Nel visionario universo poetico di Mariangela Gualtieri, nasce Pinocchio. Un limbo tanto innocente quanto inquietante lo reclude in sogni di vita e di morte.
Il corpo di legno giace su una lettiga, coperto da un velo bianco e dall’innocenza di un essere che non è mai in divenire, ma sempre laggiù. Intrappolato in un mondo che non consente di evolversi: Pinocchio vuole scappare perché nelle sue gambe scorre un formicolio ingenuo di fuga solitaria.
Poesie di beata ingenuità si confondono con versi legati alla non esistenza e alla «sovranissima morte» recitate e scritte da Mariangela Gualtieri che modula la voce dell’unico personaggio parlante: la fatina. Interpretata da Chiara Bersani che nello spettacolo, rievoca simbolicamente l’infanzia e l’età adulta, dove si percepiscono urla di dolore sovrumano e risate di inquietante dolcezza. Vestita di bianco, la fatina assapora e descrive immagini di vita e di un mondo legato alla natura, ma anche un mondo al confine con l’inquietante «non esistenza».
Gli spettatori si immergono completamente in un vuoto assoluto dove fioriscono fiori e radici di un’essenza infinita e profonda tanto quanto l’essere umano. È proprio di questo che si parla: della fragilità e dei limiti degli uomini, di ire funeste e dolori espressi con il canto di Silvia Curreli e Elena Griggio. Emozioni forti che vengono, a loro volta, rappresentate con la musica dal vivo di Attila Faravelli, Ilaria Lemmo e Enrico Malatesta, che riproducono rumori e sentimenti umani con estrema maestria, immergendo lo spettatore nell’oltremondo e nella coscienza dello stesso Pinocchio.
Interpretato con grande espressività da Silvia Calderoni, con andatura cascante e ribelle si muove sul palcoscenico come un bambino appena nato che richiede amore. Movimenti sofferenti e calci tirati in aria come qualcuno che vuole scappare via da una prigione. Quella della vita o della morte? Il tutto articola in piroette e coreografie volutamente distorte per far intendere un desiderio inconscio di amare e sentirsi accolti. Poche sono le parole di Pinocchio, per lo più rappresentate dalla voce della coscienza della fatina che descrive l’amore con una sensibilità disarmante: si può sapere cos’è l’amore solo diventando «ciò che sta davanti a te», e dopo il nulla.
Pinocchio combatte amaramente i suoi impulsi: quando cade diverse volte dopo essersi scatenato, viene “coccolato” dalla fatina con parole argute e coraggiose, ma tremendamente vere che rischiano di scoraggiare chi «comincia ora».
«Di tutti gli animali sovrana io sono. Lumaca sono, lumaca che va molto piano. Ma lento qui non funziona». La fatina inneggia alla lentezza della vita e alla natura. Infatti, si descrive come un essere che non respira e che viene da lontano, tra due mondi contrastanti ma «se vai piano, diventi fecondo». Se ci si immerge nella vita con consapevole lentezza, ci si rafforza, perciò è una fonte essenziale per l’esistenza, come dice la fatina: «il bosco va molto piano ma dura».
La sofferenza di Pinocchio scava, nel corso dello spettacolo, in un’immensa profondità: a Pinocchio non sarebbe mai servito un abbecedario, ma qualcosa che andava al di là dell’istruzione, un inno alla vita e all’amore.
Una figura maschile forzuta, viene rappresentata dal Mangiafuoco interpretato da Matteo Ronconi: la mancanza della parola viene sostituita da un potente linguaggio del corpo che conquista lo spazio scenico. Egli disegna con precisione e tecnica, il personaggio della tradizione favolistica del Mangiafuoco, possente ed esuberante.
Fiori, reliquie di legno, luci fosche, una croce ricoprono la scena costruita da Mariacristina Navacchia come a voler ricordare un rito funereo, su cui campeggia una tela bianca ricoperta di sangue che rappresenta la morte di Pinocchio.
La regia di Ronconi incide sull’onirica rappresentazione, con voci deformate e amplificate e le luci che ritmano la visione in un climax ascendente e indomabile.
Requiem per Pinocchio parla di una furiosa ribellione, della rabbia e del dolore tipico di chi vuole fuggire da una prigionia chiamata morte, poiché tutto si presenta come una dissolvenza nel vento del destino. Riuscirà, Pinocchio, a fuggire dal buio?
CREDITI
regia, allestimento e luci Cesare Ronconi
testo originale Mariangela Gualtieri
con Chiara Bersani, Silvia Calderoni, Mariangela Gualtieri, Matteo Ramponi
e con, al canto Silvia Curreli, Elena Griggio
musiche dal vivo di e con Attila Faravelli, Ilaria Lemmo, Enrico Malatesta
collaborazione luci Stefano Cortesi
suono Andrea Zanella, Michele Bertoni
costumi Cristiana Curreli/ReeDo Lab
scultura in legno Maurizio Bertoni
oggetti di scena Mariacristina Navacchia
dipinti di scena Luciana Ronconi
cura e ufficio stampa Lorella Barlaam
consulenza amministrativa Cronopios
produzione Teatro Valdoca, ERT / Teatro Nazionale