di regia a cura di Roberto Andò