Fort Apache Cinema Teatro Destinazione non umana

Da una reclusione disumana alla libertà teatrale: un cambio di destinazione

Dal 22 al 27 febbraio a Roma è andato in scena al Teatro India Destinazione non umana, l’ultima produzione teatrale della compagnia Fort Apache Cinema Teatro. Scritto e diretto da Valentina Esposito lo spettacolo ha travolto il pubblico con un’energia trasbordante, lasciandolo con delle riflessioni aperte su quanto sia difficile stare soli e affrontare ogni giorno la corsa della vita nonostante la consapevolezza della fine.

Nei freddi corridoi del Teatro India prima dell’ingresso in sala crece l’attesa per Destinazione non umana, messinscena di Valentina Esposito, che ormai da quasi otto anni porta avanti un’esperienza rivoluzionaria nel panorama teatrale italiano. L’obiettivo è quello di riuscire a far convivere sulla scena attori ex detenuti o detenuti in misura alternativa con attrici professioniste; in un processo di lavoro che vede tutti protagonisti, anche nella creazione stessa del testo. Molte delle scene che la regista propone infatti, sono il frutto di una creazione collettiva inizialmente improvvisata che man mano va ad arricchire la struttura drammaturgica. Infatti, per Valentina Esposito l’aspetto fondamentale è la libertà espressiva degli interpreti, senza cui non si potrebbe arrivare a un dramma così denso emotivamente, talmente energico da lasciare quasi sgomenti.

La favola che ne è uscita fuori oscilla tra il passato e il presente di sette cavalli antropomorfi: prima giovani vivaci, vigorosi e lanciati sulla pista senza neanche sapere bene perché; adesso invece vecchi e decrepiti, azzoppati  o smemorati, frustrati e lamentosi, in attesa di una fine che non sembra arrivare mai.  

Fin da piccoli sono stati costretti a correre, su una pista dove le amicizie si dimenticano presto  perché nella corsa solo uno può vincere. Una battaglia continua di tutti contro tutti, con una meta che non si riesce a vedere, rischiando ogni giorno la vita soltanto per cinque minuti di gloria. Ma la fine arriva per tutti, ci si illude di poter controllare la propria vita, eppure c’è sempre qualcosa di imprevedibile che sfugge al nostro controllo.

Questi cavalli imbizzarriti e affannati a gareggiare non sono così distanti dagli esseri umani. Uomini e donne che stanno perdendo la loro destinazione originaria, inibendosi con tutti i piaceri che gli capitano sottomano pur di continuare di allontanare la sofferenza e un futuro sempre più incerto. Correre a testa bassa, correre a perdifiato lungo quella linea prestabilita senza avere la possibilità di cambiare strada.

Destinazione non umana
Destinazione non umana

In una composizione scenica sfaccettata, tra monologhi con sottofondi lugubri, rumori metallici e salti temporali si affiancano ai protagonisti  anche tre donne, corrispettivo femminile primordiale di questo universo rozzo, sporco e marcatamente maschile. Sono le cavalle fattrici, che per tutta la loro vita sono costrette a sfornare cavalli di razza, predestinate anch’esse a una meccanicità che le aliena. Tra loro spicca Agata, interpretata da Viola Centi, la cavalla da monta del numero uno – da giovane Alessio Bernardini e da vecchio Giancarlo Porcacchia – il vincente che dopo essersi azzoppato vive tormentato per non essere stato abbattuto. Agata lo accudisce con amore fino a quando non è costretta ad abbandonarlo finendo per impazzire.  Folle si abbandona in una danza sconnessa, prima di spiccare il volo e fluttuare nel vuoto, appesa proprio al gancio dell’ammazzatoio.

Nonostante in alcuni momenti la tensione drammatica sia stata esasperata, il sentimento e l’incisività degli interpreti hanno fatto sì che lo spettacolo non crollasse sotto il peso della sua stessa grande sostanza. Sulla scena, in un’atmosfera desolata e marcatamente intrisa di pathos, sono gli attori stessi lo spiraglio di luce. Gli attori in quanto essere umani, testimoni in prima persona che il palcoscenico è il luogo migliore dove potersi ripensare.

Il teatro si riafferma in tutta la sua importanza come luogo della libertà pressoché totale, dove non è importante chi tu sia e da dove tu provenga, conta soltanto la tua energia umana e il modo che hai di esprimerla.  Per questo anche il linguaggio romanaccio grezzo, rude e al limite della decenza dei cavalli, così come i riferimenti continui ai loro escrementi e simili, possono essere giustificati.

Questi elementi infatti oltre a rimandare a una cruda animalità, hanno soprattutto un legame diretto con il mondo brutale del carcere e con le difficoltà di chi è costretto a vivere recluso in dodici metri quadri con altre cinque persone. La mancanza di affettività e l’isolamento dal mondo in uno spazio angusto annullano la percezione del tempo, che rimane come sospeso. E quando si torna alla realtà l’etichetta dell’emarginazione rimane stampata addosso, come un cavallo marchiato a fuoco pronto per essere svenduto al primo offerente.

Eppure c’è un alternativa. La vitalità e la potenza con cui questi attori recitano diventa il simbolo di una volontà di riscatto, una voglia di liberarsi da tutto il male che si portano dentro. La sinergia che li lega indissolubilmente è la vera speranza di una destinazione che può cambiare rotta.

Nonostante il mondo stia prendendo una deriva tutt’altro che umana, è ancora possibile provare a condividere il proprio dolore, affrontare insieme la paura e la solitudine. D’altronde la vera sfida non è semplicemente trovare la propria identità, ma rendersi conto che l’equilibrio va continuamente ristabilito, perché siamo in continuo cambiamento. Anche perché, di predestinato, c’è solo la morte.              

Destinazione non umana
“Destinazione non umana” al Teatro India

Destinazione non umana

scritto e diretto da Valentina Esposito
con Fabio Albanese, Alessandro Bernardini, Matteo Cateni, Chiara Cavalieri
Christian Cavorso, Viola Centi, Massimiliano De Rossi, Massimo Di Stefano
Michele Fantilli, Emma Grossi, Gabriella Indolfi, Giulio Maroncelli, Piero Piccinin
Giancarlo Porcacchia, Fabio Rizzuto, Edoardo Timmi
fotografo di scena Jo Fenz
assistente costumista Costanza Solaro Del Borgo
assistente al trucco Simona Prundeanu
fonico Luigi Di Martino
organizzazione Ilaria Marconi, Giorgia Pellegrini, Martina Storani
Ufficio Stampa Carla Fabi, Roberta Savona
Una produzione Fort Apache Cinema Teatro
In collaborazionecon Ministero della giustizia - Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale del LazioSapienza Università di Roma, Atcl - Spazio Rossellini Polo Culturale Multidisciplinare della Regione Lazio, Artisti 7607, CAE Città dell’Altra Economia di Roma. Con il sostegno di Ministero della cultura, Regione Lazio, Fondi Otto per mille della Chiesa Valdese

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