«Ivan, dimmelo per l’ultima volta, Dio esiste o non esiste?»
Umberto Orsini e Luca Micheletti presentano, per la prima volta a Roma, lo spettacolo Le Memorie di Ivan Karamazov, in scena dal 10 al 22 ottobre al Teatro Vascello. Un viaggio nella mente di uno dei personaggi del grande romanzo dostoevskijano I fratelli Karamazov, prodotto dalla Compagnia Umberto Orsini.
Ivan Karamazov: uno dei tre fratelli del noto romanzo omonimo di Fëdor Dostoevskij edito nel 1880, e forse il più tormentato dei tre, è il protagonista dell’opera teatrale diretta da Luca Micheletti e interpretato da Umberto Orsini. Non è la prima volta che Orsini veste i panni di questo personaggio; vanno ricordate la versione televisiva di Sandro Bolchi che lo vide protagonista nel 1969, nonché la messa in scena de Il grande inquisitore, con la regia di Pietro Babina prodotta dalla Compagnia Umberto Orsini nel 2014.
Le memorie di Ivan Karamazov si presenta come una sorta di spin-off del romanzo, entrando nella mente e nei pensieri del personaggio da cui prende il nome: al centro della vicenda, l’accusa che quest’ultimo fa prima a sé stesso, poi al fratellastro Smerdjakòv, poi di nuovo a sé stesso riguardo l’omicidio del padre. Attraverso un monologo, che a tratti diventa dialogo con un immaginario Alëša – suo fratello –, Ivan fa compiere allo spettatore un viaggio nella sua mente e nei suoi turbamenti, inserendovi anche la vicenda de Il grande inquisitore, capitolo del romanzo fortemente intriso di religione e spiritualità. In scena, il protagonista si pone numerose domande, alcune delle quali trovano risposta nella sua coscienza, che si presenta sotto forma di voce di Ivan registrata su un fonografo, e che diventa un ulteriore interlocutore. Non mancano i rimandi alla sua gioventù, a quel ripetuto «Dio esiste?» chiesto da suo padre a lui e ai suoi fratelli Dimitri e Alëša. È una sorta di processo in un tribunale vuoto quello che Ivan fa a sé stesso, nel corso del quale si autoaccusa e si difende di continuo riguardo alla morte del genitore.
Un’atmosfera polverosa, un ambiente abbandonato e lontano nel tempo, in cui, da solo sulla scena, Umberto Orsini dialoga con la scenografia, con gli oggetti e gli strumenti presenti sul palco: la cattedra diruta, su cui si erge a giudice di sé stesso, uno slittino da bambino – di wellessiana memoria – che Ivan prende in mano proprio mentre pronuncia le parole «memorie del mio sottosuolo», o ancora le pagine sparse del “suo” romanzo che scendono copiosamente dall’alto. È proprio con queste ultime che ha inizio la messa in scena: seduto al di là di una tenda nera, vediamo il protagonista strappare ripetutamente le pagine del libro da cui egli stesso proviene. Un vento gelido e una rigida neve attraversano di continuo il palcoscenico, come investendo Ivan del suo passato, dei suoi rimorsi, delle domande a cui non si dà effettivamente una risposta.
L’Ivan Karamazov di Umberto Orsini è consapevole del ruolo a suo dire marginale all’interno del romanzo: prende in mano il libro, e spiega al pubblico che per lui non c’è mai stato sufficiente posto nella storia, quasi a definire questo spettacolo una rivendicazione pirandelliana del suo personaggio. In 70 minuti, Orsini si destreggia su una scena che lo vede protagonista assoluto, nella magistrale interpretazione di quel ruolo a cui dà vita per la terza volta nella sua carriera, quasi come un suo alter ego. È frequente l’interazione dell’attore con tutto ciò che lo circonda, così come sono frequenti i rimandi al testo letterario, che danno il titolo allo spettacolo.
La regia di Luca Micheletti propone un atto unico introspettivo che vede protagonista un uomo giunto a fare i conti con sé stesso e con il suo pubblico, con ciò in cui crede ancora e ciò in cui non ha più fiducia. L’ambiente, cupo e decadente, racchiude il passato di Ivan Karamazov, nello spazio di quegli oggetti che un tempo caratterizzarono la sua esistenza, nella sabbia che lascia scorrere tra le sue dita.
Le memorie di Ivan Karamazov
con Umberto Orsini
drammaturgia di Umberto Orsini e Luca Micheletti
dal romanzo di Fëdor M. Dostoevskij
regia Luca Micheletti
scene Giacomo Andrico
costumi Daniele Gelsi
suono Alessandro Saviozzi
luci Carlo Pediani
assistente alla regia Francesco Martucci
produzione Compagnia Umberto Orsini
A chi vede l’eccellente spettacolo con occhi razionali e non tecnici la recensione dischiude significati e connessioni non altrimenti percepibili. Complimenti!