Al Teatro India si consuma dal 23 al 28 maggio il dramma di una famiglia sconquassata da velleità artistiche e narrazioni pseudo filosofiche. Va in scena Darwin inconsolabile – un pezzo per anime in pena di Lucia Calamaro, con Riccardo Goretti, Gioia Salvatori, Simona Senzacqua, Maria Grazia Sughi.
Luci sparate, nessuna illusione: non è il buio a introdurre nella sala.
Riccardo entra, andatura senza speranza, con un carrello della spesa e una baguette che raccoglie e fa ricadere tra le verdure: «C’è qualcosa che non va, vedete… Pure il pane va a destra.»; la presenza di battute fuori copione, aggiunte durante le prove oppure improvvisate, mettono subito di fronte a una drammaturgia aperta all’estemporaneità. Si trova in un supermercato, luogo della distrazione e dell’indottrinamento per eccellenza, mentre dietro le quinte orbitano le due sorelle con la madre. L’ultima creazione artistica di Maria Grazia, veneranda esteta devota alla poesia, entra insieme a loro, sotto i rimproveri delle figlie: un trabiccolo a rotelle.
È la storia, quella di Lucia Calamaro, di una famiglia in bilico: non per forza economicamente, di sicuro psicologicamente, senza dubbio filosoficamente. Una madre poco materna causa il dissesto psicologico, tragico ma comico, di tre figli. Riccardo è un insegnante che propone ai suoi alunni di seconda elementare un tema dal titolo “Il maestro” e passa la giornata a correggere i compiti in preda all’autocommiserazione; Simona lavora come ostetrica e nel tempo libero compone striscioni per manifestazioni politiche senza capo né coda; infine, Gioia, il cui nome ha veramente poco a che fare con il personaggio, salta di palo in frasca tra atteggiamenti emotivi, filosofici e politici totalmente incompatibili, mentre tenta di confarsi alla personalità della madre. La vicenda si innesca quando questa annuncia la propria imminente morte a seguito dell’avviso di un dottore, notizia che si rivelerà essere falsa, ma che condurrà comunque alla morte della madre per eccesso di sonniferi.
Oltre che un disagio familiare, l’autrice intende illustrare il disagio di un’epoca. Segnaposti intellettuali quali “post”, “non”, “trans”, “eco”, “bio” si friggono continuamente negli interventi dissestati dei personaggi, dando vita a costruzioni linguistiche dense di caos e incompiutezza. In una scena in cui, uscita la madre, i tre figli rimangono soli, si ha un’esemplare spiegazione del prospettivismo cosmologico di Eduardo Viveiros De Castro: per mezzo d’una sorta di natura morta posta sul letto della madre e un portoghese dall’ambigua valenza filologica, Riccardo, con il supporto di Gioia, spiega a Simona l’equità che sussiste tra piante e esseri umani, il punto di vista animale e vegetativo, l’assoluto relativismo dello sguardo umano. Sembra emergere che, a fronte di un’impossibile equilibrio interiore, uno esteriore, intellettuale, è fuori discussione.
Darwin inconsolabile è uno spettacolo di disillusioni. Persino il presunto manoscritto originale che Charles Darwin sembrava aver lasciato alla famiglia, e che aveva fondato il sistema di valori dei ragazzi sin da quando erano bambini, si rivela essere un falso. Recitava: «Dopo l’uomo viene l’elefante, perché è più empatico.» L’assenza di punti fissi fa allora proiettare in cielo i colori più disparati, nel rifiuto di credere a qualsiasi cosa. «Lei in cosa crede?», chiede Riccardo a uno spettatore, il quale però, per ironia della sorte, non risponde. L’unica certezza sembra essere l’instabilità di Maria Grazia: come un ponte traballante, rende incerto ogni passo che i figli possono fare. Che dopo la sua morte si risvegli qualcosa?
Darwin inconsolabile (un pezzo per anime in pena)
scritto e diretto da Lucia Calamaro
con Riccardo Goretti, Gioia Salvatori, Simona Senzacqua, Maria Grazia Sughi
assistente alla regia Paola Atzeni