Rosso: tra sussurri e respiri, tra delirio e horror

Presentato in anteprima a Short Theatre 2023 – festival internazionale delle arti performative contemporanee che dal 3 al 17 settembre dà avvio alla sua diciottesima edizione nei vari teatri della Capitale – Rosso, spettacolo teatrale realizzato dal Gruppo Uror, inaugura la sezione teatro del 7 settembre al Mattatoio, attraverso la rivisitazione della famosa fiaba occidentale Cappuccetto Rosso. Se «la fiaba è il luogo di tutte le ipotesi» come sosteneva Gianni Rodari, Rosso si pone come intermediario tra la tradizione e la sua possibile rilettura, in una sfida – rivolta allo spettatore – che accantona i sentimenti unicamente positivi di una fiaba, facendone emergere i lati oscuri e misteriosi, ovvero ciò che è non-detto.

La compagnia, nata dall’incontro tra Evelina Rosselli e Caterina Rossi durante gli anni dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico di Roma, si fonda sulla riflessione, filosofia e sopratutto sulla sperimentazione.

La compagnia già con Error Materia [che abbiamo recensito qui], andato in scena al Teatro Vascello, ha saputo giocare efficacemente e sapientemente con la sperimentazione, ribaltando completamente il senso delle fiabe canoniche occidentali, dandole un nuovo significato: nel caso di Error Materia era la fiaba di Pinocchio di Collodi, con Rosso è Cappuccetto Rosso. Anche questa volta il gruppo si inserisce in maniera prepotente all’interno di questo festival, luogo di discussione, confronto e di sperimentazione.

Foto di Chiara Alessandro
Foto di Chiara Alessandro

E come da immaginario, i personaggi che (ri)vediamo in scena sono tre: Rosso nelle vesti di un burattino a grandezza naturale, la nonna e il lupo – in una dimensione in cui la nonna assume anche le sembianze del lupo, in questo contesto entrambe figure negative, riportando la fiaba ad una simbologia più cupa e orrorifica – che compiono la loro trasformazione interiore in tre atti – e che circolarmente termina con la morte della nonna, simbolo della sconfitta del male, della fine della fanciullezza. Tre atti come tre i personaggi, e Rosso è sempre il filo conduttore.

La performance prende vita in una stanza, spoglia e semi-buia. L’unica fonte di luce è un abat-jour, ma il letto al centro della scena è il vero co-protagonista – sarà lui ad accogliere la finta morte della nonna e successivamente decretarne la vera. Inizia tutto come se fosse una vera scena del delitto, in cui non c’è né vittima né colpevole. Solo un mistero da risolvere. Non più il bosco come nella fiaba originale, l’incontro con l’ignoto avviene in luogo familiare e conosciuto.

La morte, fulcro tematico dal quale tutta l’azione si snoda, che è percepita inizialmente come un gioco, confonde Rosso: c’è un problema che deve essere superato ma servono degli strumenti che ancora la bambina-burattino non possiede. Nell’incontro con il lupo qualcosa cambia. È nel percorso introspettivo che compirà, come una fase di passaggio, che dalla paura delle parole sussurrate, Rosso riuscirà a parlare a voce alta. Con un monologo – che chiuderà lo spettacolo – riflessivo e coinvolgente, analizzando la vita e la morte dal punto di vista di una bambina ormai cresciuta, Rosso apre discorsi sulla materialità del corpo in questo contrasto tra persona e burattino, sui rapporti con le persone a noi care – ad esempio, quello con la nonna – sull’incontro con l’ignoto che spesso spaventa e l’incapacità di guardare il mondo con occhi innocenti dopo aver incontrato il Male.

Di fronte al letto, una televisione che entra in azione nel terzo e ultimo atto: delle immagini di animali, scorrono come un loop infinito, decomponendosi e ricomponendosi, accompagnando la richiesta di aiuto della – sofferente – nonna sul letto di morte.

La musica ha un ruolo importante nella performance: è fatta di sussurri, respiri, silenzio e in alcuni momenti addirittura sovrasta parole, dialoghi, ha una forma ingombrante e pesante. Questa rimanda alla musica elettronica di genere noise music, dove predominano i sintetizzatori eche contribuisce a portare lo spettatore sempre di più in un clima teso, tetro e di angosciante.

Si potrebbe dunque sostenere che Rosso, con la sua estrosa rielaborazione della fiaba – con Evelina Rosselli che ne è sia autrice che interprete sulla scena e Rebecca Sisti – sembra incastrarsi, come un pezzo di puzzle, ad un percorso che la stessa compagnia ha intrapreso – forse casualmente – già dalle performance precedenti.
Il teatro diventa così luogo d’incontro tra culture, tradizioni e linguaggi, che possono (o devono) essere decostruiti per dar origine a nuove riflessioni e punti di vista.

Foto in copertina di Margherita Masè

Foto di Umberto Giustozzi
Foto di Umberto Giustozzi

Drammaturgia e regia Gruppo Uror / Evelina RosselliCaterina Rossi
Con Evelina RosselliRebecca Sisti
Costumi: Valeria Forconi
Light designer: Camilla Piccioni
Sound designer: Gilberto Bartoloni
Video: Elena Incarnati
Realizzazione maschere Caterina Rossi
Grafica Jacopo Ernesto Gasparrini
Una produzione PAV nell’ambito di Fabulamundi Playwriting Europe
Con il sostegno di Teatro Vascello/la Fabbrica dell’AttoreCarrozzerie | n.o.t e di Teatro di Roma – Teatro Nazionale
Con il contributo del Mic – Ministero della Cultura.

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