Presentato al pubblico nell’ambito del Festival dei Due Mondi di Spoleto nel 2021, La signorina Julie di Strindberg, nell’adattamento di Leonardo Lidi, va in scena al Teatro Vascello a Roma fino a domenica 16 ottobre.
Quando nel 1888 Strindberg presentò il manoscritto della Signorina Julie all’editore Bonnier di Stoccolma, questa “tragedia naturalistica” in un atto unico fu ritenuta “troppo rischiosa, troppo naturalistica” per la pubblicazione. A questo primo rifiuto ne seguirono altri, che fecero slittare l’uscita della prima edizione al 1889, ma non prima di un un doloroso passaggio attraverso le forche caudine della censura. Nonostante questo, l’opera fu pesantemente criticata per la sua presunta immoralità, al punto che la prima messa in scena venne fermata dalla polizia su ordine del censore danese.
Bisogna ammettere che ancora oggi riascoltando il testo al Teatro Vascello, alcune parole risuonano molto potenti, soprattutto le pesanti offese rivolte alla protagonista (puttana da lacchè, sgualdrina o peggio).
Il tema dello scandalo in una società bigotta, che precipita la sua vittima in un baratro, è al centro della Signorina Julie di Alessandro Lidi, tanto che la scenografia stessa, curata da Nicholas Bovey, si fa sotterranea, asfittica, tubolare: un vero e proprio tunnel angusto rischiarato solo dai neon e da rari sprazzi di luce naturale che filtrano dall’alto.
Appena si apre il sipario, a colpire è proprio questa scelta scenografica. Sul palco si trova una grande struttura a forma di T, inclinata di novanta gradi: il lato corto ospita una fossa, un pozzo, mentre il lato lungo è un corridoio claustrofobico, dove gli attori faticano a muoversi, costretti ad avanzare chini, in un gesto di reverenza continua.
Jean (Christian De Rosa), il servitore, è il primo a entrare in scena, alla base della fossa, nel lato più basso e oscuro della struttura. Salta sul posto, facendo risuonare il più possibile i suoi passi, mentre una voce narra il suo sogno. Il sogno aiuta a capire che quel saltellio riflette lo sforzo, da parte di Jean, di elevarsi dalla sua condizione infima di servo, ma che questo tentativo è inconcludente, perché persino quel “ramo più basso” a cui cerca di aggrapparsi, “è sempre troppo lontano”.
Quando entra in scena la cuoca, Kristin (Ilaria Falini), scende anche lei nel pozzo, e si mette a lucidare gli stivali di Jean, che la scansa indispettito dalle troppe attenzioni. Anche lei fa parte della servitù della stessa famiglia aristocratica, e risponde agli ordini della signorina Julie (Giuliana Vigogna), la contessina.
La scena ha luogo il 24 giugno, anche detta notte di mezza estate, o di San Giovanni: una notte di trasgressione, durante la quale i nobili accantonavano le regole della società e danzavano insieme ai servi. La sospensione delle consuetudini sociali, non basta però a far tacere certe malelingue. Primo fra tutti proprio Jean, diviso tra la reverenza e l’amore per la sua padrona, e il desiderio di uscire da quel pozzo, e quindi dalla sua condizione di schiavo.
Di lì a poco, nel tratto superiore della struttura, farà il suo ingresso Julie, che invita Jean a danzare con lei, “offritemi il braccio” gli dice. Così facendo lo tira fuori dal suo buco, innalzandolo temporaneamente dalla sua condizione di servo, fino al livello, anche effettivo, dell’aristocrazia.
Dopo il ballo, i due condivideranno una notte d’amore, che per la contessina segnerà l’inizio di una inevitabile caduta verso la rovina, la vergogna, verso quella fossa che prima era riservata alla sua servitù. Un’onta lavabile solo col sangue.
Con semplici ma raffinati mezzi, gli effetti di luce e la scena minimalista di Nicolas Bovey, Lidi materializza sulla scena quelle “barriere” che Jean invoca quando Julie cerca di avvicinarsi a lui. In questo modo mette in luce i rapporti, soprattutto quelli tra differenti classi sociali, di questo micro-universo dominato da odio, meschinità, crudeltà. Strangolato dalla morsa delle convenzioni sociali, di una morale soffocante e bigotta, l’amore tra un uomo che cercava di elevarsi per vedere la schiena dei falchi, e la donna che gli offre il braccio per tirarlo fuori dalla sua miseria, è destinato a sprofondare nel fango.
La Signorina Julie
di August Strindberg
adattamento e regia Leonardo Lidi
con Giuliana Vigogna, Christian La Rosa, Ilaria Falini
scene e luci Nicolas Bovey
costumi Aurora Damanti
suono G.U.P. Alcaro
produzione Teatro Stabile dell’Umbria
in collaborazione con Spoleto Festival dei Due Mondi
durata spettacolo 1 ora e 20