La sorella di Gesucristo | oscar de summa foto lucia baldini

La via crucis di Maria, la sorella di Gesucristo

Con La sorella di Gesucristo, terzo capitolo della Trilogia della provincia andato in scena al Teatro Basilica il 21 e 22 aprile, Oscar de Summa ci accompagna in un «piccolo, piccolo, piccolissimo paese del Sud», palcoscenico di una via crucis dove il silenzio fermo della protagonista Maria è controbilanciato dai numerosi e progressivi interventi dell’intera comunità che ora appoggia e ora maledice la missione segreta della sorella di Gesucristo.

Con l’ausilio di una loop station e di due microfoni, posizionati uno al centro del proscenio e l’altro laterale sul fondo del palco, De Summa articola lo spettacolo in segmenti drammaturgici muovendosi da una postazione all’altra e ricorrendo a intermezzi visivi – le bellissime illustrazioni di Massimo Pastore –proiettati sul fondo del palco. Le proiezioni, insieme a un’esaltante scelta di canzoni rock, sono l’efficace contrappunto ironico alla delicata vicenda raccontata. Del resto è lo stesso De Summa che con la sua straordinaria capacità istrionica introduce l’episodio a piccole dosi, lasciando intuire a poco a poco il drammatico movente che alimenta la feroce traversata di Maria verso un predeterminato delitto fatale.

Maria, sorella minorenne di Simone – soprannominato Gesucristo a Erchie, «piccolo, piccolo, piccolissimo paese» del Salento – una mattina afferra una pistola Smith & Wesson 9 millimetri e attraversa il paese con passo svelto, determinata più che mai. A lei si affiancano progressivamente parenti, amici e semplici conoscenti – chi per rivendicare con forza la sua decisione, chi preoccupandosi di dissuaderla, chi seguendo la folla mosso solo da curiosità e timore. Maria avanza in silenzio. Il suo passo è inarrestabile. La sua è una missione che ha il sapore dell’ineluttabilità.

L’intera comunità dà corpo e voce a Maria, la cui drammatica vicenda si delinea lentamente attraverso le chiacchiere, i giudizi e i pettegolezzi dei suoi concittadini. La sera di Venerdì santo la ragazza ha subito una violenza e ora è decisa a risolvere la questione, non si sa con chi (De Summa lo svela solo alla fine), non si sa come. Lo si può facilmente intuire visto che la pistola è il motivo di attenzione e di allarme dei compaesani, ma spiragli di altre interpretazioni ci vengono suggerite quando, dal microfono posto in fondo al palco, De Summa ripete parole riferite al linguaggio militare, annunci di strategie di guerra, riflessioni riguardo alle tattiche vincenti sul campo di battaglia (in parte prese da L’arte della guerra di Sun Tzu). In questa posizione a latere, l’attore sembra suggerire che vi sia qui la chiave di volta per centrare il cuore della questione: come si vince una guerra? A offesa risponde offesa? Che ruolo ha la debolezza e la vulnerabilità in termini di vittoria e di salvezza? E ancora, che tipo di traversata è quella di Maria? È una marcia vendicativa? O una processione patiens, portatrice di un’altra soluzione? Se Maria interpretasse un proprio Personal Jesus che prende una scelta diversa?

Il tema dello spettacolo si chiarisce quindi strada facendo. Tramite il distorsore vocale della loop station De Summa dà voce, corpo e forma alla rocambolesca pletora di personaggi in cammino, che si materializzano vividissimi nell’immaginazione del pubblico. Così le situazioni di Mauro Terremoto, la notte d’amore dell’amica Teresa con l’Antipatico, il dialogo esilarante tra il Guardiacaccia e sua moglie prendono vita nitidamente sulla scena, tanto che la graphic novel che ripropone visivamente tutti gli episodi a fine di ogni sequenza narrativa, seppur molto gradevole risulta, in realtà, superflua.

L’attore salentino tratteggia con ironia la realtà di provincia del suo paese di origine, ponendo, allo stesso tempo, importanti questioni sul senso della vendetta, sui pregiudizi radicati, sul peso della collettività, sull’urgenza di una partecipazione pubblica. Perché se da un lato gli interventi caotici di amici, parenti e conoscenti evidenziano i limiti dei contesti sociali nelle angustie di provincia, dall’altra sono anche la linfa da cui Maria trae la forza per andare avanti e tramite cui il suo dolore esonda dalla sfera privata per incarnarsi in una convocazione pubblica, dove tutti sono chiamati a prendere posizione. È facile abbandonarsi ai pregiudizi tanto quanto è difficile collocarsi con un proprio punto di vista specifico. È un atto di coraggio.


La sorella di Gesucristo

di e con Oscar de Summa
progetto luci e scena Matteo Gozzi
disegni Massimo Pastore
produzione La Corte Ospitale, Attodue, ArmuniaCastiglioncello
con il sostegno de La Casa delle Storie e Corsia Of

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