Quante volte nel corso della vita ci è capitato di ascoltare storie raccontate da qualcun altro? Ci sono le favole, intrise di paesaggi fantastici e fantasiosi; i racconti dei nonni, che non mancano un momento per ricordare qualche aneddoto del loro passato; ci sono anche quelli ascoltati prima di addormentarsi, mentre qualcuno più grande di noi seduto scomodamente ai piedi del letto si inerpica in storie improvvisate più o meno aderenti alla realtà; ci sono le storie lette dal maestro o dalla maestra delle scuole elementari, generalmente con una morale forte; o anche quelle degli amici di ritorno dalle vacanze… Ci sono poi le radio a cui oggi si sono aggiunti i podcast.
Fin dall’infanzia viviamo in un universo pieno di storie, miti, favole e ricordi che ci toccano e ci entrano dentro creando col tempo un immaginario fatto di voci altrui.
Cosa succede se però oltre alla voce, oltre alle parole, ci troviamo di fronte a un racconto danzato? Cosa si insinua nella pelle di un corpo in movimento che parla al di là della verbalità del discorso? Cosa accade se una personalità forte e carismatica come quella di Cristiana Morganti mette a disposizione tutta se stessa, con la sua danza di parole e gesti, per raccontare Pina Bausch, la rivoluzionaria coreografa tedesca, avvolta in un alone di mito, mistero e fascinazione?
Accade la magia.
Moving with Pina, già presente undici anni fa all’Auditorium Parco della Musica, e riportato in scena in occasione del Festival Equilibrio lo scorso 19 febbraio, crea la magia. C’è da dire innanzitutto che il programma del festival prevedeva un altro lavoro della Morganti (Another round for five), un quintetto rimasto prigioniero delle implacabili maglie del Covid e per questo sostituito con l’assolo. Ed ecco la prima magia: gli animi del pubblico, delusi non tanto dall’improvviso cambio di programma, quanto piuttosto dall’ennesima triste prova dell’influenza della pandemia sul teatro, non appena Cristiana Morganti entra in scena, si rinvigoriscono, affidandosi completamente alla presenza della performer: dopo un primo assolo, la Morganti, racchiusa in un lungo abito rosso, prende la parola, seduta su una sedia, unico oggetto di scena accanto a due paia di scarpe col tacco. È un fiume in piena che raggiunge senza freni le sponde della platea, da cui si levano risate immediate: la relazione con il pubblico si è ormai instaurata e da quel momento in poi il suo monologo, che intervalla movimento a parole, appare più come una conversazione tra amici, un tête-à-tête tra amanti del teatro o tra chi ha una conoscenza in comune. Inizia un lungo viaggio, fatto di momenti più ironici e attimi più riflessivi, in cui Cristiana Morganti scoperchia il vaso della sua memoria, non solo di interprete ventennale della compagnia del Tanztheater Wuppertal di Pina Bausch, ma anche di quella più privata e personale: ne deriva un quadro caleidoscopico, dalle sfaccettature riflettenti che mettono in dialogo arte e vita, precisione e libertà, creazione scenica ed esperienze quotidiane e -ovviamente- anche razionalità ed emozione.
Ripercorrendo alcuni dei lavori di Pina Bausch (tra cui Café Müller, Kontakthof, Agua, Le Sacre du Printemps, Walzer), tappe fondamentali della storia della danza, la Morganti ci fa accedere a un mondo di cui gli appassionati ne conoscono solo la superficie. È un mondo fatto di prove interminabili (nel senso che davvero non finiscono nel momento del debutto), di “critiche” e correzioni continue, di silenzi che parlano più di ogni altra cosa, ma soprattutto di osservazione. Ci confessa Cristiana Morganti che Pina Bausch era un’osservatrice fuori dal comune, con una «ventina di sensi»: osservava con tutto il corpo, percepiva attraverso un apparato sensoriale illimitato, ascoltando i suoni prodotti dai passi degli interpreti, lasciandosi accarezzare dall’aria prodotta dal movimento, vedendo anche ciò che non si vede …Una sensibilità extra-ordinaria, che derivava in primo luogo dal suo essere danzatrice. Ed ecco qui una seconda magia che contiene al suo interno un altro elemento sensazionale: come d’incanto le parole di Cristiana Morganti trasportano il pubblico di fronte a Pina Bausch; non il suo simulacro, ma senza chiudere gli occhi, con un volo immaginario inaspettato, ci si ritrova davanti a Pina Bausch in carne e ossa. La si vede lì, in sala prove mentre si alza dalla sedia e inizia a danzare e (qui risiede la magia nella magia) se ne riesce a percepire un’energia che va al di là dei confini fisici e che vibra tutto attorno. L’essere una danzatrice eccezionale è un nucleo prezioso, una cellula immortale che Pina non ha mai dimenticato durante il suo percorso registico: dal rispetto con cui trattava gli interpreti alla fondamentale necessità di verità e urgenza nel movimento, Pina Bausch è sempre stata danzatrice.
E Cristiana Morganti, dismesso il vestito rosso e indossata un comodo abbigliamento da training, ricorda le sue parole, alcune delle famose domande della coreografa del Tanzatheater poste alla compagnia durante le fasi di creazione, ma ricorda soprattutto come per Pina autenticità e onestà siano il ponte per instaurare un rapporto con il pubblico. Nessun barocchismo. Ogni movimento- da quello più quotidiano a quello più “tecnico”- trova ragion d’essere nella sua funzionalità, intensità autentica e precisione. Si tratta di quella «drammaturgia emotiva» in grado di appagare chi è in scena e chi osserva la scena attraverso la verità delle sensazioni. È la presenza. È il teatro che inizia nella vita.
I confini tra teatro e vita sono labili, quasi sfumati. E, come nel lavoro di Pina Bausch spesso i gesti vengono decontestualizzati e trasformati in danza mantenendo però un appiglio con il loro ambiente d’origine, così in Moving with Pina ogni parola, ogni movimento di repertorio presentato da Cristiana Morganti assume sulle tavole della Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica un significato nuovo, tuttavia sempre legato- rispettosamente e anche nostalgicamente – al Tanztheater di Pina Bausch.
Non appare quindi immotivato (anzi!) l’avvio di questa «conferenza danzata» (come la definisce la stessa autrice), durante il quale la Morganti si abbandona a un primo ricordo: “Tu, Cristiana, che ami tanto parlare, perché danzi?”. Questa domanda, all’apparenza così semplice, contiene Pina Bausch e Cristianuccia (così era chiamata la Morganti dalla regista). Contiene tanto il Tanztheater (con il focus continuo sul perché si danza, sulla sua necessità) quanto l’assolo di Cristiana Morganti.
Moving with Pina, anche con la sua struttura così leggibile, con le sue parole così dirette e trasparenti, con i suoi attimi nostalgici ma mai in preda alla tristezza, con i suoi momenti di assolo completamente introiettati nel corpo dell’interprete, ma anche con l’onestà (divertente e divertita) della Morganti che fa fatica a entrare nello stretto vestito rosso e con le parole di stima per i danzatori di Another round for five obbligati- i più fortunati- a vedere il palco seduti in platea, è Cristiana e Cristianuccia. O forse, è la Cristianuccia che continua a vivere in Cristiana, una Cristiana che danza, sì, ma che parla anche poiché ama tanto parlare.
Ma ecco un’altra magia: le parole sono chiare, ma non spiegano del tutto. Ciò che spiega davvero, ciò che spiega con verità e onestà, è la danza. Pare che a Cristiana Morganti, interprete dalla naturale personalità catalizzatrice di empatia, non bastino né la danza né le parole: il discorso è nel corpo, un corpo che è strumento di entrambe le forme di comunicazione.
In Moving with Pina è la trasmissione orale- cui fa parte anche la danza- a fare da padrona; è l’incorporazione di ciò che è per sua natura evanescente. Torna in mente la nozione di archivio secondo Foucault, quell’archivio trasformativo che ne L’archeologia del sapere è descritto in questi termini: «L’archivio non è ciò che salva, malgrado la sua fuga immediata, l’evento dell’enunciato e conserva il suo stato civile di evaso per le memorie future; è ciò che, alla radice stessa dell’enunciato-evento, e nel corpo in cui si dà, definisce fin dall’inizio il sistema della sua enunciabilità. L’archivio non è neppure ciò che raccoglie la polvere degli enunciati ridiventati inerti e permette il miracolo eventuale della loro resurrezione, è ciò che definisce il modo di attualità dell’enunciato-cosa; è il sistema del suo funzionamento». È una riflessione vicina al successivo concetto di “repertoire” di Diana Taylor: Moving with Pina è una raccolta di pratiche orali in cui centrale non è tanto l’oggetto in sé (in questo caso i pezzi del Tanztheater ri-portati in scena), quanto la presenza della Morganti, la presenza del suo corpo di fronte a noi che trasforma sotto i nostri occhi e riattualizza le azioni performative. Non è una semplice catalogazione di estratti iconici di Pina Bausch, ma nelle parole e nei movimenti di Cristiana Morganti si legge un’indagine, una ricerca personale per ricomporre i pezzi secondo una propria visione autoriale, secondo una scala di significati (razionali ed emotivi) propri. Ci sono domande, risposte e apertura ad altre domande. C’è il percorso di conoscenza artistica e umana che Cristiana Morganti ha intrapreso nel 1993 con il Tanztheater e su cui ancora oggi riflette e si interroga.
Moving with Pina è Cristiana che prende per mano Cristianuccia, ma chi racconta, chi è lì di fronte alla platea gremita di pubblico è Cristiana. Moving with Pina in fin dei conti è la storia che vorremmo tutti ascoltare, vedere e sentire: un racconto nel racconto in cui Cristiana Morganti utilizza la danza come strumento che racconta quel corpo apparentemente silente, attraverso immagini e ricordi tanto individuali quanto universali.
CRISTIANA MORGANTI
MOVING WITH PINA
Una conferenza danzata sulla poetica, la tecnica, la creatività di Pina Bausch
direttore tecnico Simone Mancini
produzione il Funaro – Pistoia
distribuzione in Italia Roberta Righi
con l'appoggio e il sostegno della Pina Bausch Foundation – Wuppertal