Nel quartiere EUR, a Roma, c’è un luogo che celebra i tesori del folklore popolare italiano: il Museo delle Civiltà. Qui, il 13 maggio è andato in scena Legno, diavoli e vecchiette… storie di marionette di Giorgio Gabrielli, che ne è ideatore, attore e regista. Lo spettacolo ha già ricevuto due premi: Eolo awards per la rassegna Segnali nel 2007 e La marionetta d’oro in Valli del Nastione – Marionette e burattini nel 2008.
Lo spazio scenico è sul fondo di una piccola sala rettangolare. Nulla lo demarca, tant’è che, prima di cominciare, Gabrielli deve far spostare i bambini che si sono seduti troppo avanti. Attorno a lui, compongono la scenografia le casse in cui sono conservate le marionette, luoghi deputati in cui i protagonisti attendono il loro turno di andare in scena. A volte gli spettatori seduti nelle ultime file si alzano per vedere meglio, dando l’impressione di trovarsi in una piazza, a fare capannella intorno al performer che interagisce continuamente con il suo pubblico.
Legno, diavoli e vecchiette è diviso in cinque parti, ognuna delle quali ha per protagonista uno degli attori della compagnia di Gabrielli, così lui li definisce. Ognuno di loro si distingue dagli altri per carattere, materiale e genesi. Ma tutti hanno un rapporto singolare con Gabrielli, che può essere difficile, come il burattino dell’artista francese, che si sente limitato nella sua espressione dal burattinaio; ma può raggiungere note tenere e malinconiche nel caso della vecchia Madùra, timida e muta, eppure in grado di comunicare con Gabrielli che ne interpreta bisogni e paure.
Legno, diavoli e vecchiette è la storia di una carriera e, se si scava sotto il velo della comicità, si colgono aspetti più amari con cui gli attori si devono confrontare. Angiolino comincia a soffrire di amnesia, l’artista francese è frustrato, Madùra ha i tarli, metafora degli acciacchi dell’età e il Diavolo è incattivito. L’unico che sembra essere sereno e divertito è l’ultimo personaggio, quello che Gabrielli “costruisce” su di sé. La sua storia in realtà è la storia di come Gabrielli lo abbia inventato, non ha una un’identità. Ed è un racconto di precarietà: si esibisce ogni sera per pagarsi la «piadina con squacquerone e rucola».
Ciò che Gabrielli racconta però, è anche una storia edificante: un artista che inizia a girare le piazze con un “palco-baldacchino” costruito su uno zaino in cui far esibire le sue marionette e finisce a raccontare questa storia in un festival. E per questa ragione, essa si conclude con il passaggio del testimone ai piccoli spettatori in sala: Gabrielli li richiama al rispetto dovuto al teatro e a chi lo fa e insegna loro a costruire quell’ultimo pupazzo per esibirsi davanti ad amici e familiari.
Legno, diavoli e vecchiette è uno spettacolo divertente e coinvolgente, ma durante il quale un cupo basso continuo suona note di malinconia e inquietudine. Per un’ora ci si siede accanto ai bambini e, come loro, ci si diverte con i pupazzi che raccontano storie, e ci si spaventa ai risvolti grotteschi.
Legno, diavoli e vecchiette… storie di marionette
Di e con Giorgio Gabrielli