Filippo Nigro annuncia a gran voce «Uno!»
«Gelato?» risponde incerta una voce dal pubblico.
Gelato è la prima cosa a cui ha pensato il bambino protagonista di Every brilliant thing quando il padre, dopo essere andato a prenderlo a scuola, gli ha detto: «Tua mamma oggi ha fatto una sciocchezza» e poi si è ritrovato nel corridoio di un ospedale, ad aspettare la madre senza poterla vedere, ma con solo un foglio e una penna per distrarsi. Sul foglio bianco comincia ad accumularsi una lista lunghissima di parole, di azioni, di emozioni, di tutte quelle cose meravigliose per cui vale la pena vivere.
Gelato, la prima cosa meravigliosa che possiamo trovare nella nostra vita secondo un bambino di sette anni. Una reazione spontanea, genuina: pensare a tutte le cose più belle che caratterizzano la nostra vita. Un gesto forse spinto dall’inconsapevolezza che a volte, la vita, non è semplice da amare.
«Numero quattro: le montagne russe. Numero cinque: la gente che cade».
Dopo qualche settimana la lista conta più di trecento punti ed è pronta per essere consegnata alla mamma, rientrata a casa dall’ospedale, per ricordarle quanto la vita possa essere sorprendente, dolce, leggera.
Every brilliant thing è un testo sulla felicità, quella dimenticata, quella cercata, quella necessaria. Lo spettacolo trova vita nell’idea dello scrittore britannico Duncan Macmillan e viene proposto nella sua versione italiana, da Fabrizio Arcuri e Filippo Nigro – dal 29 marzo al 2 aprile al Teatro India di Roma. Macmillan ha scritto l’opera nel 2013, assieme a Jonny Donahoe (che ne è stato anche il primo interprete). La pièce è stata presentata in versione originale con grande successo al Festival di Edimburgo e al Barrow Street Theatre di New York e in tour internazionale, fra Inghilterra, Australia e Nuova Zelanda. Dal 2021 calca le scene italiane grazie alla traduzione di Michele Panella con la regia a quattro mani della coppia Arcuri e Nigro, quest’ultimo anche attore protagonista dello spettacolo.
È un’esperienza corale, in cui il pubblico partecipa attivamente: chi leggendo alcuni punti della lista, chi interpretando i personaggi secondari. È incredibile l’effetto, che va oltre l’applauso e il sorriso per chi ha accettato di mettersi in gioco e salire sul palco. La meta-teatralità dell’opera non si ritrova solo nell’unicità – qui più che mai – dell’esperienza teatrale che si reinventa sulle parole improvvisate, su un gesto non previsto, ma richiama la partecipazione più attiva e pura dello spettatore. Allora le voci che si elevano durante tutta la performance, a volte urlando, a volte sussurrando timidamente tutte quelle cose meravigliose per cui vale la pena vivere, scritte dal protagonista, diventano un vero e proprio coro, un corpo unico. Una coscienza condivisa, perché è un tema che coinvolge tutti, in cui è facile rivedersi. Non è tanto il soggetto del testo a sorprendere, quanto la semplicità e la genuinità con cui la performance prende vita. Si dimostra abile, Nigro, a coinvolgere e guidare il pubblico senza mai rompere il patto di finzione che si instaura tra attore e spettatore.
La lista cresce ogni volta che il protagonista ne ha bisogno, ciò significa ogni volta che la madre ritenterà il suicidio, per aiutare lei ma per aiutare soprattutto se stesso. Continua anche la narrazione della vita del bimbo di sette anni – che cresce, parte per il college, diventa adulto, si sposa – arricchita da tutte le sue fantasie, le manie, gli aneddoti, i sogni.
Un inno alla vita espresso nel suo modo più semplice: quel sentimento di condivisione che solo il Teatro sa offrire.
EVERY BRILLIANT THING: LE COSE PER CUI VALE LA PENA VIVERE
di Duncan Macmillan con Johnny Donahoe
traduzione Michele Panella
regia Fabrizio Arcuri, Filippo Nigro
interpretazione Filippo Nigro
aiuto regia Antonietta Bello
oggetti di scena Elisabetta Ferrandino
cura tecnica Mauro Fontana
co-produzione CSS Teatro stabile di innovazione del FVG / Sardegna Teatro