Tebe al tempo della febbre gialla ODIN TEATRET

La “febbre gialla”: L’Odin Teatret e il rito della rinascita

Al Teatro Vascello per vedere Tebe al tempo della febbre gialla si entra accompagnati dallo stesso Eugenio Barba, che intanto abbraccia vecchie conoscenze, sorride luminoso ai giovani “nuovi”. Quando tutti abbiamo preso posto nella platea circolare ricreata sul palcoscenico –  in quella micro-comunità riunita, disposta a prendere parte nel silenzio allo spettacolo che accadrà –, prende poi posto il Maestro, primo spettatore dei suoi attori. Questo gesto mi pare dica assai più che il resto. Come a dire: questo sono, compagno tra i miei compagni. E il rito si compie. Ricco di segni nitidi, non tutti leggibili, non tutti universalmente almeno, impulsi all’immaginazione e ai sensi dello spettatore. Gli spettacoli dell’Odin Teatret hanno il sapore del rito. E come nel caso di Tebe al tempo della febbre gialla, questo intento è già l’inizio: con i volti coperti di bianco, cantano e delimitano con lumi lo spazio in cui agiranno.

È giunta a tutti (e si fa fatica a crederlo) la notizia che Eugenio Barba e l’Odin Teatret lasceranno la loro isola di creatività a Holstebro. Dopo oltre cinquant’anni. Un addio che «ha il sapore di una rinascita», ha detto Barba in una bella e toccante intervista ad Anna Bandettini. Ecco: “rinascita”, parola che sta bene anche addosso a questo nuovo spettacolo del gruppo che ha fatto la storia del teatro internazionale. Tebe è distrutta, la maledizione di Edipo si è compiuta, i figli-fratelli si sono uccisi l’un l’altro. Tutto è finito. E tutto comincia. Le vicende della città sono evocate senza dar peso a cronologie o logiche, quasi per associazione libera. La scelta di usare il greco come lingua della recitazione impedisce al pubblico di aggrapparsi alla parola e lo costringe, amorevolmente, a farsi prendere dai corpi, dal canto, da una parola che, molto più che detta, viene rappresentata, lanciata, “suonata”. Antigone, Edipo, Creonte, Tiresia, qui e lì si afferrano i nomi di personaggi che conservano qualcosa degli archetipi greci, ma “ridotti” alla purezza. Bisogna onorare  i morti, lenzuola insanguinate che sono corpi da maneggiare con cura, mentre tutto intorno si diffonde un giallo acceso, che viene fuori da quadri celebri, la cui bellezza “gialla” ammanta, invade, contagia come una febbre, Tebe settanta volte sette distrutta e settanta volte sette e una rinata.

Tebe al tempo della febbre gialla
Tebe al tempo della febbre gialla

Lo spettacolo è un continuo “passaggio”, costruire e distruggere, vincere e perdere, con punte di coralità davvero emozionanti. Un ultimo pugno di terra dalla mano di Antigone per seppellire l’Uomo – quell’Antropos che ha sconfitto la Sfinge.

Quasi alla fine dei 70 minuti, il palcoscenico è affollato di oggetti, immagini, corpi, frammenti di un’esplosione, eppure, da veri artigiani, gli attori smontano, ripuliscono, riordinano, ricoprono tutto prima di danzare liberi. Barba si alza dalla platea, fa un gesto semplice – che non sveleremo, giacché c’è chi vedrà lo spettacolo – e via. La compagnia esce cantando dalla quinta e ci lascia lì: gli spettacoli finiscono, possono togliere a forza la casa a una compagnia che è un unicum, può averla vinta una politica miope, gli anni possono rendere tutto più faticoso, ma l’Odin Teatret, cantando, prosegue la sua strada.


Tebe al tempo della febbre gialla

Testo e regia: Eugenio Barba
Attori: Kai Bredholt, Roberta CarreriDonald KittIben Nagel RasmussenJulia Varley
Spazio scenico: Odin Teatret
Costumi e oggetti scenici: Lena BjerregårdAntonella Diana e Odin Teatret
Consulente arti visive: Francesca Tesoniero
Disegno luci: Fausto Pro
Supervisione disegno luci: Jensper Kongshaug
Assistenti alla regia: Elena Floris e Dina Abu Hamdan
Consiglieri: Gregorio AmicuziJuliana CapiléTatiana Horevicht
Dramaturg: Thomas Bredsdorff
Manifesto: Peter Bysted

Direzione musicale: Elena Floris

Direttrice di tournée: Anne Savage
Foto: Francesco Galli e Rina Skeel

uno spettacolo dell’Odin Teatret

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