DAY #1
Mercoledì 20 luglio è iniziata la seconda parte del festival Kilowatt (L’energia della scena contemporanea – XX edizione) che – per la prima volta – ha trovato ospitalità nel suggestivo scenario della città di Cortona, mentre la prima parte si è svolta la settimana scorsa nel consueto luogo di Sansepolcro.
Siamo arrivati venerdì 22 nel bellissimo complesso di Sant’Agostino, punto di riferimento dell’organizzazione del festival, nonché luogo del ristorante e dello splendido chiostro che ospita tutte le sere gruppi musicali per il dopo festival, dove siamo stati accolti calorosamente dai membri dello staff.
La giornata prevede la presentazione di cinque lavori: ne abbiamo visti quattro, Boxes di Unterwasser, Costruzioni di Ultimi fuochi, Salto di specie di Controcanto e Shoes on di Luna Cenere.
Boxes
Di UnterWasser
Di e con Valeria Bianchi, Aurora Buzzetti, Giulia De Canio
E con Francesco Capponi
Produzione esecutiva Pilar Ternera/NTC
Boxes è un’esperienza intima, della durata di 30 minuti, dedicata ad ogni singolo spettatore, che nasce dalla ricerca sugli effetti ottici e sulle tecniche del pre-cinema. L’ingresso nelle due stanze presso il chiostro di Sant’Agostino è consentito a sole cinque persone per volta che si alternano vicendevolmente in sei postazioni. Boxes permette a tutti, adulti e bambini, di assistere a mini performance, installazioni interattive e giochi, contenuti in delle piccole «scatole magiche». Unterwasser guidano ciascun spettatore che, spiando attraverso fessure e spiragli, entra in altri mondi, luoghi poetici fatti di suoni, colori e immagini che ci ricordano che la magia è fatta di trucchi e di artigianato, così come il teatro.
La prima di queste scatole-mondo si intitola The drawer (Il cassettone) e il viaggio al suo interno è accompagnato da una musica trasmessa tramite delle cuffie attaccate alla scatola. Lo sguardo sbircia dentro il cassettone e gli oggetti che vi abitano – tra i più svariati: una lampadina, dei rocchetti da cucire, una piccola radio retrò, un carillon, un metro da sarta… – prendono vita e ballano sulle note di una musica anni Cinquanta.
Con Caleidoscopio – la seconda scatola – veniamo immersi nei suoni di una natura estiva – uccelli, acqua scrosciante, vento – che prendono forma in sagome astratte e simmetriche grazie al gioco di specchi dell’apparecchio.
Der Wald (foresta in tedesco) è la terza scatola-mondo e qui ciascun spettatore può decidere la durata della sua permanenza. Il progressivo alternarsi della luce scandisce la giornata dell’ambiente boschivo, mettendone ogni volta in evidenza una zona diversa. La scena è ferma, sempre la stessa, eppure il trascorrere del tempo muove il mondo della foresta svelando, inaspettatamente, microcosmi abitati.
Arnia è la scatola degli affetti domestici, il luogo delle domande e delle curiosità dell’infanzia. Tra voci e immagini siamo spettatori dell’inizio di un viaggio, in cui un bambino muove i primi passi alla scoperta del significato delle parole, «cos’è il buio, perché il limone è giallo?» e un genitore lo accompagna, tenendolo per mano, confidandogli con dolcezza il segreto e la magia di ogni piccola cosa. «Che cos’è l’entusiasmo? Avere fame di cose belle». «Che cos’è adesso? È il tempo di farsi spuntare le ali».
La quinta box è Diminuscopio, l’unica postazione che prevede la partecipazione di due spettatori. È un gioco a due infatti, dove il primo, seguendo delle istruzioni in cuffia, agisce sulla scatola inconsapevolmente, mentre il secondo osserva gli effetti delle azioni dell’altro. All’interno della scatola nasce una piccola storia dove personaggi in miniatura interagiscono con le poche azioni del primo spettatore: soffrono il solletico a una piuma, ruzzolano per il vento di un ventaglio o cambiano vestiti e posizioni ogni volta che viene premuto un interruttore. Le azioni inconsapevoli del primo spettatore diventano così necessarie per la performance.
Ultima scatola è Lillipool, un’immersione subacquea all’interno di una mini-piscina. Sott’acqua (il gruppo si chiama Unterwasser, sott’acqua in tedesco) la vista si appanna, i suoni sono ovattati, le prospettive e le dimensioni delle cose si deformano e nuovi punti di vista si schiudono dalle dimensioni sommerse del mondo ordinario.
Nella semplicità della fruizione di Boxes sta la ricchezza e la profondità dell’esperienza teatrale: d’altronde la semplicità è un punto di arrivo, ottenuto con maestria da raffinatezze artigianali, attenti dettagli e mani laboriose.
Costruzioni
di Ultimi Fuochi
con Alessandra Crocco, Alessandro Miele
regia Alessandro Miele
Audio Shari De Lorian
Foto Gabriele Albergo
Nella Palestra di San Sebastiano è in scena l’anteprima nazionale di Costruzioni della compagnia Ultimi Fuochi.
Sulla scena sono presenti un paio di sedie e cinque pannelli, sui quali vediamo scorci di una squallida località del sud, dalla surreale cassa di un luna-park in campagna all’interno di un bar pieno di coppe e trofei.
La protagonista Alessandra Crocco si muove tra questi spazi immaginari, guidata dal battito delle mani del regista Alessandro Miele, cercando di districarsi nella poetica di Tommaso Landolfi, scrittore e poeta novecentesco surrealista.
«Landolfi non è una storia che fila, è un qualcosa che ti prende e ti colpisce, come una febbre, o come la vita stessa». Queste le parole ripetute a raffica dall’attrice all’inizio della performance, quasi ci volesse fornire anche la chiave di lettura dello spettacolo stesso.
Per questo non si deve cercare un senso, o una trama con inizio, svolgimento e fine. È come un gioco di suggestioni e il trucco è lasciarsi suggestionare, trasportati dalla voce e dall’energia dell’attrice, che si immerge in diversi frammenti poetici, proponendo giochi di carte dove chi perde deve uccidersi, o raccontando l’incontro con un uomo che può tagliarti la pelle sfiorandoti con un dito, o una ragazza che vuole soltanto parlare con chi è troppo chiuso anche solo per ascoltare.
In questo frenetico valzer surrealista, accompagnato dalla musica elettronica dal vivo di Shari De Lorian, a volte soave a volte allucinata, non bisogna cercare un filo, bisogna farsi colpire, «come una febbre che sale all’improvviso, o come la vita», aspettando che polli giganti vengano finalmente a restituirci quel che abbiamo inflitto loro e ci mangino inesorabilmente pezzo dopo pezzo.
Salto di specie
Di Controcanto
Con Federico Cianciaruso, Riccardo Finocchio, Martina Giovanetti, Andrea Mammarella, Emanuele Pilonero
Regia Clara Sancricca
Produzione Progetto Goldstein
“Salto di specie” o “spillover”si verifica quando una popolazione-serbatoio ad alta prevalenza di patogeni entra in contatto con una popolazione-ospite di una specie differente: una malattia viene trasmessa dalla popolazione-serbatoio e può diffondersi all’interno della nuova specie-ospite.
Il tema dello spettacolo è esplicitamente dichiarato nel titolo e Controcanto Collettivo, sul palco del Teatro Signorelli, ci pone due domande: «Cosa impedisce all’empatia di propagarsi?» e «Come si costruisce e come si abbatte l’argine che la confina?».
Su queste domande si interroga anche Sandro, protagonista dell’ottima commedia che, grazie a una drammaturgia intelligente e quotidiana, e alla bravura degli interpreti, affronta il tema con sottile e mai banale ironia, senza scadere nella retorica e nel semplicismo.
Sandro è un camionista, trasportatore di animali vivi. Insieme ai suoi colleghi-amici Roberto e Mirko, e il loro principale Walter, non si è mai fatto domande sul proprio lavoro. Per lui, come per loro, trasportare intere mandrie di bovini o di maiali al macello ha sempre suscitato un solo sentimento: indifferenza.
Quando Sandro conosce la nuova vicina di casa, Chiara, e il suo cane Luna lentamente si affeziona sempre di più a entrambe e sviluppa nei confronti di Luna un affetto che mai avrebbe immaginato, vedendo in lei più di un semplice animale: una compagnia, un’amica, qualcuno di cui aver cura.
Il suo lavoro comincia a stargli stretto, a togliergli il respiro, gettandolo in un vortice di dubbi all’interno del quale nessuno lo prende sul serio. Allora il palcoscenico, ingombro di strutture che ricordano i container che trasportano animali vivi, comincia ad aprirsi, come se a liberarsi dalle gabbie non fossero gli animali, ma Sandro stesso, che ormai non distingue più lo sguardo triste della cagnetta Luna da quello di una mucca destinata al macello.
Così Sandro si ritrova solo, nessuno ha voglia di capirlo, né gli amici-colleghi, né la sorella, tanto apprensiva quanto opprimente, né tantomeno la sua amica alternativa Chiara, sostenitrice della medicina ayurvedica e di «un universo in cui tutto è collegato: testa, corpo e anima». Anche per lei tra un cane e una vacca la differenza è enorme. Invece per Sandro «mica tanto».
Shoes on
Di Luna Cenere
Ideazione e coreografia Luna Cenere
Con Michele Scappa, Davide Tagliavini
Musiche Renato Grieco
Produzione Koper
Con il supporto di AMAT Marche, Centro di Residenza della Toscana (Armunia, CapoTrave/Kilowatt)
In scena due corpi maschili, nudi (l’unico indumento: due paia di scarpe da ginnastica), rannicchiati uno di fronte all’altro e intrecciati tra di loro fino a formare un’unica massa corporea ci accolgono nel silenzio dell’Auditorium di Sant’Agostino.
Le luci si abbassano e il magma corporeo e pulsante dei due danzatori prende vita in movimenti tesi e lentissimi che vanno a costituire un’intima relazione tra i due: i corpi si fanno paesaggi da attraversare, da esplorare, da accarezzare e da abitare negli interstizi degli spazi che compongono di volta in volta. Il ritmo è lento e ipnotico e lo spettatore si perde piacevolmente in un dialogo che diventa sempre più vorticoso: sulle note di Blue Monday dei New Order la grammatica dei due danzatori (quasi sempre di spalle al pubblico) si compone di movimenti asimmetrici e veloci, fino a formare per ognuno un proprio monologo gestuale.
La coreografa Luna Cenere, attraverso i corpi magnetici di Michele Scappa e Davide Tagliavini, indaga i diversi registri espressivi della nudità, passando dalle gestualità più ancestrali a movimenti dalle forme più proprie della danza.