Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori,
le cortesie, l’audaci imprese
Don Chisciotte sogna.
Il romanzo picaresco di Cervantes prende vita al Teatro Ambra Jovinelli con la regia di Roberto Aldorasi, Alessio Boni e Marcello Prayer.
Alonso Quijano ha perduto il senno, forse per un delirio pestilenziale, forse per aver letto troppi poemi cavallereschi, e quel senno perduto va ad animare Don Chisciotte, paladino della follia al servizio del nulla. Questa follia non si ritrova, però, in quel gioco di similitudini tra reale e immaginario che lo portano a vedere giganti nei mulini a vento o eserciti saraceni nelle pecore, ma nell’esasperata ricerca del senso del mondo. Il cavaliere errante è costretto a diventare personaggio del suo stesso libro per rievocare l’illusione di quell’epoca cortese in cui a governare il precario equilibrio delle relazioni umane erano le armi e l’amore. Nel libro di Cervantes emerge, però, una profonda riflessione che prescinde l’epoca e indaga la mutevole realtà del mondo nei suoi rapporti sociali e politici.
I registi hanno quindi adottato una marcata posizione stilistica che richiama continuamente alla modernità, a partire dalla scelta di rappresentare l’opera di Cervantes come il sogno di un uomo in uno stato di incoscienza, aggrappato alla vita solo per l’intervento dei medici. Questo elemento compare due volte, in apertura e chiusura dello spettacolo, lasciandoci con un interessante interrogativo: è l’uomo contemporaneo a immaginarsi Don Chisciotte? O è il cavaliere che troppo innamorato della vita si proietta secoli e secoli avanti nel tempo, consapevole della sua eternità? Non è questo, però, l’unico modo in cui la regia ha deciso di richiamarci al presente: i personaggi, infatti, a partire dallo stesso Sancho Panza, colpiscono per i loro spiccati accenti dialettali ed espressioni dichiaratamente contemporanee che strappano facilmente una risata al pubblico. La scelta è sicuramente audace ma forse accessoria, un salvagente non necessario alla messa in scena già genuinamente divertente e incalzante. Nota di merito va infatti sicuramente al tono e ai tempi abilmente scanditi, mai monotoni, considerando i 120 minuti di durata dello spettacolo.
In scena otto attori si alternano in innumerevoli ruoli, anche un cavallo: il fido Ronzinante di Chisciotte, animato destramente da Biagio Iacovelli. Alessio Boni, Don Chisciotte, folleggia, volteggia ma non cade nel macchinoso: calza alla perfezione l’armatura dell’hidalgo rivelando con naturalezza il conflitto tra sogni e incubi che caratterizza il personaggio. Anche Serra Yilmaz affascina con il suo Sancho Panza e riesce sempre a strappare una genuina risata al pubblico.
Massimo Troncanetti stupisce con un’altra incredibile scenografia, satura di elementi e oggetti di scena ma sempre in perfetta coesione con il resto della rappresentazione. Coglie perfettamente quello spirito di trascendenza che non ingabbia il Don Chisciotte in un’epoca.
Il risultato è una messinscena onirica e genuina che inneggia al coraggio di restare fedeli ai propri sogni.
Don Chisciotte
Regia: Roberto Aldorasi – Alessio Boni – Marcello Prayer
Presentato da: Nuovo Teatro diretto da Marco Balsamo
Adattamento di: Francesco Niccolini
liberamente ispirato al romanzo di Miguel de Cervantes Saavedra
Drammaturgia di: Roberto Aldorasi, Alessio Boni, Marcello Prayer e Francesco Niccolini
Attori: Alessio Boni, Serra Yilmaz, Marcello Prayer, Francesco Meoni, Pietro Faiella, Liliana Massari, Elena Nico – Ronzinante: Biagio Iacovelli
Scenografia: Massimo Troncanetti
Costumi: Francesco Esposito
Luci: Davide Scognamiglio
Musiche: Francesco Forni