La compagnia Fort Apache Cinema Teatro diretta da Valentina Esposito va in scena al Teatro India con Destinazione non umana, spettacolo che attraverso le fragilità dei personaggi fa riflettere sui meccanismi che governano le nostre scelte e il nostro destino, sia come singoli che come collettività.
Destinazione non umana è soltanto l’ultimo capitolo di un processo di lavoro che la regista Valentina Esposito porta avanti con determinazione ormai da più di vent’anni, in una produzione teatrale particolarmente sensibile alle problematiche sociali. Nel 2014 infatti, dopo una lunga esperienza teatrale all’interno delle carceri, nasce la volontà di creare Fort Apache Cinema Teatro, ovvero una compagnia composta principalmente da attori ex detenuti e detenuti in misura alternativa.
Destinazione non umana è già di per sé un titolo evocativo, semplicemente leggendolo provoca un meccanismo inconscio e una focalizzazione del pensiero che sfocia in auto-interrogazione spontanea. Oggi più che mai.
La storia è quella di sette cavalli da corsa in attesa della macellazione, che si ritrovano a fare i conti con sé stessi, costretti, non per loro volontà, a vivere gli ultimi istanti della vita tutti insieme, pur rimanendo ognuno nella propria nicchia-bara-cella. A distinguerli non nomi, ma numeri e colori, nell’allegorica lettura di una crisi identitaria e di una perturbazione emotiva diversa per ognuno, ma condivisa da tutti.
Ai setti uomini anziani immobili, fermi e inchiodati alla brevità dell’esistenza si affiancano sette giovani ragazzi con la loro fresca corsa alla vita in un riuscito meccanismo di flashback. Questo salto temporale nel passato permette ai protagonisti di analizzare, criticare, accettare e respingere la loro esistenza con tutto il peso e la responsabilità che la vita impone, in una continua lotta tra destino e scelta.
La predestinazione dei giovani ragazzi a una corsa continua e la loro volontà nel perseguirla, è lo specchio della società dai ritmi incessanti in cui siamo immersi al giorno d’oggi, dove l’uomo combatte una continua insicurezza sociale ed economica in un contesto sempre più esigente e perfezionista. È così che l’uomo si ammala, nella sua interazione biologica, psicologica e sociale con una società che è malata alla sua base. Per questo gli anziani cavalli in attesa della morte fanno i conti con una precarietà soltanto più evidente, ma che in realtà ha sempre caratterizzato la loro intera esistenza.
Tre donne e una bambina sono gli altri personaggi che contribuiscono allo svolgimento della storia. Le tre donne, che rappresentano delle cavalle fattrici, utilizzano la parola e il movimento del corpo riuscendo a delineare con grande energia i loro caratteri e i loro sentimenti.
Il linguaggio di tutti i personaggi è diretto e senza filtri. I dialetti, romano per i protagonisti maschili e napoletano e barese per le protagoniste femminili, rendono immediato il coinvolgimento del pubblico, che quasi si immedesima in quello che vede e sente. La territorialità dialettale scompare per dare spazio ai dolori dell’umanità. Nonostante ognuno di noi soffra in un modo diverso, ci sono sentimenti come il dolore, la rabbia, il rimpianto o eventi come la sconfitta e la morte che ci rendono tutti uguali. È il simbolo di una comune fragilità, una fragilità poliedrica che si dirama diversamente nei meandri più profondi di ogni individuo.
Destinazione non umana è anche la frase che ripete ogni singolo personaggio nel presentare la sua storia. È la costante di questo spettacolo, il movimento continuo tra pensiero e coscienza. È la destinazione come fine, o come nuovo inizio. L’inizio di una possibile vita o l’alternativa alla vita che si è vissuta fino a quel momento, in un’eterna lotta tra il destino e volontà.
La scenografia di Edoardo Timmi, le musiche di Luca Novelli e le luci di Alessio Pascale, contribuiscono con delicatezza e senza eccessi a creare un’atmosfera che, insieme alla complessità dei temi trattati, concorre alla riuscita dello spettacolo nella sua interezza.
Chi ha avuto o avrà il piacere di assistere a uno spettacolo di questa compagnia non potrà non essere d’accordo sul fatto che ci si trovi di fronte ad attori di ottimo livello, incredibilmente centrati su quello che fanno.
Non è scontato, perché quando c’è l’occasione bisogna risaltare e rendere merito a un lavoro serio con la stessa cura e la stessa energia con cui siamo soliti urlare contro tutto ciò che non è di nostro gradimento.
Ahimè in scena in giorni particolarmente delicati per tutti, dove il mondo è in completo sgomento, oggi più che mai la destinazione che sembra aver preso l’umanità non ha niente di umano.
Destinazione non umana
scritto e diretto da Valentina Esposito con Fabio Albanese, Alessandro Bernardini, Matteo Cateni, Chiara Cavalieri Christian Cavorso, Viola Centi, Massimiliano De Rossi, Massimo Di Stefano Michele Fantilli, Emma Grossi, Gabriella Indolfi, Giulio Maroncelli, Piero Piccinin Giancarlo Porcacchia, Fabio Rizzuto, Edoardo Timmi costumi Mari Caselli trucco Mari Caselli ideazione scenografica Valentina Esposito scenografia Edoardo Timmi musiche Luca Novelli luci Alessio Pascale fotografo di scena Jo Fenz assistente costumista Costanza Solaro Del Borgo assistente al trucco Simona Prundeanu fonico Luigi Di Martino organizzazione Ilaria Marconi, Giorgia Pellegrini, Martina Storani Ufficio Stampa Carla Fabi, Roberta Savona Una produzione Fort Apache Cinema Teatro In collaborazionecon Ministero della giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale del Lazio, Sapienza Università di Roma, Atcl – Spazio Rossellini Polo Culturale Multidisciplinare della Regione Lazio, Artisti 7607, CAE Città dell’Altra Economia di Roma.
Grazie alla recensione dettagliata di Sabrina Sabrina , dello spettacolo “Destinazione non umana” ,emerge ed arriva al lettore , pur non avendo visto lo spettacolo , la profonda riflessione che attraversa i personaggi in procinto di morire , ripercorrendo la loro vita frenetica .
La vita , purtroppo di ogni individuo scorre velocemente e spesso bisogna trovare un compromesso tra volontà e destino , facendo riferimento al titolo della recensione di Sabrina.
Leggendo la recensione ho pensato ad una poesia di Antonio De Curtis , in arte Totò , il quale nella poesia “ A livella “ con ironia e leggerezza tipica di Totò affronta il tema della morte, ricordando come al di là delle professioni e posizioni che occupiamo in vita, in fondo davanti passo siamo tutti uguali e umani.
Come dice Sabrina in un momento storico così delicato che sta turbando il mondo : RESTIAMO UMANI.
W il teatro.
Errore di battitura *dinanzi alla morte*