Di Lorenzo Lelli
Ricorre il trentesimo anniversario dell’allestimento a cura di Vincenzo Zingaro de Le nuvole di Aristofane, commedia attica dell’antica Grecia, al Teatro Arcobaleno (Roma Nomentana). La compagnia Castalia, di rilievo nazionale e fertile negli anni di giudizi positivi, collabora con scuole e università per la diffusione della cultura e dello spettacolo antico.
Una tavolozza di colori puri e forme elementari, priva di parole e di simboli, colpisce l’occhio dello spettatore al darsi della luce. Essenzialità e semplicità, parole d’ordine, tratteggeranno la linea di coerenza non solo dell’impianto scenografico, ma anche del vestiario e della recitazione, fatta di cadenze di ampio respiro, gesti densi pregni di convenzionalità tecnica, e voci chiare e distinte. Elemento fondamentale sono le maschere, realizzate da Rino Carboni (collaboratore di artisti del calibro di Federico Fellini e Sergio Leone), marcatori di identità indossati da tutti i personaggi per tutta la durata dello spettacolo.
La vicenda: Strepsiade, anziano contadino perseguitato dai creditori, decide di mandare il figlio, Filippide, presso il Pensatoio di Socrate, luogo di studio di retorica e dimora del sofismo dialettico, sperando di trovare una via rapida per allontanarli dalle incombenze economiche; alla fine, rivelatosi il carattere nebuloso e traditore degli insegnamenti socratici, in preda alla disperazione e al pentimento, Strepsiade dà fuoco al Pensatoio.
Resa attraverso un umorismo costante, la storia si condisce di motivi infantili, battute di spirito e situazioni improbabili: scoregge, ubriachi barcollanti, bastonate e brevi interazioni con il pubblico.
Il personaggio di Socrate, giacente sopra un trono sospeso nell’aria, in abito ieratico e con maschera in simil pietra, costruisce una nuova metafisica grazie al coro delle nuvole, tre personaggi femminili, le quali, nella sua visione, si sostituiscono agli dèi, dando origine a una morale umana che determina la scomparsa dei valori. Filippide, reso come un totale idiota, tornato a casa, comincia a picchiare il padre, farcendo i suo discorsi di quei “perché?” tipici del parlare luciferino: il personaggio, in precedenza totalmente inadeguato nella goffaggine dei suoi movimenti, appare adesso aulico e integro, avendo trovato nel discorso socratico un abito comodo e potente. Il padre, abbindolato di fronte alle promesse di una strada semplice, delega la propria autorità al mondo e finisce per perdere il figlio. Il finale, con i fuochi evocati dal cambio di luci e il contadino che si inginocchia agli dèi, suggerisce un inquadramento cristiano della vicenda: l’uomo ritrova la propria dimensione nei limiti del piano che a lui appartiene, scoprendo che chi gli promette di uscire dalla propria sofferenza non fa altro che attrarlo verso interessi che sono tutto fuorché divini. L’opera dialoga con un presente saturo di positivismo tecnologico, sempre più in apparenza dimentico delle radici materiali, economiche e umane degli oggetti indecifrabili di cui si circonda.
Le Nuvole
Adattamento e regia di Vincenzo Zingaro
con Fabrizio Passerini, Ugo Cardinali, Rocco Militano, Piero Sarpa, Laura De Angelis, Sina Sebastiani, Valeria Spada.
Maschere Rino Carboni Studio
scene Vincenzo Zingaro
costumi Paola Iantorni
disegno luci Giovanna Venzi
tecnico luci Massimo Sugoni
scenotecnica Lorenzo Zapelloni
organizzazione Barbara Gai Barbieri
ufficio stampa Maurizio Quattrini
foto Thomas Battista