Guido di Palma, promotore dell’iniziativa di residenze didattiche Vestiti della vostra pelle, e Andrea Cosentino, tutor degli artisti selezionati da bando, aprono la serata spiegando al pubblico il motivo per il quale hanno deciso di avviare un progetto di residenze universitarie. Il tentativo è quello di far diventare l’università un ponte tra cultura attiva e teatro militante e, attraverso le residenze, dare ai giovani artisti un luogo dove poter sbagliare nella realizzazione di un proprio percorso creativo.
Sostiene Cosentino che Roma è, per chi ora si affaccia al mestiere d’attore, un luogo ricco di spazi formativi, ma povero di luoghi di autoformazione.
Bar Italia
BAR ITALIA inizia in medias res: Carina (Ylenya Giovanna Cammisa) canta, Dolores (Anna Piscopo) è legata a una sedia e attorno a loro manichini scomposti che si riveleranno essere i corpi degli avventori del bar, uccisi dalle due ragazze in un raptus di folle euforia. Nel corso dello spettacolo le due amiche litigano, si insultano, si confidano, si riappacificano. Ripercorrono gli avvenimenti della giornata e rivangano il loro passato, componendo un puzzle che riporta allo spettatore un’immagine di ragazze in gabbia, che non riuscendo a liberarsi, esplodono in un gesto estremo.
L’intero spettacolo gioca sugli equilibri degli opposti.
Il più evidente è rappresentato dalle due ragazze: Dolores è pentita, vuole confessarsi a Dio, al padre e alla polizia; Carina vuole morire nell’imminente alluvione e chiudere così la sua vita. Eppure Dolores sembra godere dell’ebbrezza ingenua e pericolosa con cui Carina l’influenza, mentre l’altra si rivela sempre più consapevole della gravità dell’azione, seppur non rinnegandola. Dolores appare responsabile, ma infondo non fa altro che trovare colpevoli esterni: Carina, il tradimento del padre, la claustrofobica vita in paese, fino al monologo del ricordo infantile. Carina invece, all’apparenza superficiale e terribilmente divertita dalle sue azioni, si dimostra sensibile: sa cosa ha fatto, sa perché e sa che non può fuggire. Per questo vuole morire.
Molto interessante è la scelta dei costumi. Carina ricorda una bambina, unico tocco adulto è la felpa aperta a mostrare il decolleté abbondante; nonostante ciò negli atteggiamenti sembra conscia della sua capacità di provocare desiderio negli uomini e la sfrutta. È lei che porta l’amica, più provocante nell’abbigliamento con body e calze a rete, a lasciarsi andare. Questi momenti arrivano con l’accensione di una sigaretta: la musica cambia, così come la posizione di Dolores, più sensuale e più vulnerabile, perché è in questa situazione che Carina la condiziona. La sigaretta diventa un momento di appiglio, l’unica fuga – temporanea e fasulla – che le due sono in grado di scegliere.
Durante lo spettacolo le attrici non si rivolgono mai agli spettatori direttamente, ma spesso si pongono a favore di pubblico a raccontare come sono finite in quella situazione: Dolores a giustificarsi e Carina a chiedere ancora una volta le attenzioni che cerca disperatamente.
Gamberetti
Tutt’altra situazione si presenta in Gamberetti.
Non c’è scenografia, solo numerosi oggetti che nel corso dello spettacolo compaiono ad aiutare gli attori nello sviluppo delle azioni.
Protagonista è Vincenzo (Piero Lanzellotti), che si rivolge direttamente al pubblico in quello che sembra uno spettacolo di stand up comedy. Sul fondo della scena compaiono lentamente dei personaggi: una donna incinta (Gilda Rinaldi Bertanza) che quasi immediatamente si tramuta in una scimmia e due uomini (Carlo Guglielminetti e Riccardo Mori) che mangiano gamberetti prima di intavolare una discussione, che poi diventa una battle rap, per cercare di comprendere se la fobia dei gamberetti di Vincenzo sia nata da un trauma infantile o derivi da paure ataviche che ognuno di noi si porta dietro nell’inconscio collettivo. Questo è solo l’inizio di un viaggio surreale in cui lo spettatore è trascinato a suon di battute e sketch comici che ne provocano le risa per tutta la durata dello spettacolo; anche perché Vicenzo fa domande e chiede risposte, ascolta il pubblico e cerca di coinvolgerlo quanto più possibile.
Gambretti è una finestra sul confronto tra le parti dell’inconscio del protagonista. Come ne esce il povero Vincenzo? Non lo fa, non può fuggire a se stesso: nel finale le sue parti lo fagocitano in quello che sembra un sogno dai significati indecifrabili.
Due corti estremamente diversi dal punto di vista drammaturgico, ma entrambi prodotti nuovi di giovane leve teatrali, che senza lo spazio protetto e poietico della residenza, non avrebbero forse visto un’immediata restituzione pubblica.
BAR ITALIA
Testo e regia di Anna Piscopo
Con Ylenya Giovanna Cammisa e Anna Piscopo
Scene di Ylenia Giovanna Cammisa
Foto di Silvia Garzia
Collaborazione artistica Lamberto Carrozzi
Compagnia BAM Teatro
GAMBERETTI
Drammaturgia di Sebastiano Ragni
Regia di Serena Franchi Bono
Con Carlo Guglielminetti, Piero Lanzellotti, Riccardo Mori, Gilda Rinaldi Bertanza
Compagnia Lenti al Contatto