La camera di Franco

Oltre la musica: La camera di Franco

Una voce, due pianoforti e un violino all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone, per Romaeuropa Festival 2023: sette brani eseguiti dal vivo da Sentieri Selvaggi, ovvero Giulia Peri, Andrea Rebaudengo, Piercarlo Sacco e Carlo Boccadoro.
Sentieri Selvaggi ha interpretato le atmosfere di un periodo particolare della produzione di Franco Battiato, in cui sperimentalismo e musica classica si intrecciavano e davano vita a produzioni originali. Molti dei brani eseguiti sono stati ripescati da archivi polverosi e dimenticati, prodotti di scarto dell’attività sempre tesa in avanti del musicista siciliano.

Di fronte allo spaesamento causato da un artista eccentrico, il pubblico e la critica solitamente tacciano di sperimentalismo. Indubbiamente la musica di Franco Battiato ne è colma, di esperimenti. Tuttavia, l’eccentricità non è sempre fine a se stessa: l’urgenza di nuove forme può scaturire naturalmente dalla necessità di trovare un veicolo adatto a trasmettere certi contenuti. L’attività di Battiato ha notoriamente una forte impronta spirituale: la sua opera tende verso qualcosa. La musica è una via per qualcos’altro, il cui obiettivo non è risolversi in se stessa ma andare oltre. Questo concetto è stato espresso concretamente dall’esecuzione di alcuni brani, tra cui L’Egitto prima delle sabbie. Tra i brani di cui l’autore è andato maggiormente fiero, che gli è valso nel 1978 il primo premio al concorso di composizione Karlheinz Stockhausen bandito dal Festival di Bergamo e Brescia, L’Egitto prima delle sabbie consiste in una ripetizione continua, per svariati minuti, dello stesso accordo, la cui fruizione deve basarsi non sull’ascolto della musica in sé ma delle risonanze provocate da essa. Più che un brano, un esercizio meditativo e di pazienza, che invita alla concentrazione e rivela i suoi frutti solo a chi va oltre il tedio iniziale. Giudicarlo dal punto di vista compositivo manca l’obiettivo, e non coglie il messaggio che l’artista intendeva veicolare.

Cafe Table Music è un pezzo «dal taglio estroverso e teatrale», insolita descrizione dell’infanzia dell’autore. Scritto per pianoforte, soprano e vari oggetti, il brano è la trasposizione dal vivo dell’assemblaggio di suoni, rumori, musiche e voci reso possibile dalla musica elettronica – alla maniera dei Pink Floyd, per intendersi. Repentini schizzi di voce separati da «interludi pianistici improntati a una serena calma», rumori di fischietto, campanacci, bacinelle di ceramica, e un urlo; tutto improntato alla restituzione dei momenti più che delle atmosfere dell’infanzia di Battiato. Il brano è stato eseguito da Andrea Rebaudengo e Giulia Peri, i quali vantavano un’intesa denunciante lo studio ripetuto, attento e minuzioso di ogni dettaglio. Di grande pregio è stata l’interpretazione non solo canora, ma anche performativa, di Giulia Peri, che ha dovuto districarsi tra frasi in francese, frammenti in siciliano, drastici cambi di volume e espressioni di emotività.

In maniera simile all’attività di Jerzy Grotowski nel teatro, l’opera di Franco Battiato cerca attraverso la musica di sondare spazi sconosciuti. L’artista come veicolo, e non come creatore, è un concetto che non scoraggia l’impegno e la dedizione – che anzi in questi due casi sono assai marcati –, ma suggerisce la piena messa in atto delle proprie capacità allo scopo di servire, piuttosto che affermare. Un obiettivo di rara difficoltà, che, a quanto dicono i maestri, richiede disciplina, ordine mentale e la disposizione ad andare anche contro i propri impulsi.


La camera di Franco

Giulia Peri, voce e oggetti
Andrea Rebaudengo, pianoforte e oggetti
Piercarlo Sacco, violino
Carlo Boccadoro, pianoforte

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