Il festival di danza contemporanea Fuori Programma ospita, nella sessione di venerdì 23 giugno, nell’Arena del Teatro India, la Lior Tavori Dance Company di Israele, che chiude le esibizioni artistiche in programma con la performance Mars: una riflessione, attraverso l’universo narrativo dell’arte coreutica, sulla mascolinità e l’incontro con l’altro, tra codici culturali saturi che danno vita a nuove immagini che utilizzano il corpo come manifesto di libertà. Un tracciato sull’identità, in continua evoluzione, magistralmente interpretato dai quattro danzat(t)ori in scena, sulle note di una musica che attraversa spazio e tempo.
Non esiste una guida su questo pianeta
Ci sono regole che ho dovuto imparare
Una coreografia intima, quella realizzata dal direttore artistico pluripremiato Lior Tavori in collaborazione con l’Ambasciata d’Israele in Italia, che ci ricollega, già dal titolo stesso – Mars – a una dimensione ultraterrena: nella sua valenza simbolica, Marte è il pianeta della vitalità, dell’energia, della ricongiunzione con la terra e le radici; al contempo, però, è il pianeta che racconta la virilità e il sesso maschile nelle sue variegate declinazioni.
In questa performance, Mars è ritrattato, discusso, sviscerato in una forma diretta – la danza – che scardina i ruoli preimpostati e li rimette in gioco in questo scambio vitale di movimenti stretti e dinamici, in cui l’incastro diventa fusione con l’altro.
Mars è tutto giocato sullo scambio tra i quattro personaggi protagonisti: indossano abiti semplici, maglietta e pantaloncini dai colori pastello, che aderiscono al corpo simbolo della loro stessa pelle in cui si identificano. Tutto prende vita da una corsa, circolare e spasmodica, alimentata, nell’evolversi della performance, da una gestualità ritmica che aumenta, coinvolge e cattura lo spettatore, portandolo nel mondo che stanno raccontando.
Da solo
Ho fatto aggiustamenti
Ho misurato le distanze
Oggi sto cancellando i confini
Una danza composta dal contatto fisico – come principio elementare e primario – che interessa anche, ma non solo, le parti intime: non c’è sessualizzazione ma pura necessità di andare oltre l’identità prettamente fisica che rinchiude l’uomo all’interno di uno stereotipo e che non indaga oltre il sesso e il genere. Ci si muove dunque aldilà della carnalità del corpo – intesa come materialità – per esplorare i vari mondi interiori di una persona, in cui la danza, come in questa performance, diviene estensione di un pensiero.
I movimenti, pieni e carnali, non lasciano spazio al silenzio e al vuoto, come se fosse una chiara manifestazione della necessità di dire qualcosa: ogni personaggio in scena ha composto, sulle note di una musica differente – testo drammaturgico del poeta francese Chaton alla musica glam rock dei Queen – un proprio monologo-performance, analizzando così la pluralità di mondi che, una volta fuori dalle restrizioni dello stereotipo, aprono le porte alla libertà e alla pura manifestazione del vero sé.
Mars è quindi, forse, nella sua complessità narrativa e coreografica, quello che un festival come Fuori Programma, sostiene e incoraggia: una performance che dalla sua singolarità diventa un’esperienza universale, una finestra sui segni dell’esistenza umana.
Mars
Coreografie e stage design: Lior Tavori
Performer co-creatori: Ori Moshe Ofri, Amit Marcino, REches Yitshak, Tamar Lev
Musiche: Queen, Clara Rockmore, Andy Moor, Anne-James Chaton, Carsten Nicolai, Patrick Watson, Hildur Guðnadóttir
Direttore tecnico: Einat Betsalel
Sound design: Reut Yehudai
Costumi: Harel Lisman
Light design: Ofer Lauper