Underground. Roberta nel metrò: intervista a Cuocolo e Bosetti

Nell’ambito della terza edizione di Paesaggi Umani. Reinventare lo sguardo sulla città, ascoltandone le storie, Urban Experience presenta per la prima volta a Roma Underground. Roberta nel metrò, azione teatrale in performing media della compagnia italo-australiana Cuocolo/Bosetti. L’iniziativa prende vita venerdì 25 e sabato 26 novembre alle ore 19:00 nei vagoni della Metro C a San Giovanni (Largo Brindisi, Roma). È un gioco drammaturgico semplice, realizzato via radio, che vuole reinventare lo spazio urbano. I luoghi sono quelli di sempre, le stesse fermate che viviamo quotidianamente. La sfida è quella di lasciare che ci sorprendano ancora una volta, che la memoria urbana emerga in superficie e divenga memoria collettiva. Una corsa fuori dall’ordinario per ricordarci quanto abbia da offrire la città.

Che cosa vi ha spinto a scegliere la metropolitana rispetto agli altri mezzi
di trasporto? Che significato le attribuite? 

Un po’ di tempo fa abbiamo iniziato a prendere la metropolitana per motivi pratici. Era il modo migliore per andare, a trovare la madre di Renato, Mary che era ricoverata in ospedale. La cosa è andata avanti per circa un mese. Ma quando, purtroppo, non è stato più necessario, abbiamo continuato a prenderla allargando i nostri giri, perdendoci lì sotto, fino a passare parti sempre più consistenti del nostro tempo lì sotto. Non lo abbiamo proprio deciso. Non c’è stato un giorno, o un momento in cui ci siamo detti: voglio rimanere qua, voglio passare più ore qua sotto… Non dico sempre, non parlo di viverci, perché a una certa ora ti cacciano, la metro chiude, a una certa ora. Ma pian piano ci passavamo sempre più tempo, e più tempo stavamo lì sotto meno ci mancava il sopra. Non che lì non ci siano gli aspetti negativi del “sopra”. C’è sempre umanità in fondo, c’è sempre la stessa umanità, sia sopra che sotto… C’è gente serena, o incazzata, incattivita, o imbuonita (qual è il contrario di incattivita?). Ma in metropolitana è come se tutti fossero il negativo di se stessi in una fotografia, con quell’aria persa di chi è fuori dal proprio elemento, un po’ “diluiti” rispetto al tutto tondo o al tutto d’un pezzo che siamo fuori, siamo pesci fuor d’acqua lì sotto, siamo uomini sirena che non sanno nuotare, abbiamo bisogno di buttarci dentro un treno per muoverci.

Con la vostra performance state ridefinendo lo spazio teatrale, gli spettatori non sono più in platea e gli attori sul palco, a debita distanza. Per il pubblico l’impatto è sicuramente forte e destabilizzante ma che ci dite di voi? Come cambiano le
vostre emozioni e percezioni? 

È come guardare qualcosa di familiare per la prima volta. Qualcosa che è normale per la tua vita, che è un’abitudine, che non ci fai attenzione quando inizi a guardarlo si rivela per quello che è sempre stato ma non avevi mai visto. E ogni sera è un’esperienza diversa. Si percorre insieme con gli spettatori un paesaggio geografico e mentale.

Come prende vita la tematica ecologica nella vostra performance?
Noi non parliamo quasi mai di tematiche ecologiche. L’ecologia è in quello che facciamo. Un teatro che utilizza solo l’esistente. Un teatro che non ha bisogno di
costruire, consumare o aggiungere ma che usa tutto quello che c’è, dentro e fuori di noi. Ricicla. Una sorta di ecologia teatrale che si basa sull’esistente. Che parte dalla nostra vita e usa ciò che ci è prossimo.

Il vostro scopo è quello di sorprendere lo spettatore, dargli un ruolo attivo nel progetto, per cui mi incuriosisce sapere se vi è mai stata una reazione che vi ha particolarmente colpito e magari ha determinato in modo profondo il vostro approccio a questo spettacolo. 
Questo progetto Interior Sites Project inizia nel 2000 in Australia a Melbourne dove vivevamo.. Da quel momento posso dire che abbiamo fatto, con tutto il ciclo dei 18 spettacoli che compongono il progetto, decine di miglia i di repliche. Le reazioni che ci rimangono impresse sono quindi tantissime. Una che ci piace ed è comune specialmente per Underground è che spesso lo spettatore ci dice: Prendo la metropolitana tutti i giorni ma ora lo faccio con occhi differenti.

Come pensate vadano riconsiderati i limiti tradizionali tra performance e realtà? Dove, per voi, la vita diventa arte? 
Per noi il teatro nasce dalla sovrapposizione tra attore/ personaggio, realtà/finzione, vita/ teatro. Partiamo sempre da qualcosa che ci succede nella nostra vita. Non perché pensiamo che la nostra vita sia così importante ma perché ci siamo resi conto che in realtà è molto simile a quella di tutti gli altri. Questo è il modo in cui abbiamo voluto sempre fare teatro e il fatto di esserci riusciti non smette mai di meravigliarci.

UNDERGROUND. ROBERTA NEL METRÒ:
di e con Roberta Bosetti & Renato Cuocolo

produzione Teatro di Dioniso (Torino), IRAA Theatre (Melbourne)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *