Caligola è la rappresentazione della volontà di potenza, interprete di una libertà impossibile a cui tutti ambiscono in minima parte. La distanza psichica tra attori e pubblico permette di ridere degli atti crudeli di un poeta folle quanto brillante.
Dal 5 al 7 giugno è stato in scena al Teatro Parioli di Roma Caligola, di Albert Camus, a cura degli allievi diplomati all’Accademia Silvio d’Amico.
Di Francesca Tunno le scene: brillavano di luce opaca. Alte e grigie pareti si innalzavano senza fine, in latta. Più volte venivano percosse, e mai nulla restituivano indietro, se non il tonfo sordo di una prigione lustra e austera. Un tappeto di fango giaceva sul proscenio, orizzontalmente, e su di lui giacevano i cadaveri.
Caligola, interpretato con costante intensità da Lorenzo Ciambrelli, nella sua tracotante follia si dimenava per il palco ballando, spogliandosi, poetando, uccidendo; lo spettacolo è una serie di stratagemmi per arginare questa forza incontenibile, folle per aver desiderato la Luna. Gli sforzi dei personaggi garanti di ordine si leggono nell’eleganza e formalità delle vesti nel portamento austero, nel senso morale non ancora spento. Freddezza e astuzia le armi per combattere follia e poesia: «Io non ti odio; ti reputo nocivo», viene detto poco prima della congiura.
Ogni personaggio rispetta il proprio ruolo e segue un arco definito. Interessante terra di mezzo è costituita dal compagno letterario di Caligola, interpretato da Federico Fiocchetti, giovane inesperto abitato sia dal senso poetico che da quello morale. Saranno queste due forze uguali e contrarie a spingerlo all’inoperosità e alla fuga, alla ricerca di un senso personale e reale. Attraverso l’estremizzazione di forze presenti in ciascuno, l’autore tenta con la finzione drammaturgica di stimolare l’osservazione di sé, mentre riflette sul mondo. Il testo di partenza non è stravolto, sono omesse alcune parti per ragioni di tempo.
La messa in scena dei ragazzi è accesa, tradizionale e coerente. Un esercizio di applicazione, dal risultato efficace quanto convenzionale. Le musiche sono di tenebrosità e cupezza, gli abiti asserviti alle necessità drammaturgiche e i movimenti studiati nel dettaglio. Per via del meccanismo registico l’opera prende vita e, sacrificandosi, comunica ai presenti certi accenti di penna dell’autore de Il mito di Sisifo.
Un senso morale può emergere anche dall’esasperazione del negativo e dall’assurdo.
Caligola
regia Andrea Baracco
adattamento Maria Teresa Berardelli
musiche Giacomo Vezzani
scene Francesca Tunno
costumi Laura Giannisi
luci e direzione di scena Javier Delle Monache
aiuto regista Danilo Capezzani
assistente alla regia Andrea Lucchetta
foto di scena Manuela Giusto
con Anna Bisciari, Lorenzo Ciambrelli, Doriana Costanzo, Federico Fiocchetti, Vincenzo Grassi, Ilaria Martinelli, Sofia Panizzi, Marco Selvatico, Giulia Sessich