Una donna, cinque donne: tutte lavorano nel mondo del sesso a pagamento e della prostituzione, chi in una situazione più privilegiata e chi meno. La prima è una sex worker sofisticata ed elegante, che racconta senza peli sulla lingua i pro e i contro della sua professione. La seconda è una ragazza straniera, che fa anche lei questo lavoro, ma in strada, con un piumotto addosso perché la sera fa freddo, e con tutti i rischi legati a questa condizione. Poi ci sono una escort americana che lavora in un club, un’altra donna straniera che cerca di autoconvincersi che sta bene così, e una giovane donna vittima della tratta fin da piccola per scelta della sua famiglia. È Greta Zamparini ad interpretarle tutte.
Le situazioni affrontate sono diverse, tutte con un tocco di delicatezza, e in omaggio alla donna: non è un caso che ognuna di loro, dalla più agiata alla meno abbiente, indossi un paio di décolleté rosse, simbolo della lotta contro la violenza di genere. Décolleté che saranno protagoniste nell’epilogo, in cui viene narrata la trama di Scarpette Rosse, fil rouge dello spettacolo in quanto storia di coraggio e di insidie che si celano al di là della felicità apparente.
Greta Zamparini porta in scena uno spettacolo che cala il pubblico in un mondo a tratti proibito, ma che esiste, e in varie forme. Con destrezza, passa da una donna all’altra, da una location all’altra: dal raffinato tavolino – con tanto di macchinetta per il caffè – dell’appartamento in cui una di queste riceve i clienti, a una sedia sgangherata e ai rumori forti della strada, delle automobili, in cui li riceve un’altra. Il pubblico è coinvolto in prima persona: è proprio un ignaro spettatore che, in uno degli episodi, viene scelto per interpretare temporaneamente un cliente, improvvisando un dialogo con la donna: gli racconta tanto riguardo il suo lavoro, riguardo i suoi clienti. Una grande variazione di espressioni facciali e di uso del corpo da parte di Greta Zamparini caratterizzano il passaggio da un personaggio all’altro, da una donna all’altra, dalla più sicura alla più disillusa.
Diventano una sorta di confessione, nell’intima cornice dell’Argot Studio, le testimonianze delle sfaccettate protagoniste, due delle quali sono tratte da Malamore di Concita De Gregorio, edito da Einaudi. Attraverso queste storie così diversificate tra loro, viene affrontato il tema del sesso a pagamento ora con ironia e scioltezza, ora con le lacrime agli occhi. Suoni, rumori e luci accompagnano la rappresentazione: le auto che scorrono lungo la strada, la luce rossa e le musiche da night club, i clacson di alcuni clienti.
Lo spettacolo interpreta il punto di vista di chi vive in prima persona il mondo del sesso a pagamento, dando voce e spazio alle donne.
E i clienti? Loro sono invisibili allo spettatore, così come la società li vuole, o casuali, praticamente degli sconosciuti.
La scenografia e i suoni contribuiscono a ricreare gli ambienti, interni o esterni che siano, in cui le ragazze svolgono la loro professione, ampliando l’orizzonte visivo e sonoro dello spettatore e immergendolo in una realtà di cui spesso non si osa parlare. Uno spazio caratterizzato da tanti oggetti, posti agli angoli del palco, che si trasformano all’occorrenza lungo la narrazione, e che caratterizzano ognuna delle storie.
Un climax di azione, di parole e di racconti, che inizia e termina con un pianto di bambino, ultimo sprazzo di innocenza in un mondo in cui queste donne ne hanno viste e vissute tante, e che apre e chiude il cerchio dello spettacolo: risuona nel buio della sala, e alcune delle protagoniste hanno parlato proprio dei loro bambini, che in alcuni casi non si sa nemmeno più dove siano, mentre in altri stanno parlando con la loro mamma al telefono, da un paese lontano.
Temporaneamente tua
drammaturgia e regia di Greta Zamparini e Federica Bognetti
con Greta Zamparini
coreografie di Laura Guidetti
disegno luci di Claudine Castay
una produzione di Verandarabbit
tecnico luci Giulia Pompili
coreografia Lara Guidetti
costumi Sasha Niova
col sostegno di Fondazione Somaschi