Tra musica e parole: una conversazione con l’Orchestra Fontane di Roma

Il 10 ottobre 2023, al Teatro Ghione di Roma, in occasione del 210º anniversario della nascita del compositore Giuseppe Verdi, l’Orchestra Giovanile Fontane di Roma ha reso lui omaggio, attraverso lo spettacolo SEMPRE VERDI, in cui Musica e Parola possono (e devono) coesistere.
Sul palco il direttore Luciano Siani con la sua orchestra, e i tre solisti: mezzosoprano Silvia Pasini, soprano Elisabetta Braga e tenore Micheal Alfonsi. Una drammaturgia di Martina Palilla.

Tracciamo un percorso dagli albori: chi è Orchestra Fontane di Roma e cosa fate sul territorio romano?

L. S.: L’Orchestra si chiama Fontane di Roma ed è un nome che prende spunto da una citazione di Respighi – che riprende una sua stessa trilogia, omaggiando il compositore con il nome del suo poema sinfonico. Confermata successivamente dal maestro Claudio Abbado, il quale crede fortemente che la cultura sia un bene primario come l’acqua; l’immagine della fontana è venuta consequenzialmente: facendo riferimento alla nostra città (ndr. Roma), è piena di acquedotti e fontane, e da giovani musicisti forti di studi e voglia di fare abbiamo accolto questa sfida raccogliendo l’invito nell’essere i paladini di un nuovo modo di fare cultura e portarla in giro per la città. Il quadro di riferimento è un’Orchestra formata da giovanissimi – under 25 – provenienti tutti da conservatori e formazioni accademiche italiane. Volevamo creare un nuovo spazio nostro dove poterci muoverci e provare, per colpare il gap tra formazione e impiego professionale.

Essere giovani è sempre visto come un punto di partenza ma non sempre come un punto di forza: che difficoltà avete riscontrato – se le avete riscontrate – e in che modo il mondo dei professionisti vi ha accolto e supportato?

L.S.: La prima difficoltà è stata proprio trovare uno spazio. Viviamo in una retorica imperante secondo la quale oggi i giovani non hanno stimoli. Noi l’iniziativa l’abbiamo avuta ma nessun sostegno dalle istituzioni, nemmeno quelle locali. Dal punto di vista del supporto, i maestri sono stati fondamentali per la costruzione delle realtà orchestrale – molti dei quali a livello pratico, ma altri nel momento in cui si rendono conto che ci sono dei giovani capaci volenterosi (ndr. È una critica velata) e che stanno anche acquisendo le competenze per costruire una nuova realtà, sembrano quasi opporsi, mostrare resistenza, anziché apertura.

Contestualizzando la vostra realtà giovane, operativa da pochi anni ma che conta già parecchia esperienza alle spalle, mi verrebbe da chiedere che rapporto c’è con il vostro pubblico. Riuscite a coinvolgere anche un pubblico giovane all’interno del mondo della grande musica classica?

L.S.: l’obiettivo è quello di rendere la grande musica – come il grande teatro, accessibile a tutti, avvicinarla e renderla il più informale possibile. Far trarre qualcosa da un ascolto, se coinvolti, ad esempio a me piace parlare al pubblico, orientarlo all’ascolto. La questione dei giovani è delicata: quando si chiede ad un nostro coetaneo di sostenere una realtà nuova con un biglietto c’è sempre resistenza. La cosa principale sulla quale lavorare è trovare nuove strategie comunicative, attuali, ad esempio i social e usarli nel modo corretto senza svilire il contenuto, giocare sulla possibilità di rompere le convenzioni.

A proposito dei social e del lavoro di promozione che vi è dietro un evento culturale di questo calibro, come pensi che si possano ampliare i canali comunicativi?

M.P: La musica non è mai staccata da mondo in cui viviamo. Per coinvolgere i giovani e arrivare ad una molteplicità sfruttare i social in chiave impegnata è un punto di forza. I contenuti servono effettivamente a rafforzare la visione del vivere l’Orchestra, il lavoro che c’è dietro, raccontare un percorso, un lavoro.

La vostra unione lavorativa nasce dentro l’università di Roma: quanto l’ambito accademico ha impattato su di voi e quanto avete attinto dall’esperienza universitaria in questo percorso?

M.P.: Entrambi proveniamo dal corso di studi in Musicologia. La nostra laurea ci permette di avere delle conoscenze senz’altro approfondite ma ci siamo resi conto che la conoscenza ha la necessità di essere supportata dall’esperienza, dalla maturità di rielaborare il materiale e applicarlo in più contesti. Forse direi che è costruirsi e inventarsi dei mestieri che attualmente non esistono.

L.S: Il grande valore dell’università sta negli interstizi: quando finisce la lezione e ci si confronta, nascono le idee, nascono i dibattiti. La nostra collaborazione nasce così: a partire dai professori che ci hanno instradati e dalla nostra curiosità nel voler costruire qualcosa.

Parlando del concerto del 10 ottobre, come frutto anche del vostro lavoro, mi ricollegherei innanzitutto allo spettacolo e al titolo dell’evento Sempre Verdi. Da dove nasce quest’idea?

L.S.: il concetto di Sempre Verdi riguarda noi Orchestra ma riguarda tutti, perché Verdi è sempre. Verdi parla sempre dell’essere umano. E noi giovani forse siamo la perfetta esemplificazione di ciò che Verdi voleva comunicare: siamo noi la linfa vitale di oggi, siamo sempreverdi. Nella locandina difatti c’è un Verdi al quale si sta strappando la barba e i baffi, per capire che è un Verdi che è stato ragazzo anche lui, con delle idee, che vivono ancora oggi.

Un direttore d’orchestra ed una drammaturga: descrivete quest’esperienza.

L.S.: Per me è stata una nuova esperienza perché l’obiettivo non era realizzare un gala d’opera, cioè, mettere in successione arie, terzetti d’opera ma creare un continuum che desse delle soluzioni di continuità creasse quasi un racconto mettendo in risalto la possibilità di creare nuovi modi di creare musica. Uscendo anche dal concetto di concerto classico, creare una trama in cui musica e parole si intersecassero e che mettesse sullo stesso piano la vita e le parole del compositore (ndr. Verdi) e le sue note.

M.P.: dal punto di vista della drammaturgia, è stata anche per me una nuova esperienza. In qualità di autrice ho scritto testi ma mai da drammaturga, quindi, è stata una sfida in particolar modo nel trovare la chiave comunicativa giusta, che arrivasse a tutti. È stato anche un lavoro di ricerca (ndr. con il direttore d’orchestra) in cui siamo arrivati a individuare Giuseppina Strepponi, seconda moglie di Verdi come interprete del testo. Far dunque camminare parallelamente sia la vita sia la musica di Verdi.

Credete quindi nella riattualizzazione dei grandi classici?

L.S.: Crediamo nella risemantizzazione (ndr. pensiero condiviso dalla drammaturga) cioè nel dare una nuova veste, che non significa privarlo del suo contenuto, ma offrire un’angolazione diversa, una luce diversa. Coglierlo da diverse prospettive, è la nostra sfida giovanile.

 SEMPRE VERDI

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