Il Parco delle Canapiglie, a Torre Maura, periferia est di Roma, è un piccolo parco di quartiere, che in occasione del Festival di Nuovo Circo Contemporaneo, si è trasformato in uno spazio performativo.
Sembra quasi di tornare a quando, da bambini, si andava alle feste di compleanno al parco vicino la scuola. L’atmosfera è giocosa, familiare. Le zone di esibizione sono diverse, diffuse nel parco e riconoscibili più dalle sedie che vi stanno attorno, piuttosto che da strutture scenografiche. Tranne una: un camion rosso parcheggiato nel parco. Ed è proprio all’interno del camion-teatro che torna in scena Antipodi, spettacolo di teatro di figura, che ha all’attivo già qualche anno di repliche.
Lo spazio è ridotto, gli spettatori siedono tutti vicini su delle gradinate o per terra. Quando cala il buio però, l’azione sembra svolgersi in uno spazio e in un tempo senza confini.
Cosa racconta Antipodi?
Antipodi è poesia, la sua drammaturgia non è verbale, ma visuale e sonora. Come in un sogno, immagini diverse si susseguono senza soluzione di continuità e sulla scena si alternano personaggi che prendono vita dal corpo stesso degli artisti-attori, con cui interagiscono. E sono proprio gli interpreti della compagnia Dromosofista che legano insieme il tutto, come il filo che cuce tra loro i riquadri di una coperta patchwork.
Antipodi è uno spettacolo soggettivo. Non vale la pena cercare a tutti costi di capire quale sia il “vero” filo narrativo. Al pubblico sono regalate immagini le cui eventuali didascalie sono lasciate alle sensibilità di ognuno. E così, le reazioni differiscono e all’ingresso dei due attori che indossano maschere dalle bocche spalancate e sopracciglia pelose, c’è chi sussulta e chi ride.
Con una minuziosa attenzione, la compagnia Dromosofista dischiude lo spazio dell’immaginazione e, per mezz’ora, nel camion-teatro si è accolti in un mondo parallelo, familiare eppure non quotidiano, agli antipodi.
Antipodi: senza parole
Di e con Compagnia Dromosofista e Girovago e Rondella family theatre