Giorno #1
In una Palermo ammantata nell’incerto principio d’estate, al Teatro Libero torna il festival internazionale Presente Futuro dal 26 al 28 maggio. A meno di un anno di distanza – la scorsa edizione a causa dell’emergenza Covid si è tenuta a settembre – il teatro diretto da Luca Mazzone torna a ospitare giovani artisti per riflettere a partire dagli spettacoli in concorso sullo stato dell’arte, su danza, teatro, performance e circo. Undici compagnie in concorso concorrono per vincere l’ospitalità da parte di centri residenza. Al programma si aggiungono due progetti fuori concorso: In.contrastabile, spettacolo vincitore del festival nella scorsa edizione, e Underground, performance della compagnia Il mulino di Amleto in programma per tutte e tre le serate, ad apertura.
Per quel che riguarda i progetti in concorso, la prima serata ha ospitato quattro lavori molto diversi fra loro. Il primo è un progetto di circo contemporaneo: Wake up! il dramma di una ragazza, Rosa di nome e di rosa agghindata che tenta di essere libera. Vuole uscire da un recinto, un minuscolo spazio vitale non basta, Rosa vuole uscire e ballare, e ballando si spoglia in un crescendo di numeri di giocoleria e hula hoop: via il rosa, libera delle costrizioni, per accettarsi semplice e imperfetta. La performer, Marcella Meloni, diretta da Maurizio Giordo, sa divertire, aggancia lo spettatore, convince.
Il secondo spettacolo in rassegna è ()pera didascalica una produzione campana, un progetto della compagnia Ctrl+Alt+Canc. La drammaturgia (e la regia) è di Alessandro Paschitto, in scena insieme a Raimonda Maraviglia e Francesco Roccasecca. Tre attori, senza scene, senza musiche, recitano se stessi, disquisiscono sul proprio mestiere, su cosa serva o sia utile fare in scena per accattivare. Discutono chiamando in causa il pubblico in sala, instaurando – o cercando di instaurare – una relazione diretta, che si rivela certo senso è prevedibile, poco articolata. Il testo è un susseguirsi di situazioni e interrogativi su come rappresentare la vita, su cosa sia da rappresentare, è un fiume di parole volte a dimostrare come la spasmodica e ossessiva ricerca di senso sia in fin dei conti insensata.
Terzo momento della serata – dopo un delizioso break con panelle e crocchè: il cibo e il teatro fanno comunità – è un interessante progetto che sviluppa uno spettacolo a partire da un pratica d’esercizio molto usata nella preparazione dei performer, specie dei danzatori ma non solo: la contact. Si tratta di un “esercizio” di improvvisazione in cui il contatto tra due o più corpi diventa nel movimento una ricerca, l’esplorazione del proprio corpo e di quello dell’altro. Pornodrama 2, ideato da Camilla Guarino e Giuseppe Comuniello, in scena insieme a Simone Chiacchiararelli, è essenzialmente un lavoro di contact ma viene approfondito sviluppando la parola in funzione di questo, facendo un vero e proprio racconto di ciò che i corpi fanno sulla scena. La parola, pur in una certa di misura didascalica, ingloba lo spettatore nel contatto e riesce a superare il grado di semplice “spiegazione” del movimento.
Ultimo lavoro della serata d’apertura di questo festival giunto ormai alla sedicesima edizione è Body politic, una versione ridotta per quattro attori dell’originale che ne conta addirittura undici – una rarità di questi tempi. Gli interpreti, Sarah Ber, Marta Margarit, Andrea Palermo e Nathalie Podbielski parlano in lingue diverse di un solo tema: il corpo. Corpo come identità, come fragilità, come diversità. Una staffetta di micro-racconti dal ritmo serrato, in cui vengono lanciate parole che sono problemi complessi: magrezza, bulimia, anoressia. Questioni non approfondite – chiaramente anche per ragioni di durata: il limite per tutti i partecipanti e mezz’ora – ma poco importa: dirle, lanciarle è già affrontarle, tirarle fuori è il primo passo, quello decisivo.