Il 23, 24 e 25 febbraio Fortezza Est, nella sua piccola ma viva e accogliente sala teatrale, ha ospitato il Don Giovanni de I Tre Barba.
Lorenzo De Liberato, Lorenzo Garufo e Alessio Esposito, in una messa in scena estremamente dinamica e ironica, mostrano un Don Giovanni ricco di contaminazioni musicali e riferimenti intertestuali. In scena le parole di Lorenzo Da Ponte e la musica di Mozart, arrangiata ed eseguita in coro a cappella, ma anche il pop e la satira sulla contemporaneità.
La scena è molto semplice ma funzionale: quinte nere che si prestano a essere manovrate per celare e mostrare i vari personaggi.
Il Don Giovanni de I Tre Barba ha perso il suo misterioso fascino per divenire un goffo impostore che non può che raccontare le sue conquiste di fronte a un Leporello che, questa volta, non sembra per niente invidioso del padrone.
Donna Anna e Zerlina si ribellano alla seduzione di Don Giovanni, lo illudono e lo disilludono continuamente porgendo e ritraendo la loro mano, noto cliché sempre in grado di suscitare risate tra il pubblico. L’unica donna sinceramente sofferente sino alla fine è Elvira, innamorata e illusa di poter cambiare il suo Don Giovanni.
Ma l’iniquo non può cambiare, è una maschera che si è ben consolidata dal ‘700 sino a noi e, per quanto sia mostrato in scena goffo e bizzarro, tutti gli spettatori sanno chi lui è stato. Non si può che ridere di fronte alla “caduta comica” di questo personaggio che oscilla continuamente tra ciò che vorrebbe essere, il Don Giovanni infallibile seduttore che la letteratura e la scena teatrale hanno consolidato, e quest’uomo privo di modi e fascino.
I tre attori recitano fedelmente buona parte del libretto e si sdoppiano nei vari personaggi dell’opera mediante l’espediente dell’alterazione della voce e dei cartelli che indicano di volta in volta l’identità assunta. Lo spettacolo, così, diviene dinamico e capace di sollecitare la fantasia dello spettatore costretto a ricostruire colui o colei che in scena manca.
Tra le righe è possibile cogliere una velata satira che colpisce e l’uomo ipocrita, capace di invocare la giustizia solo a parole, e i discorsi ecologisti inconcludenti, che diventano mere chiacchiere di Leporello per distrarre la donna tradita.
Anche qui, Don Giovanni, come da consuetudine, finisce all’inferno, luogo reso con pochi mezzi ma grande maestria. La sola luce e un mascherone sono in grado di stupire gli spettatori regalando un finale degno, per effetti scenici, della scena operistica.
Peccato per i pantaloni di Lorenzo Garufo che l’attore continua a tirar su durante lo spettacolo: avrebbe dovuto provare i costumi di scena.
Per il resto lo spettacolo funziona, tutti in platea ridono negli stessi momenti, prova che le gag funzionano. Con semplicità di mezzi e padronanza del mestiere i tre attori regalano una messa in scena divertente e sregolata che trascina il pubblico dal vaudeville all’opera giocosa.
Don Giovanni
regia Lorenzo De Liberato
con Lorenzo De Liberato, Alessio Esposito e Lorenzo Garufo
scene Gianni Dessì
scenotecnica Ignazio Garufo
disegno luci Matteo Ziglio
grafica/foto/video Stefano Patti