Over/Emergenze Teatrali presenta «Il Paese delle Facce Gonfie»

Si è svolta dal 4 al 7 maggio, al Teatro Argot Studio di Roma, la rassegna Over/Emergenze Teatrali, giunta alla sua quarta edizione, dedicata ad artisti, emergenti e non. Nella data di domenica 7 maggio è andato in scena Il Paese delle facce gonfie, de La Confraternita del Chianti in collaborazione con Overview, di Paolo Bignami, con la regia di Marco Di Stefano e interpretato da Stefano Panzeri.

Lo spettacolo va in scena per la prima volta nel 2021, anno del 45⁰ anniversario del Disastro di Seveso.

Il protagonista di questa storia è Poldo, nato e cresciuto nel Nord Italia, precisamente nella zona di Seveso, quella in cui nel luglio del 1976 avvenne il noto disastro ambientale, quando «si ruppe la fabbrica», come dice Poldo, per cui una nube di diossina si disperse nell’aria. Ed è proprio con il suo accento meneghino che racconta la sua storia, partendo dall’infanzia fino all’età adulta e al presente. Le tre diverse fasi del racconto sono introdotte da un sottofondo musicale, e la prima ha inizio con il protagonista che ricorda quanto amasse guardare le nuvole, da piccolo. In sottofondo La Vie en rose, nella versione di Louis Armstrong. Erano gli anni di Mazzola sulle figurine e di Gimondi sulle biglie.

Dopo i ricordi d’infanzia passa a quelli di ragazzino, e poi di adulto, di lavoratore in fabbrica. Cambiarono tante cose, lungo quegli anni, le nuvole passarono da bianche e limpide a nubi neri e maleodoranti cariche di diossina, che portarono a conseguenze nefaste in breve tempo.

La scenografia è composta semplicemente da una borsa frigo su cui il protagonista si siede, e un pallone da calcio, con cui giocava sotto casa con gli amici, tra cui Diego, detto Zorro. In scena è presente solo lui, Poldo, il bambino poi diventato ragazzo e infine adulto, interpretato da Stefano Panzeri, ma dal racconto emergono tanti altri personaggi: Armando, il suo collega che amava suonare la tromba, a cui per primo si gonfiò la faccia, «ma non perché stesse suonando la tromba», Olivia, la donna che ama, Diego, il suo amico d’infanzia. Le vite di tutti sono legate dal fil rouge della fabbrica, elemento aggregatore dei personaggi della storia e dei fatti relativi a questi. Eventi avventurosi, come si evince dalle parole del protagonista, ma al contempo tragici, a causa della nube tossica che cambiò la vita di molte famiglie.

 Il testo e l’interpretazione mettono in relazione i racconti personali del protagonista con le vicende storiche del Disastro di Seveso, coinvolgendo il pubblico allo stesso tempo nella vita privata di Poldo e in quella pubblica, relativa alla fabbrica e al noto fatto di cronaca legato a quest’ultima. Storia vera e finzione drammaturgica si contaminano l’un l’altra, creando spesso rimandi e doppi sensi che fanno sorridere e riflettere lo spettatore. È proprio quando si parla della fabbrica, così immensa agli occhi degli operai, che le luci di scena cambiano, diventando più calde e potenti, trasmettendo un’idea di maestosità.

Stefano Panzeri presenta il suo monologo con una recitazione fluida e scorrevole, caratterizzata dall’accento della sua terra e da numerosi cambi di timbri e toni, alternando una narrazione distesa e lineare a momenti in crescendo estremamente concitati, come quelli in cui menziona, con un racconto dal ritmo martellante tipico della cronaca giornalistica, le informazioni pubblicate sui giornali riguardo il Disastro. Spesso, nel corso dello spettacolo, si rivolge verso l’alto a un interlocutore immaginario, come un bambino che chiama da sotto a un palazzo un amichetto: è il suo amico Diego, detto Zorro, quello venuto dalla Basilicata, la cui mamma “faceva la vita”, ma che poi fu assunta in fabbrica. La faccia si gonfiò anche a lei, alla fine morì, e forse sarebbe stato meglio se avesse continuato a fare la vita, precisa Poldo in una scena dal sapore onirico con in sottofondo la musica di tromba suonata dal collega Armando.

Panzeri riporta i fatti salienti di questo avvenimento risalente al 1976, catturando il pubblico in un monologo amaramente ironico in cui i fatti personali si intrecciano a quelli cupi e ingiusti riguardanti l’intera comunità, in primis le persone vicine al protagonista. Il personaggio interpretato da Panzeri è un uomo comune, vestito con una tuta blu da operaio e una giacca di camoscio marrone, a cui sta accadendo la stessa cosa di Armando e di Olivia: pian piano anche il suo viso si sta gonfiando, e i toni del racconto si fanno sempre più cupi, sostituendo le musiche di quando era ragazzino – come la sigla del programma 90⁰ minuto che fa pensare allo spensierato gioco del calcio – col silenzio. E il suono della tromba di Armando non si sente più.


IL PAESE DELLE FACCE GONFIE

di La Confraternita del Chianti
di Paolo Bignami
con Stefano Panzeri
dramaturg Chiara Boscaro
regia Marco Di Stefano
assistente alla regia Cristina Campochiaro
responsabile tecnico Enzo Biscardi
partner Argot Produzioni, NEST-Napoli Est Teatro, Fertili Terreni
in collaborazione con Dominio Pubblico, Argot Studio, Overview

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