Natacha Belova e Tita Iacobelli sono artiste gentili. All’Arsenale di Venezia, dove gli spazi nati militari sono diventati tempio d’arte, dopo il loro spettacolo, osservano la gente e sorridono a tutti, ricambiando sguardi riconoscenti e luminosi. È una virtù sottovalutata, la gentilezza. Ed è forse una virtù necessaria ai marionettisti, artigiani veri del teatro, che devono avere mani gentili per dare forma alla materia inanimata, trasferendo gesti e comportamenti e sentimenti umani alle marionette. «Sono una che usa le mani più che le parole», dice di sé Belova all’interessante tavola rotonda dal titolo Essere, non essere o essere altrove, organizzata nell’ambito della Biennale Teatro 2022 diretta da Stefano Ricci e Gianni Forte. E racconta, Belova, di come il teatro sia per lei un’eredità di famiglia, essendo suo padre un attore, di quanto quel microcosmo di illusione sia legato ai suoi ricordi d’infanzia trascorsa in un piccolo centro poco lontano da Mosca: «Andavo dietro al palcoscenico, dove c’erano scenografie e polvere», racconta. In Loco, l’ultimo lavoro della compagnia Belova/Iacobelli presentato alla Biennale, è stato come se lo stupore, la magia e la meraviglia di quelle sensazioni “infantili” avessero preso sostanza.
In scena un letto su cui sogna Popriščin, uno scrivano impiegato al comune, un uomo semplice, minuto, immerso nell’assurdità della sua vita alienante e nell’impossibilità di un amore desiderato. Corpo e anima di quest’uomo-marionetta (realizzata da Belova stessa insieme con Loïc Nebreda) sono Marta Pereira e Tita Iacobelli, che respirano all’unisono, vivono in un altrove misterioso in cui sono e non sono. Immerse in un ascolto reciproco totale, due per essere uno, al punto che nel dar vita a Popriščin, sembra quasi che scompaiano. Mimetizzate nel nero della scatola scenica, nel vuoto della marionetta da riempire.
L’epopea di un uomo piccolo che immagina di essere tutto, di essere un lavoratore indispensabile, un uomo da sposare per l’inarrivabile Sophie, un nobile di stirpe, persino il re di Spagna. Nel suo mondo due cagnoline si scambiano lettere e pettegolezzi, gli eventi si sovrappongono, geografie e cronologie non hanno senso, tutto esiste nello stesso momento o non esiste affatto, poco importa. La figura folle e poetica è quella del racconto di Nikolaj Gogol’ Le memorie di un pazzo, cui lo spettacolo si ispira. Eppure, spiega Belova nelle note contenute nel ricco catalogo di questa edizione 2022, quest’uomo piccolo e grande affiora ancora una volta dai ricordi d’infanzia: «Mio padre interpretò Popriščin, il pazzo, l’eroe. Mio padre: un ometto seduto per terra al centro di una scenografia di cartone, i suoi grandi occhi azzurri fissi sul faro del suo piccolo teatro. […] Così grande e così piccolo».
La messinscena si sviluppa con elementi semplici, ha idee efficaci, senza preoccuparsi di stupire con effetti, riuscendo per questo a meravigliare. È uno spettacolo struggente, delicato, carico di infinita tenerezza. Nella fioca luce il pubblico ha atteso, ha riso e si è commosso. E ha applaudito, alla fine, generoso.
LOCO
regia, drammaturgia e interpretazione Tita Iacobelli
regia, drammaturgia, scenografia e marionette Natacha Belova
interpretazione Tita Iacobelli e Marta Pereira
coreografia e assistente alla regia Nicole Mossoux
con la collaborazione di Sophie Warnant
disegno sonoro e musica Simòn Gonzalez
marionette Loic Nebreda
assistente alla drammaturgia Raven Rüell
costumi Jackye Fauconnier
assistente alla scenografia Camille Burckel
produzione generale Javier Chávez
produzione artistica Daniel Córdova
luci Gauthier Poirier dit Caulier
produzione Company Belova-Iacobelli