Dopo il successo della passata stagione, torna in scena Svelarsi serata-evento per sole donne e chi si sente tale, drammaturgia e regia di Silvia Gallerano.
Di e con Giulia Aleandri, Elvira Berarducci, SmeraldaCapizzi, Benedetta Cassio, Livia De Luca, Chantal Gori, Giulia Pietrozzini, Silvia Gallerano con il contributo di Serena Dibiase e la voce di Greta Marzano.
Svelarsi, dopo le repliche andate tutte sold out allo Spazio Rossellini e le date milanesi, torna ora per una tournée che vedrà lo spettacolo in scena in molte piazze italiane tra cui Udine, Genova, Milano, Torino, Roma, Parma. A Roma andrà in scena dal 10 al 17 gennaio 2024 all’Auditorium Parco della Musica.
Svelarsi si presenta come un percorso di ricerca dedicato a un pubblico esclusivamente di donne (cis, trans e non binarie): Tutte quelle che si sentono e definiscono donne. Lo scopo del progetto è quello di creare un luogo sicuro, in cui sentirsi libere e giuste nel proprio corpo. Più che una performance, un regalo, che le attrici fanno al loro pubblico, per ricordare a tutte le donne la forza e la bellezza di ogni corpo.
Abbiamo incontrato Silvia Gallerano per…
Svelarsi non è un progetto finito, hai detto. Che cosa intendi? Che cosa ti aspetti da questo progetto?
Non so esattamente quello che succede dall’inizio alla fine. Perché Svelarsi è una specie di dispositivo. È un tempo aperto, c’è sempre aperta la possibilità che succedano cose che non abbiamo programmato, per esempio che intervenga qualcuna dal pubblico, come è sempre successo. Questo, però, non vuol dire che non sappiamo quello che facciamo, anzi, lo sappiamo benissimo, ma lasciamo aperta la possibilità di un intervento da parte delle persone che sono lì con noi. Ho scelto di creare un oggetto non definito, non volevo che fosse chiuso in sé stesso. In questo modo c’è un sapere che continua a essere “attivo”. Ad esempio, sul finale, dopo l’ultima scena, chiediamo alle donne che hanno partecipato come si sono sentite a stare solo tra donne. Le risposte sono sempre diverse, dunque l’esperienza finale è sempre una cosa diversa, a volte più commossa, altre volte più entusiasta. Succede anche che alla fine dello spettacolo alcune donne si buttino a ballare con noi, si spoglino. Altre volte invece no, siamo solo noi. In questo senso non è un oggetto finito.
Avevi sperimentato in altre occasioni questo modo di lavorare?
È una passione, se vogliamo, un atteggiamento, una postura verso il lavoro… Mi piace fare in modo che in quello che faccio rimanga aperta la possibilità di cambiamento, di malleabilità dell’oggetto rispetto alla presenza di chi ho davanti a me.
Anche in La Merda, che invece è una partitura fissa ed estremamente precisa, ogni sera per me è diverso, perché ho di fronte persone diverse. Faccio un lavoro che è rivolto direttamente alle persone che sono di fronte a me, quindi, in base a quello che percepisco in sala cambia il ritmo, in certi momenti cambia anche l’atmosfera e dei momenti che potrebbero essere comici diventano tragici, e viceversa.
Ogni volta si vive l’esperienza meravigliosa del teatro, accade in quel momento. Per me è prioritario, è fondamentale: non voglio uscire da teatro avendo l’impressione di essere stata di fronte a qualcosa che è sempre identico.
Che impatto ha avuto su di te e sulle altre attrici con cui hai lavorato, Svelarsi?
Forte, come tutti i percorsi collettivi di autoconsapevolezza. Essere insieme, lavorare in gruppo, ha fatto sì che tutto venisse percepito non soltanto come un vissuto personale, ma condiviso tra noi. Mi e ci ha permesso di comprendere quanto c’è di nostro, individuale, e quanto invece c’è di sociale. E questa è una grande forza, perché invece di stare ad auto fustigarti, a un certo punto ti rendi conto che molte cose non dipendono da te, da come ti comporti. Dipendono da come è costruito il mondo intorno a te e quindi: non sentirti in colpa e arrabbiati, per esempio.
In questo senso, sicuramente per noi Svelarsi è un luogo di grande empowerment e credo che lo diventi, anche soltanto per qualche ora, per le donne vengono a vederci: stare tra donne, riconoscersi, rendersi conto che certe problematiche non sono solo proprie, ma sono anche di altre. Io credo che questo abbia un impatto. Anzi, lo so. L’ho visto. Non posso sapere se provocherà anche dei cambiamenti nelle vite di queste persone, ma un impatto sì. Molte donne, soprattutto le più giovani, dopo lo spettacolo sono venute a dirci cose bellissime, l’hanno descritto come un’esperienza inattesa che gli ha dato molta forza per andare nel mondo.
È stato difficile inserire Svelarsi nel circuito teatrale italiano, per la scelta di utilizzare il nudo?
È ancora difficile. Gli spettacoli di nudo vengono relegati in quelle zone del teatro di ricerca in cui, per l’appunto, te lo aspetti. Vengono messi in una piccola nicchia, frequentata da poche persone, in un ambiente “ricercato”, intellettuale… È difficile fare uno spettacolo mainstream – come è stato La Merda, invece, che ha avuto un successo anche commerciale. Portare Svelarsi nell’ambiente del teatro “commerciale” non è stato possibile, come non è stato possibile portarlo negli ambienti istituzionali, se non per due, tre date su seicento in istituzioni pubbliche.
in Italia abbiamo sempre fatto spettacoli o in luoghi occupati, o in grandi teatri privati che fanno spettacoli commerciali. Nei teatri stabili non ci siamo mai andati. Un po’ per scelta nostra, ma anche perché spesso ci sentiamo dire “il nostro pubblico non è pronto”. Cosa poi non vera, visto che quando riusciamo ad andare in scena il pubblico è sempre tantissimo. È l’istituzione, è il sistema teatrale, loro non sono pronti.
Aggiungi che Svelarsi, essendo uno spettacolo per un pubblico solo femminile, aumenta ancora la sua difficoltà visto che il 98% dei direttori artistici sono uomini e quindi non possono vedere lo spettacolo. Un’ottima scusa per non programmarlo.
A questo proposito è stato fatto un grandissimo lavoro da parte di Teatro di Dioniso, la nostra produzione, in mano a tre donne pazzesche che hanno intercettato alcune figure femminili nei teatri che hanno accettato la scommessa e ci hanno chiamato.
Che significato ha per te il nudo?
Il nudo per me continua a essere un elemento molto importante rispetto al lavoro che faccio sul corpo femminile. Trovo che il corpo delle donne sia veramente messo sotto giudizio dallo sguardo maschile e dai modelli che ci circondano: i manifesti, le modelle, tutto ciò che ci circonda vuole dirci come dovrebbe essere il nostro corpo. Trovo, invece, che nella nudità si scoperchi una grande potenza del nostro corpo così com’è. Ecco, è un modo per accettarci così come siamo fatte. Ed è, secondo me, molto utile in un percorso femminile, in vista della riappropriazione del proprio valore. Bisogna passare dal corpo e trovo che il corpo nudo, in questo senso, aiuti.
Hai sentito una differenza tra l’apparire nuda di fronte a un pubblico solo femminile, come in Svelarsi, rispetto a uno anche maschile, come in La Merda?
In La Merda io sono già in scena, già nuda, prima che inizi lo spettacolo. E osservo, nuda, il pubblico che entra. È molto divertente per me osservare gli sguardi: le donne di solito mi guardano con stupore mentre gli uomini sono imbarazzati e distolgono lo sguardo. Poi ci sono stati anche dei casi – pochi devo dire – in cui degli uomini mi hanno scritto generando qualche episodio non troppo piacevole.
Però, tornando alla potenza del corpo femminile, trovo che nel momento in cui il nudo non è erotizzato ma è nudo in quanto umano, in quanto corpo che tutti noi abbiamo, allora uomini e donne possono riconoscersi. La cosa importante è non innescare l’oggettificazione che colpisce un corpo sessualizzato.
Per esempio, in La Merda si vede un corpo che è nudo dall’inizio alla fine, così com’è, e io mi comporto come se fossi vestita, non ho atteggiamenti provocanti perché sono nuda o seduttiva. È come nella fiaba I vestiti dell’imperatore, come se tutte le persone del pubblico fossero quel bambino che vede il re nudo. Non c’è erotismo, non c’è quello che vediamo continuamente sui corpi delle donne. Credo che questo sia uno dei motivi per cui sono stati veramente pochi quegli uomini che hanno osato vederci sopra un’erotizzazione che non esiste.
Svelarsi, invece, è diverso, perché il gioco è non prendere in giro il corpo, far vedere come lo maltrattiamo e trovare i suoi punti di forza. È un po’ come se tutto il percorso che ho fatto intorno al mio corpo nudo, lo condividessi come un regalo per tutte le donne. Desidero che le altre donne comprendano la potenza del loro corpo grazie alla nudità. È il mio regalo per altre donne, per altri corpi che subiscono l’umiliazione continua del non sentirsi mai giuste, mai abbastanza magre, abbastanza alte, abbastanza seducenti, abbastanza potenzialmente “scopabili”. I due spettacoli fanno percorsi diversi e per questo hanno bisogno di un pubblico diverso.
SVELARSI
allestimento luci Camila Chiozza
consulenza costumi Emanuela Dall’Aglio
una produzione Teatro di Dioniso
in collaborazione con PAV nell’ambito di Fabulamundi Playwriting Europe e Frida Kahlo Production con il contributo del MiC – Ministero della Cultura, Regione Lazio e Roma Capitale
in collaborazione con SIAE – Società Italiana degli Autori ed Editori
si ringraziano per il supporto e l’ospitalità ATCL per Spazio Rossellini, Lottounico, Fortezza Est e Fivizzano27