Fa rumore il dolore di un perduto amore. Il ricordo fa male. E allora non resta che sublimare, che sia attraverso il teatro o attraverso l’arte, per rinascere. È così che Luisa Borini ha fatto dono di un abbandono. Con il suo monologo Molto dolore per nulla, andato in scena presso l’Auditorium Santa Caterina a Foligno durante l’Umbria Factory Festival, l’attrice dà voce a una donna che cerca l’amore nell’altro, per acquisire infine la consapevolezza che quello più vero e puro è nella cura verso se stessa. A partire da elementi tratti dal suo vissuto, racconta le proprie relazioni sentimentali, per portare il pubblico a riflettere sulla dipendenza affettiva come spostamento del proprio centro verso l’esterno, verso l’altro in quanto oggetto in cui si ripone l’unica possibilità di amore e di ricerca di approvazione.
In scena Luisa Borini vestita con un abito rosso che gioca per contrasto con il blu delle scarpe. In mano ha un microfono: balla con il cavo, ci gioca, ci si attorciglia con dolcezza, fino a stringere violentemente la presa.
Un oggetto che si carica di significato: è un filo che lega e incatena, metafora di un amore che è protezione e distruzione. Suggestivo ed evocativo anche l’uso delle luci: cinque fari verticali a neon disposti a semicerchio, che supportano il percorso della parola in una sorta di danza luminosa. La prima parte del monologo è caratterizzata da un ritmo vivace che rispecchia la spensieratezza della giovinezza: l’ingenuità dell’età, l’illusione che l’amore sia come nelle favole e un’ironia talvolta un po’ amara, che nasconde un senso di sconforto, soprattutto quando la storia non va come si immagina. Poi il cambio: l’amore della maturità, con l’aspetto romantico della bambina che crede ancora nella forza del sentimento, ma che si trova anche di fronte alle prime delusioni. Lo snodo è una relazione vissuta nella manifestazione esteriore dell’amore: accecata dalla paura della perdita, avrebbe fatto di tutto per la parola «insieme».
Era pronta a scomparire, per quella parola.
A sacrificare se stessa, annullarsi, ammutolirsi. Perché una relazione di possessione toglie la possibilità di espressione. Ma è proprio tramite il teatro che la parola perduta è stata recuperata. Durante il monologo è emerso un momento di verità intenso, in cui sembrava che il ricordo riaffiorasse, che si manifestasse di nuovo la ferita: era nuda. Ma di una nudità che purifica e che diventa condivisione e promessa di amare se stessa. In uno spazio protetto come quello del teatro, ha dichiarato il suo impegno a rifiutare il sentimento di malato attaccamento per l’altro, con cui si perde, si spezza, perché – come dice l’attrice – il dolore è questo che fa: non fortifica, sgretola. Ma se è vero che l’ha avvicinata a se stessa, quel dolore, allora, non è stato per nulla.
Molto dolore per nulla
di e con Luisa Borini
disegno luci Matteo Gozzi
progetto sonoro Leo Merati
abito Clotilde Official
produzione Atto Due
sostegno di ZUT!, C.U.R.A Centro Umbro Residenze Artistiche e Strabismi
Selezione Strabismi 2022