La Vetrina della giovane danza d’autore è la prima azione del Network Anticorpi XL e ha luogo ogni anno a settembre all’interno del Festival Ammutinamenti di Ravenna. Unica azione alla quale aderiscono tutti i membri della rete, è volta a mappare e supportare le nuove generazioni di autori della danza contemporanea e di ricerca.
Francesca Serena Casadio, Christel Grillo e Giulia Melandri, gruppo curatoriale del festival, hanno trasformato un’intervista in un dialogo a più voci esponendo le motivazioni alla base dei loro obbiettivi.
Siamo in un periodo storico molto particolare, reduci da una pandemia mondiale che ha scombussolato le nostre realtà: quali sono i cambiamenti a cui il Festival è andato incontro?
F.C.: Questa del 2022 è la terza edizione dall’inizio della pandemia. Abbiamo avuto la fortuna di non dover cancellare nessuna delle tre, neanche quella del 2020, che fu sicuramente l’annata peggiore. Rispetto a tutto quello che stava succedendo e di cui ancora subiamo le conseguenze, non ci sono stati grandissimi cambiamenti nella programmazione del festival, e siamo riusciti a mantenere le sezioni principali.
Lo stravolgimento che, come tutti, abbiamo avvertito maggiormente riguarda l’aspetto organizzativo e logistico per la gestione di tutte le procedure necessarie. Mentre la parte urbana, comprendente sia luoghi del centro storico che della Darsena, si è ampliata ma non è cambiata, per gli spazi chiusi abbiamo dovuto spostare la vetrina da quella che era la nostra sede artistica e storica, le Artificerie Almagià,al Teatro Alighieri, il teatro storico della città di Ravenna, che essendo un teatro all’italiana ha una struttura completamente diversa. Quest’anno saremo anche al Teatro Rasi.
Dal 2021 siamo riusciti a inserire una nuova sezione: Sguardi e pratiche intorno alla danza d’autore, che in quest’edizione è ancora più ricca di novità. Ci sono poi appuntamenti sia per bambini che per adulti, nella speranza che con la partecipazione attiva si stimoli a tornare in un contesto comunitario.
G.M.: La nascita della sezione Sguardi e pratiche è stata fondamentale una volta ritornati all’esperienza della compresenza. Ri-condividere gli stessi luoghi, che fossero aperti o chiusi, rimanda a una riflessione rispetto al corpo e alla corporeità, soprattutto in questo momento storico.
Essere spettatore implica un atto di partecipazione in cui poter riscoprire il tema dell’espressione corporea non solo attraverso la danza, che è comunque la protagonista, ma anche grazie ad altri appuntamenti come incontri con i coreografi, anatomia esperienziale, laboratori di pittura intuitiva, pratiche di yoga.
Il senso che ci ha guidato a concepire una sezione che affiancasse gli spettacoli in programma è la necessità di indagare il tema della corporeità, non soltanto strettamente legato alla danza, ma più in generale come riscoperta dell’essere attraverso il proprio corpo un veicolo di relazione e di comunicazione.
La danza in Italia è vittima di una legislazione alquanto antiquata, questo influisce inevitabilmente sulla produzione dell’arte della danza: quali potrebbero essere le alternative alla risoluzione del problema? Un festival come questo è sicuramente una grande opportunità…
G.M.: Una prima riflessione che mi viene da fare è legata alla velocità con la quale la danza contemporanea ha progredito dando vita a nuovi linguaggi. Lo sviluppo è stato forse molto più rapido della possibilità delle Istituzioni di formalizzare risposte alle crescenti tendenze e ai cambiamenti che stavano emergendo.
F.C.: Forse la pandemia ha accelerato qualche meccanismo, in quanto l’intero settore si è trovato in una situazione per cui era necessario intervenire.
G.M: Sì, la pandemia ha fatto emergere delle necessità rilevate dagli agenti che lavorano nello spettacolo dal vivo, ma vanno metabolizzate e ricercate risposte adeguate.
Trovo però che rispetto al Decreto del 2014, che poi se non per alcune piccole modifiche successive è quello che ancora oggi disciplina i regolamenti per i vari soggetti e per le varie aree di competenza, sia stato fatto un passaggio fondamentale nel riconoscere le residenze e chi si occupa di promozione. Questi ultimi sono due settori che riteniamo fondamentali affinché si possa parlare di un sistema interconnesso e che in qualche modo faccia fronte a tutta la filiera artistica, che va dalla formazione fino alla distribuzione e che rimette poi in circolo e rinnova quelli che sono gli esponenti della danza. Il Decreto ha appunto portato quattro ambiti di intervento della promozione perché si parla della formazione del pubblico, del perfezionamento professionale, dell’inclusione sociale e del ricambio generazionale all’interno delle azioni trasversali, che poi è il grande capitolo sotto il quale hanno messo le residenze e la promozione, e questi sono termini che comunque riconoscono il valore di quello che viene fatto dalle istituzioni che lo promuovono. Nello specifico, Cantieri Danza viene riconosciuto come uno dei soggetti che fa promozione della danza nell’ambito del ricambio generazionale. Riconoscere questi ambiti in qualche modo è già stato un primo passo verso quelle che sono le risposte a qualche mancanza che è stata osservata.
Ad esempio, il tempo per la ricerca e per la sperimentazione, quello che è l’attivazione di processi creativi al di là della produzione in senso stretto, è forse un sostegno maggiore per i giovani e per chi fa arte in generale. Il tempo riconosciuto anche in termini economici permette la sperimentazione e promuove nuovi linguaggi, nuove etiche e nuove tendenze.
Noi definiamo questo festival piccolo perché ha una sua autonomia e si slega un po’ dalle logiche del sistema non essendo finanziato dal Ministero. Più che attenerci numericamente a dover portare degli spettacoli, quello che noi facciamo come festival è creare momenti di incontro e di dialogo, il cui risultato sono ad esempio le giornate dedicate alla Vetrina della giovane danza d’autore.
Ospitando i giovani autori e le giovani autrici costruiamo il senso di comunità che spesso per motivi di tempistiche e di velocità dell’organizzazione di un festival viene trascurato, cosa che invece noi possiamo fare nella nostra missione come ente che si occupa di promozione.
Vorrei soffermarmi su quelle che sono le parole chiave di quest’esperienza: giovani e autori.
Nel nostro paese i giovani sembrano non avere molto spazio a disposizione, o meglio con lo strumento della rete gli orizzonti si sono democraticamente ampliati, ma sembra sempre che manchi qualcosa. Riflettevo inoltre, sulla figura dell’autore, sui processi creativi e la necessità di esprimersi.
C.G.: All’interno di Cantieri Danza mi occupo del coordinamento organizzativo del Network Anticorpi XL e della Vetrina della giovane danza d’autore, azione che ha lo scopo di andare a mappare e supportare le nuove generazioni della danza contemporanea di ricerca. Da quest’anno, coordino anche Nuove Traiettorie, con l’aiuto di Francesca che se ne occupa dagli albori, azione invece dedicata alla formazione di autori e autrici che si trovano agli esordi del loro percorso autoriale.
La mission del Network Anticorpi XL, di cui Cantieri Danza è l’ente capofila, è proprio quella di mettersi costantemente in ascolto delle esigenze che i giovani autori manifestano di anno in anno, poiché sono sempre diverse e cambiano nel tempo al netto delle trasformazioni che anche il nostro attuale contesto storico si trova ad affrontare.
Diversamente da quanto accade in tutti gli altri bandi e in tutte le altre vetrine, il nostro sostegno non si limita a offrire agli artisti una visibilità ed eventualmente una circuitazione successiva, ma si estende alla crescita puntando sulla formazione. L’idea della rete è proprio quella di andare a migliorare progressivamente il ventaglio di opportunità che possiamo introdurre per supportare i giovani autori.
Per fare un esempio più concreto, dallo scorso anno abbiamo scelto di ampliare e potenziare la vetrina, che infatti è diventata eXtra (Vetrina della giovane danza d’autore eXtra), andando ad aggiungere prima del periodo in presenza a Ravenna durante il festival anche un percorso di accompagnamento teorico online caratterizzato da tutta una serie di incontri tenuti da professionisti del settore. Lo scopo è quello di permettere agli artisti di acquisire strumenti e conoscenze in modo tale che possano sviluppare una consapevolezza maggiore anche in vista della presentazione della loro creazione a Ravenna. Nella costruzione del calendario di questi incontri ci eravamo accorte che nel tempo si erano manifestate una serie di lacune, da parte della nuova generazione di autori, legate all’ambito amministrativo, organizzativo, gestionale, tecnico, e dunque rispetto al percorso professionale in generale, non alla mera partecipazione alla vetrina. Questo è il secondo anno che introduciamo questa sorta di versione potenziata della vetrina, ricevendo dei riscontri estremamente positivi, e questo ci rende soddisfatte di aver contribuito, anche se in minima parte, a quello che potrebbe essere uno dei loro primi progressi dal punto di vista professionale, più prettamente tecnico.
G.M. e F.C.: Questa parte di formazione, che va oltre l’allenamento fisico o l’essere coreografo, predispone degli strumenti che ti danno poi la possibilità di emergere e creare il proprio posto nel mercato. Ritorniamo alla filiera di cui parlavamo precedentemente.
Una città culturalmente imponente come Ravenna appare un contenitore perfetto per un’esperienza di questa portata. In che modo sono stati gestiti gli spazi a disposizione e secondo quali necessità?
F.C.: Ho avuto modo di seguire tutte le edizioni del festival dagli esordi. Nelle prime edizioni sono stati realizzati eventi addirittura dentro alle compagnie portuali o negli autobus. Sicuramente c’è stata un’invasione anche in spazi mai pensati prima; provare a portarvi un pubblico è stato un esercizio di immaginazione molto bello. Ammutinamenti, nel 1999, aveva già una sezione di danza in vetrina nei luoghi più emblematici della città di Ravenna, come le piazze del centro storico e con il tempo la Darsena; sicuramente l’idea di portare la danza in questi luoghi, dalla vocazione non prettamente teatrale, credo abbia come fondamento una grande idea di democraticità.
Nella programmazione sono sempre presenti luoghi accessibili come le piazze, che anche strutturalmente rappresentano nella città un luogo di ritrovo e di incontro. È vero che così facendo lo spettatore è “obbligato” a guardare, magari mentre passeggia per le strade della città, ma è anche vero che si dà la possibilità a chiunque di parteciparvi. Le reazioni del pubblico negli anni sono state le più disparate, a volte di meraviglia e di curiosità altre di disappunto, ma ritengo che sia stato ed è in ogni caso efficace, perché provocando una reazione si scuotono gli animi.
Di anno in anno sono stati scelti luoghi più anomali, ma abbiamo riscontrato che grazie a questi eventi le persone si trovano a scoprire o riscoprire luoghi che non sono abituati a frequentare.
Rispetto agli spazi chiusi, invece, la nostra sede artistica è Artificerie Almagià e ci siamo molto affezionati utilizzandola, durante il festival, nella sua poliedricità sia per gli eventi che per i workshop. La pandemia, per le problematiche legate alla capienza del pubblico, ci ha portati a spostare la vetrina in due spazi teatrali alternativi: il Teatro Alighieri e il Teatro Rasi. Proprio quest’ultimo in seguito alla ristrutturazione si mostra uno spazio molto adatto alla visione della danza che proponiamo; mentre il Teatro Alighieri, essendo un teatro all’italiana, ci preoccupava per la riuscita di alcune proposte in programma…Ma alla fine è andato tutto bene!
La danza al giorno d’oggi sembra sia diventata qualcosa di più che abbraccia nuove realtà. Con una frase o un aggettivo, quali possono essere i possibili futuri di quest’arte?
G.M.: È molto bella la parola futuri, al plurale, perché dà l’idea che le possibilità si moltiplichino e che le direzioni siano molteplici. Una tendenza che mi sembra già rilevata è l’attraversamento tra discipline; quindi, percepire lo spettacolo dal vivo e la danza come crocevia di esperienze di altri ambiti come l’arte visiva, la cultura, l’architettura, la moda, la pittura, il suono. In questi giorni abbiamo partecipato alla conferenza stampa di una delle realtà con le quali collaboriamo quest’anno, che si occupa di promozione del territorio, ed è interessante ritrovarsi con lo stesso obbiettivo finale ma in direzioni diverse. L’apertura verso altri ambiti e la connessione con altre discipline in questo momento di complessità e di stratificazione così forte, penso possa restituire il mondo così come si presenta adesso.
C.G.: Una tendenza da non trascurare è l’interconnessione con le nuove tecnologie, che anche nei progetti dei giovani autori che ricevo ogni anno è sempre più presente. Penso alla realtà virtuale o alla realtà aumentata. F.C.: A me vengono in mente termini come sfumatura e sconfinamento. Una danza sfumata e sconfinata in grado di mescolarsi con altri ambiti e dare vita a nuove prospettive.