Letta la lettera, se ne fa un’altra: Paolo Nani al Festival di San Rocco

È sulla base di un indirizzo più tradizionale che si è svolta la seconda serata del Festival di San Rocco a Marina di Grosseto, il 23 luglio scorso. Come ha specificato il direttore artistico Giorgio Zorcù, se in altre occasioni è stato lasciato spazio a forme di sperimentazione teatrale in dialogo con le nuove tecnologie, questa volta si è guardato a pratiche maggiormente consolidate. Lo spettacolo La lettera compiva quest’anno il suo trentunesimo anniversario; l’attività dell’attore e autore Paolo Nani, di studi lecoquiani e ispirati, tra gli altri, all’attore e mimo Étienne Decroux, alla Commedia dell’arte e alla tradizione clowneristica, è da ricollegarsi alla tarda cornice che negli anni novanta racchiudeva ancora il così detto “Terzo teatro”.

La struttura dello spettacolo è semplice. Una breve scena viene ripetuta in numerosi modi. L’autore entra ogni volta con un cartello che annuncia la maniera in cui questa volta sarà interpretata: all’indietro, horror, freudiana, senza mani, velocemente.
La scena è questa: un uomo entra, si siede a un tavolo, si versa del vino e beve, guarda la bottiglia, sputa il vino, prende una penna, scrive una lettera, imbusta la lettera, fa per uscire, si ferma a pensare, torna indietro, prova la penna, la penna non scrive, esce. Oltre che dar vita a un’immediata familiarità del pubblico, una struttura così semplice e ripetitiva fornisce all’attore un pozzo creativo inesauribile, riempito di volta in volta. Lo spettacolo è ispirato, su ammissione dell’autore, a Esercizi di stile di Raymond Quenueau, riferimento importante nella cultura letteraria e intellettuale internazionale, la cui traduzione italiana si deve a Umberto Eco. L’espediente creativo, prima che teatrale o letterario – raccontare la stessa storia in mille modi –, possiede una forza e una potenzialità tale da poter trascendere non solo le lingue e le culture, ma anche i generi artistici. Viene così dato sfoggio, e nel caso letterario e in quello teatrale, di grande capacità artigianale, dimostrando che è possibile mantenere l’attenzione di una platea, o di un pubblico di lettori, senza ricorrere a costruzioni narrative. Se per Quenueau la bravura è da ricondurre alla penna, in Paolo Nani si esprime attraverso le tecniche del corpo attoriale, che faceva un uso veramente minimale, se non quasi assente, della parola parlata. Immersione e immedesimazione sono sostituite da prevedibilità e curiosità per la successiva reiterazione, alla maniera tipica di certa commedia ma anche del teatro orientale, in cui l’attore rompe programmaticamente la quarta parete denunciando la propria presenza.

Due i momenti di maggior intensità (a parte i numerosi vini versati in viso al pubblico, l’abilità centellinata ed estenuante della versione “senza mani”, e la risata sottile ma senza soluzione di continuità di una bambina tra il pubblico): nella versione “western”, a un certo punto, accasciato sul tavolo, Paolo aveva intessuto una particolare confidenza con il pubblico per cui all’alzarsi del suo braccio questo applaudiva. Nel ridurre progressivamente l’ampiezza del movimento e la durata dell’azione, è arrivato a far battere le mani a tutti, e all’unisono, al suo alzare un dito. La scena ne guadagna ulteriormente per il fatto che l’attore, essendosi abbandonato sul tavolo, non vedeva nulla; a muovere l’intera platea era unicamente la sua falangetta.
Il secondo apice è invece tutta la ripetizione denominata “sogno”, che condiva la scena con riferimenti alla cultura popolare e televisiva, reconditi frammenti di inconscio e di gesti, di movimento (tra cui il moonwalk di Michael Jackson) che si contaminavano dimostrando a un tempo sia la totale libertà associatività dell’inconscio individuale che la sua duttile disponibilità a essere plasmato dalle immagini esterne.

Lo spettacolo si è espletato nella cornice del Festival di San Rocco, all’attivo dall’estate del 2020 «per dare una risposta nuova al bisogno di comunità dopo il primo lockdown per la pandemia da Covid-19». Esso prende il nome dal Forte di San Rocco, caratteristica fortificazione costiera situata a Marina di Grosseto, che costituisce lo sfondo delle manifestazioni artistiche. Il festival si prefigge di essere un «laboratorio artistico aperto, per ideare e praticare nuove forme di relazione e un nuovo appeal del territorio: produzioni originali di teatro, musica e danza, creazione di nuovi format spettacolari di grande potenza espressiva, ospitalità di grandi artisti».


La lettera

con Paolo Nani
regia Nullo Facchini

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